Capitolo 8

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Riflessi distorti
di Effy Harrison

La costante ricerca di modelli di perfezione rappresenta l'arma fatale che ha condotto la mente umana verso l'autodistruzione del proprio essere e la cancellazione delle peculiarità di ciascun individuo.
Nel corso degli anni, il vero significato della bellezza si è lentamente dissolto, sostituito da uno nuovo che, coniato da ideali commerciali, la nuova generazione di giovani si è preposto come obbiettivo da raggiungere.
Veniamo assiduamente avvelenati, senza nemmeno accorgerci, dalla vista di falsi volti perfetti, che sono stati, all'insaputa di tutti, ritoccati fino a che lo stereotipo ideale non ha mascherato del tutto l'originale.
Come quelle immagini vengono modificati, così noi finiamo con l'alterare il nostro riflesso e la nostra figura, arrivando ad assumere atteggiamenti ostili e cercando di cambiare e nascondere imperfezioni inesistenti.
Ignoriamo la verità, plasmiamo nemici immaginari e ci intestardiamo nell'illusoria realtà che ci siamo creati, finché questa non ci crolla addosso, schiacciandoci e soffocandoci nelle nostre stesse menzogne.
Tutto questo, perché la rovina più grande dell'essere umano, è l'essere umano stesso; e andiamo degenerando, fino al momento in cui non sarà troppo tardi ritornare indietro, perché la strada scelta e percorsa è senza ritorno.

Finii di battere le ultime parole e inviai lo scritto all'indirizzo di posta elettronica della rivista di Reed, The Way.
Tirai un sospiro.
Avevo fatto appena in tempo perché quello era proprio l'ultimo giorno!
Come al solito, mi ero ridotta all'ultimo minuto.
Chiusi gli occhi e incrociai le dita.
In quell'esatto istante bussarono alla porta.
《Maggie!》urlai 《Puoi andare ad aprire?》
Nessuno rispose.
《Maggie?!》
Sentii la sua voce canticchiare in bagno.
Alzai gli occhi al cielo e mi alzai, chiudendo il portatile.
Doveva essere Felix, per forza, ci eravamo messi d'accordo per vedere un film insieme.
In quel momento però, ero talmente stanca che avrei voluto sprofondare a letto e dormire per il resto dei miei giorni...
Aprii e invece di Felix, mi ritrovai di fronte a tutt'altra persona.
Rimasi in piedi, incapace di proferire alcuna parola.
《Hey...》mormorò Rosso, imbarazzato.
Continuai a stare in silenzio, senza muovermi, come legata da catene invisibili.
《Effy, mi hai per caso chiamata prima? Mi stavo facendo una doccia e...》
Si arrestò appena vide Rosso. 《Christopher... che ci fai qui?》chiese, tanto confusa quanto me.
Maggie mi fece segno di farlo entrare e io mi spostai leggermente, ma la mente era ancora altrove.
《Okay, intanto entra.》lo invitò Margaret, accortasi di esser stata piuttosto sgarbata.
《Ecco... sono...》blaterò lui, senza togliermi gli occhi di dosso, mentre entrava impacciato.
Maggie corrugò la fronte, sempre più confusa, mentre io chiusi la porta e li seguii in soggiorno.
《Non ho ben capito.》incalzò Margaret, mentre legava i capelli ancora bagnati in una coda di cavallo.
《Sono solo venuto a farvi una visita.》
《Oh, senza nemmeno un preavviso?》
Io rimasi zitta per tutto il tempo.
《Ho provato a telefonare ad Effy, ma mi dice sempre che è irraggiungibile.》
《Ho cambiato numero.》spiegai.
《Capisco...》
Il silenzio calò nuovamente in quella stanza.
《Quindi... credo che sia meglio se... uhm, ho un sacco di compiti da finire, perciò vi lascio soli.》mormorò Margaret, squagliandosela subito.
Rosso osservò con apparente attenzione la stanza, sedendosi infine sulla poltrona davanti a me.
Non potevo crederci che era lui, che era davvero lì.
L'avevo desiderato per mesi, avevo vissuto quel momento in ogni mio sogno da quando ero partita, eppure, in quell'istante mi sembrò davvero strano.
Sentii una rabbia salirmi dallo stomaco fino all'esofago e il tutto stava per esplodere in una serie di insulti.
《Dunque, cos'hai fatto in questi mesi?》mi chiese alla fine.
《Ho studiato.》risposi freddamente.
《Ti piace giornalismo?》
《Sì, gli insegnati sono molto qualificati e i compagni sopportabili.》
《Ero sicuro che ti saresti trovata bene.》
Quella frase mi fece andare in bestia.
Il modo in cui lo disse, come se avesse pensato a me in tutto il tempo passato, come se gliene fosse importato qualcosa.
Ero sul punto di scoppiare, quando bussarono di nuovo alla porta.
Questa volta era Felix.
Appena aprii, sorrise e mi porse una rosa rossa.
《L'ho raccolto mentre ritornavo dal parco.》
《Uhm, grazie...》
Mi guardò interrogativo.《C'è qualcosa che non va?》
《C'è...》
《Cosa?》
《Rosso, è in soggiorno...》
Il sorriso si spense di colpo.
《Ah...》
Mi sorpassò ed entrò con impeto.
Posai la rosa e lo seguii.
《Che ci fai qui?》chiese Felix, rivolgendosi a Rosso, con tono tutt'altro che amichevole.
Sembrava ancora più arrabbiato di me.
《Sono venuto in visita, volevo sapere come stavano Effy e Margaret.》
《Come se te ne importasse davvero.》rispose, con disprezzo.
《Cosa vuoi insinuare?》
Felix si scagliò contro di lui e gli diede un pugno. 《Sei solo un patetico bastardo! Hai ancora il coraggio di venire qui dopo tutto il dolore che hai causato a Effy?》
Merda, perché non poteva stare in silenzio, una volta tanto?
Margaret uscì di corsa dalla sua camera. 《Oddio, cosa sta succedendo?》
《Per favore, sparisci!》
《Felix!》 lo fulminai con uno sguardo.
《Cosa c'è?!》sbottò.
《Okay, è meglio se tu vieni con me adesso.》disse Maggie, trascinano Felix via.
《...stai bene?》chiesi, aiutando Rosso ad alzarsi.
《Sì, non ti preoccupare.》
《Ma ti sta sanguinando il labbro!》
《Non è niente, davvero.》insisté 《... scusami, Effy.》disse dopo un po'.
《Non fa niente.》risposi, e tutta la rabbia che provavo sparì.
《No, mi dispiace di essermi comportato come un completo idiota... 》continuò 《quando ho scoperto che saresti partita, sono andato fuori di testa, non tanto perché non me l'avevi detto, quanto perché non ti avrei più rivista. Non penso che mi perdonerò mai per tutto il dolore che ti ho causato.》
Si fermò per un istante. 《Volevo solo rivederti perché la tua assenza mi stava facendo impazzire.》
《È tutto a posto, ora sto bene.》 replicai, e lo ero davvero, anche se iniziai stupidamente a piangere.
Si avvicinò di qualche passo, ma poi si fermò. 《Credo sia meglio che io me ne vada.》
Prese la sua giacca e uscì dalla stanza.
Avrei voluto avere la forza di fermarlo, ma non ne fui in grado.
Non riuscii proprio a spicciare parola.
Rimasi lì, ferma, incapace di fare alcunché che non fosse piangere.

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