If we had five more minutes...

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//ciao a tuttx :) questa oneshot è ambientata durante la seconda guerra mondiale, dove patroclo e achille sono due soldati della resistenza. L'ho scritto in preda alla creatività, fatemi sapere cosa ne pensate //

Bombe, granate, carri armati. Urla, compagni morti e dispersi in guerra, attacchi a sorpresa, sangue e troppo poco tempo per piangere i caduti in battaglia. Era qualcosa di troppo grande per noi, ne eravamo coscienti, ma i nazisti riducevano città al suolo troppo velocemente, uccidevano esseri umani con troppa facilità ed il mondo era diventato tutto un grande campo di battaglia. 

Io ed Achille eravamo cresciuti insieme. Certo, ne avevamo passate tante durante la nostra infanzia, ma svegliarsi la mattina senza sapere se la sera respirerai ancora è una di quelle sfide che nessuno dovrebbe affrontare. Ricordo ancora quando da bambini ci piaceva fantasticare su quello che avremmo voluto essere il nostro futuro lavoro.

Achille amava correre. Correva, correva così veloce e in maniera così leggiadra che sembrava volasse; sarebbe voluto diventare un corridore famoso e sono sicuro che ci sarebbe potuto riuscire, se avesse avuto un'opportunità e, soprattutto, il tempo. Per prenderlo in giro lo chiamavo sempre pie' veloce. Ogni volta che lo chiamavo così rideva ed iniziava a rincorrermi per farmi il solletico. 

Io non avevo una personalità frizzante come la sua e non ero nemmeno altrettanto audace. Avrei amato lavorare come medico, così che quando Achille sarebbe caduto mentre si allenava per un'importante gara sarei stato lì a soccorrerlo e curare le sue ferite. I sogni di due ragazzini troppo ingenui, e con troppe speranze. Il nostro unico desiderio adesso era sopravvivere, e forse pretendevamo troppo.

-Rimarremo insieme anche quando cresceremo- ci dicevamo. E ce lo ripetevamo anche adesso, nella speranza di averlo, un futuro. I suoi capelli biondi erano ormai perennemente sporchi di polvere o sangue, la mia pelle dorata ricoperta di ferite  tagli, e non c'era tempo per curarli. Noi due, non avevamo abbastanza tempo. mi sforzavo di essere grato per poter avere la possibilità di combattere al suo fianco, ma nella mia mente il pensiero di poterlo vedere mentre veniva colpito al petto da uno sparo o saltare in aria per colpa di una granata mi stringeva il cuore. Vedere Achille morire sarebbe stato il più grande dolore che avrei potuto sopportare. Insieme avevamo superato difficoltà, pregiudizi, momenti di confusione, momenti di gioia, ed ora dovevamo vivere di questi ultimi perché era l'unico appoggio che avevamo a disposizione per non arrenderci di fronte ai carri armati tedeschi. 

La nostra non era né una storia d'amore né una storia di guerra. 

La nostra era la storia di due ragazzi troppo giovani per doversi preoccupare di morire o costretti a vivere con un fucile in mano.

Nonostante tutto, il giorno in cui la morte  la vedi in faccia da vicino arrivò. Avevamo organizzato diversi attacchi a sorpresa quelle settimane, e ci erano costati parecchi compagni; abbandonati lì sul posto, i loro cadaveri non potevano nemmeno ricevere una degna sepoltura. 

Questa era la guerra.

Ormai eravamo troppi pochi uomini, ed il contingente tedesco troppo armato e troppo numeroso. Il nostro nascondiglio era stato scoperto, non eravamo stati abbastanza prudenti.  Era quasi l'alba quando arrivarono, gli altri dormivano mentre io ero di guardia nella casa abbandonata dove ci nascondevamo. Spari. Due dei nostri che erano usciti per un giro di perlustrazione nel bosco. Morti.

Si svegliarono tutti di scatto e, veloci e silenziosi come delle tigri, impugnarono le armi, pronti all'ennesima sparatoria. Ogni volta che succedeva io ed Achille rimanevamo vicini, pronti a coprirci le spalle a vicenda. Ormai era un meccanismo, qualcosa di autonomo che i nostri corpi facevano involontariamente. Sudai freddo. Uno dei nostri si avvicinò prudente alla finestra, nel tentativo di capire dove fossero i soldati. Li vide, tornò velocemente da noi, gli occhi sbarrati.

-Sono più del doppio di noi-  diceva.

Dovevamo pensare, fare qualcosa, e presto. Alcuni di noi sarebbero forse riusciti a scappare dall'uscita nascosta sul retro, ma qualcuno doveva distrarre il nemico o ci avrebbero fatti tutti fuori. Non eravamo mai scappati, se c'era bisogno di combattere non ci tiravamo mai indietro, ma questo era un momento critico. Achille ed io ci guardammo per un attimo. Sapevo che in quella stanza ero io il più sacrificabile. Sapevo combattere, di tedeschi ne avevo uccisi, ma non ero veloce come Achille, non avevo moglie e figli ad aspettarmi a casa come gli altri uomini insieme a noi. La mia famiglia era lì, quell'ammasso di capelli color del sole era la mia famiglia, e se non avessi fatto qualcosa avrei potuto perderlo. 

Non sono mai stato un eroe.

La mi vita fino a quel momento la consideravo sensata solo perché c'era lui.  Forse Dio mi stava offrendo  una possibilità, forse avrei dovuto ascoltarlo, una volta tanto. I soldati nemici stavano per entrare in casa, forse sospettavano si nascondesse qualcuno, noi eravamo al secondo piano. Alcuni dei nostri iniziarono a sparare dalla finestra nel tentativo di rallentarli.

Non c'era tempo per discuterne. Era quello il momento. Achille aveva sempre avuto più successo di me, più talento, più  ambizione; lui meritava di vedere il suo sogno realizzato, lui  meritava di vivere e se quello significava sacrificarmi per lui lo avrei fatto. Urlai a tutti gli altri di scappare, li avrei distratti io. Lui sapeva che stavo andando incontro alla morte, lo aveva capito da come lo stavo guardando. Mentre gli altri correvano verso l'uscita un uomo strattonava Achille per convincerlo ad andare con loro, ma lui non ne aveva intenzione. Continuava a fissarmi arrabbiato, confuso, ordinandomi di smetterla di fare l'eroe, quasi urlandomelo, ma avevo preso la mia decisione. 

-Va tutto bene- gli dissi. -Va' insieme agli altri. Fai in modo che tutto questo non sia stato inutile.- Gli mimai un 'ti amo' con le labbra per non farmi sentire dagli altri. Lo guardai per un'ultima volta, gli sorrisi, con il fiato pesante ed il sudore freddo della paura, ricordando tutte le promesse che ci eravamo fatti da bambini. Con le granate in mano mi diressi fuori dal nascondiglio. Achille ancora dietro di me mi urlava di fermarmi, cercando di scappare dalle braccia dell'uomo che tentava di convincerlo ad andarsene, rimaneva aggrappato alle sue speranze.

Uscii allo scoperto. Lanciai le prime due granate verso il nemico, presi in mano il fucile iniziando a sparare a raffica. Achille era ormai dietro di me, l'idiota non intendeva lasciarmi solo. Gli altri erano probabilmente già scappati. Urlavo, piangevo mentre sparavo, mi stavo liberando da tutta quella frustrazione che avevo provato fino a quel momento, accumulata negli anni. Io e Achille che venivamo scoperti a baciarci da un compagno di classe, gli insulti che ci lanciavano, pesanti come macigni. Anni passati a sopportare, a nascondermi, a sentirmi inutile, diverso, senza nulla di speciale. Nella mia testa speravo che Achille avesse cambiato idea e si fosse deciso a scappare, tutto quello lo stavo facendo solo per salvare lui. Era troppo tardi quando vidi degli altri soldati tedeschi giungere da destra.

Sentii il primo proiettile penetrarmi nella carne. Poi un altro, un altro ed un altro ancora. Mi stavano trivellando di colpi. Nella mia testa risuonava la risata cristallina di Achille, le sue labbra rosee mentre gustava i dolci fichi che rubavamo dall'orto del vicino, ancora più dolce era la melodia del pianoforte che amava suonare solo per me, quando eravamo soli. 

Caddi a terra. 

Non respiravo più. 

Achille urlò straziato con tutto il fiato che aveva in corpo, ed il suo urlo fu l'ultimo sono che le mie orecchie udirono. 

No, pensavo. Non fare lo stupido. Vai via da qui. 

Uscì dal nascondiglio e sparò qualche colpo al nemico fino a quando non finirono tutti i proiettili,  poi si accasciò accanto a me, il mio corpo ormai inerme.

Inevitabilmente colpirono anche lui, ed anche lui si lasciò cadere.

Morimmo insieme, uno accanto all'altro, come eravamo sempre stati. Era proprio testardo, avrei dovuto immaginare che non  mi avrebbe permesso di andarmene da solo.

I nostri cadaveri in un'unica pozza di sangue, le nostre mani a sfiorarsi. I nostri corpi stanchi martoriati dalla guerra e dal dolore, ma anche e soprattutto dall'amore. 

Non avevamo avuto la possibilità di dirci addio, di guardarci negli occhi con calma e sorriderci.

Forse in un'altra vita avremo la possibilità di vivere come si deve.

Magari avremo più tempo, anche solo cinque minuti.

Magari in un'altra vita potremo ritrovarci ed essere di nuovo Achille e Patroclo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 12, 2021 ⏰

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