Capitolo 3

88 11 2
                                    

Giorno 1, Nella foresta

Mentre il cannone spara, io continuo a correre attraverso il fogliame senza fermarmi. La lancia che stringo nella mano destra continua ad impigliarsi tra i rami rallentando la mia andatura. Ogni volta che si impiglia in qualche fronda mi scappa un gemito di rabbia dalle labbra. I muscoli delle mie braccia tremano quando strattono forte la lancia per liberarla dai rami che si parano sulla mia strada. 

BUM BUM BUM 

Il cannone continua a sparare e io ho completamente perso il conto dei colpi. Rivoli di sudore mi colano lungo la fronte fino a raggiungere il naso e gli zigomi. Alcuni capelli sono sfuggiti dalla alta coda di cavallo che porto sulla nuca, appiccicandosi con ostinazione al il mio collo sudato e procurandomi così un forte fastidio. 

Vedo all'ultimo quel maledetto ramo sospeso a mezz'aria. Anzi, più che vederlo lo sento, forte, sulla fronte. Cado all'indietro, atterrando con violenza sulla schiena. Il colpo mi mozza il fiato in gola, tanto che mi sembra di morire soffocata. Inizio ad ansimare e cerco di fare dei respiri profondi per cercare di riprendere fiato, ma ad ogni respiro è come se il mio petto si spezzasse a metà. Mi giro su un fianco cercando di aiutare la respirazione, ma sento che va sempre peggio. Senza rendermene conto, inizio a piangere. Sento le lacrime calde iniziare a scendere lungo le mie guance, procurandomi una sorta di formicolio sulla pelle. Non riesco a respirare, piango e inizio anche a singhiozzare. Mi rendo subito conto che ho un attacco di panico. Un pensiero fugace e velocissimo mi attraversa la mente. 

"Morirò qui, soffocata, per colpa di un cazzo di ramo che mi sono beccata in fronte." 

Messa così potrebbe anche far ridere. 

Non riesco a riprendere fiato. E' come se il mio respiro fosse intrappolato nei polmoni e non potesse uscire. No, non posso morire così. Senza combattere, senza reagire... non posso. Sarebbe una morte assurda, senza senso. Oltre il fatto che in quel momento sono una facile preda per qualunque dei Tributi. 

Con uno sforzo immane mi giro a pancia in giù e cerco di alzarmi sulle ginocchia, facendo leva con le braccia. Le mie mani affondano nel terriccio morbido della foresta e un odore a me poco familiare mi pervade le narici. Nel mio Distretto c'è pochissima natura, pochissimo verde... quindi per me quell'profumo è del tutto nuovo. Dopo alcuni interminabili minuti riesco finalmente ad issarmi sulle ginocchia. Mi ritrovo a carponi, con la testa a penzoloni e lo sguardo rivolto a terra. Il mio respiro sta tornando normale a poco a poco. 

La foresta attorno a me è silenziosa. Non sento alcun rumore, alcun alito di vento, alcun urlo di terrore o di paura. Solamente quando mi alzo in piedi a fatica, reggendomi alla lancia, mi rendo conto che sono appena scampata alla morte. Rivedo davanti ai miei occhi tutti i corpi immobili riversi a terra vicino alla Cornucopia. Rivedo gli occhi vitrei, spalancati delle vittime. Rivedo il sangue e lo percepisco, colare lento e caldo lungo il mio avambraccio. E' in quel preciso momento che mi rendo conto di essere ferita, o meglio, me ne ricordo. Con la mano mi sfioro il punto dove il pugnale del Tributo del Distretto 12 mi ha ferita, ovvero all'avanbraccio sinistro. La giacca squarciata mi offre uno spettacolo non proprio rassicurante. 

- Cazzo... - mormoro in un sussurro allarmato. 

Il pugnale mi ha colpita di striscio, ma nonostante questo mi ha lasciato un profondo taglio nella pelle. Il sangue continua a colare lentamente fuori dalla ferita e, ora che me ne rendo conto, mi provoca anche un dolore notevole. Come un fulmine a ciel sereno, mi ricordo che sono anche stata colpita all'orecchio, ma dopo aver tastato il punto dove sono stata colpita mi accorgo che li il sangue si è già fermato, seccandosi attorno alla ferita e nelle parti dove è colato lungo il collo. 

Senza pauraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora