Edward non aveva ancora realizzato il tutto.
Era incredulo, sembrava un bellissimo sogno, non poteva credere ai suoi occhi.
Impossibile.
Non poteva crederci, davvero si trovava davanti a casa Tomlinson?
Osservava la villetta di due piani che lo fronteggiava, le tegole marroni, le pareti bianche e la porta di un beige chiarissimo che quasi pareva bianco.
Era un'abitazione delicata, sobria, dava un senso di sicurezza e protezione, ma non ad Edward che continuava a strizzare la mano della povera piccola Gemma che si lamentava ogni tanto.
La piccola continuava a dondolarsi sui piedini per cercare di scacciare il freddo che nelle ossa le penetrava.
Edward, dal canto suo, iniziava a sentire caldo, l'ansia lo avvolgeva e lo riscaldava proprio come un abbraccio di sua madre faceva ogni volta.
Solo che il calore non era lo stesso, il primo lo angosciava e lo faceva rimuginare ogni tre per due su ogni azione che avrebbe fatto da lì a poco, l'altro lo rilassava, lo aiutava con sé stesso e oltre a protezione donava anche fiducia.
Edward adorava sua madre Anne, era forse una delle poche persone più care che aveva, oltre a Gemma, sua sorella, e a suo padre, Des.
Gli era parso strano che la madre gli avesse dato il via libera per andare ad un'improvvisa festa di compleanno insieme alla sorellina.Edward era entrato in casa con un sorriso da ebete stampato in faccia, le fossette bucavano le sue paffute guance, gli occhi verdi gli brillavano, i denti bianchi erano stati esposti per tutto il tragitto dal parco fino a casa.
Anne non era mica stupida, conosceva i suoi figli come le sue tasche, non le era stato difficile capire che era successo qualcosa di fenomenale al figlio.
E, ammettiamolo, era davvero curiosa di sapere di cosa si trattasse!
Così, cercò di indagare, ma non gli fu neanche dato il tempo di mettersi in azione che si era ritrovato il figlio seduto davanti all'isolotto della cucina con il sorriso sulle labbra e le braccia incrociate che appoggiavano sul bancone.
E lei, proprio come suo figlio, non aveva perso tempo e si era asciugata subito le mani con lo straccetto rosso dopo aver finito di lavare i piatti e si era seduta comoda di fronte ad Edward.
Se qualcuno li avesse visti da fuori sembravano uno specchio che rifletteva quasi la stessa immagine.
Impossibile, quei due si assomigliavano così tanto!
"Dai, racconta!" lo spronò subito Anne senza aspettare che il figlio facesse qualcosa.
Okay, Anne era assatanata di pettegolezzi, soprattutto se questi si trattavano dei suoi figli.
Edward aveva trasformato il suo sorriso in una morsa che scaricava la sua tensione sul rosso labbro inferiore mentre cercava imbarazzato le parole giuste da usare.
Si guardò in giro ispezionando minuziosamente che nessuno li stesse ascoltando, o per meglio dire spiando e prendendo un profondo respiro parlò.
"Mentre eravamo al parco Gemma ha incontrato un suo compagno di classe e il suo papà ci ha gentilmente chiesto se volevamo partecipare alla festa di compleanno di suo figlio, così siamo tornati subito a casa per prepararci." spiegò il ragazzo guardando il ripiano lucido dell'isola.
Anne era confusa, cosa c'era di grandioso in questo?
Perché suo figlio andava in giro sorridendo come se fosse drogato per un motivo così futile?
La donna non riusciva a collegare il tutto, mancavano ancora dei piccoli tasselli per completare il puzzle, e sarebbe stato meglio per Edward che lo avesse fatto subito e di suo spontanea volontà o avrebbe dovuto sottostare al solito terzo grado di mamma chioccia.
Anne alzò un sopracciglio e lo fissò con sguardo truce, sembrava tanto volesse esprimere con quell'espressione un po' di sufficienza.
"Tutto qui?" domandò, appunto, guardandolo impassibile.
"Beh... no." sorrise imbarazzato Edward.
"Ah ecco, mi pareva! Beh? Che aspetti? Mica ti pago per avere delle informazioni, ragazzo!" rise la donna cercando di mettere il figlio in una situazione di conforto così che potesse confidarsi con lei.
Edward si sentì meglio a sentire la risata della madre, rimaneva, però, comunque imbarazzato.
Il ragazzo aveva già parlato di William alla madre, il problema era che non le aveva detto nome, cognome, ma solo che accompagnava il fratellino all'asilo.
Il punto era che non sapeva come dire alla madre che aveva scoperto un paio di informazioni sul ragazzo misterioso di cui parlava ogni tanto, praticamente tutti i giorni, con sua madre.
Si fece mentalmente una scaletta delle cose da dire.
"Ehm... ti racconto dall'inizio va!" affermò e vide la madre illuminarsi.
"Spara!" esclamò Anne.
"BOOM!" gridò simulando un boato.
Inutile dire che poco dopo gli arrivò uno schiaffo dalla madre in pieno volto per via dello spavento.
Lui rideva.
"Ma sei impazzito?" domandò allibita "Mi hai fatto prendere un colpo!" rise poi con lui.
"Allora... abbiamo incontrato al parco il ragazzo di cui ti parlo sempre." iniziò e la madre annuì con fervore per poi fargli un cenno per spronarlo a continuare con il discorso.
"Uhm... si... io e Gemma ci siamo avvicinati e abbiamo parlato con lui, cioè, io e lui abbiamo parlato!" esclamò tutto contento, sembrava quasi fiero di sé stesso.
Come biasimarlo, era riuscito a parlare con il ragazzo che gli piaceva da quasi un anno!
"Okay, e vi siete presentati?" chiese la donna impaziente.
"Beh, certo, mica inizio a parlare così con qualcuno senza prima presentarmi come fa qualcuno di mia conoscente qui presente!" rise, ma la donna non si sentì per niente toccata.
Capita a tutti di chiacchierare con qualcuno alla cassa del supermercato, no?
"Ingrato!" risero insieme.
"Ho scoperto che si chiama William..." la madre lo interruppe.
"Oh, che bel nome!" esclamò lei tutta contenta battendo le mani.
"Sì mamma, ma fammi finire!" Edward fulminò con lo sguardo la madre che smise subito di sorridere.
"Di cognome fa Tomlinson e a quanto pare ha un sacco di sorelle." concluse, tralasciando il particolare più importante.
Tomlinson... Tomlinson?
Ad Anne era sembrato quasi familiare quel cognome, lo aveva di sicuro già sentito, ma non ci fece più di tanto caso, era un banale cognome, uno dei tanti. Doncaster era una piccola cittadina ed era normale per la gente conoscersi tra di loro o anche solo sentire e risentire nomi e cognomi.
Il punto era che, se Doncaster era una piccola cittadina, le voci giravano in fretta.
"Anche tu hai una sorella." si ritrovò a dire di punto in bianco Anne.
Il figlio la guardò stralunato, a volte la donna diceva cose senza senso o ripeteva delle ovvietà che erano già state dette e ridette.
"Comunque? Stavi dicendo?" chiese accavallando le gambe e sedendosi più comoda su quello stupido sgabello in legno.
"Uhm? Ah sì, che ha tante sorelle e che mi ha invitato alla festa di compleanno di Max, sia a me che a Gemma." il ragazzo si guardava in giro cercando di sfuggire allo sguardo della madre.
"Max? E chi è Max?" domandò confusa la donna, ci stava capendo sempre meno.
"Max, il compagno di classe di Gemma!" sorrise con innocenza.
Eccolo lì, il tassello che mancava.
"COSA?" urlò la donna?
"No, aspetta, credo di aver capito male, William Tomlinson è il nome del ragazzo di cui mi parli sempre." iniziò ed Edward annuì solamente.
"Hai scoperto che la madre ha sfornato un numero non preciso di figlie e poi hai incontrato quest'altro tizio che ti ha invitato, o per meglio dire, vi ha invitato, a te e a tua sorella, alla festa del compleanno di suo figlio, giusto?" il discorso non aveva un vero e proprio filo logico, la donna cercava di raccapezzarsi nelle parole del figlio, ma davvero, non ci aveva capito molto.
O almeno, ci era arrivata, ma credeva di aver capito male.
"Uhm... veramente William e il padre del bambino che ci ha invitati alla festa di compleanno di Max sono la stessa persona, mamma." spiegò con calma il ragazzo sorridendo cercando di addolcire lo stato d'animo della madre.
"COSA?" urlò per la seconda volta Anne ed Edward sbuffò annoiato.
"Cosa c'è da capire? Ti faccio un disegnino?" scherzò il ragazzo, ma la madre era seria.
"Stai scherzando, vero?" domandò angosciata.
"No, ma dove è il problema, scusa?"
"Stai scherzando, vero?" chiese di nuovo la donna, il volto mutato in una smorfia confusa e le mani che si toccavano con frenesia.
"No, perché?" ora quello confuso era Edward.
"Amore, ti sei preso una sbandata per uno che ha un figlio. Un figlio, questo sta a significare che ha anche una ragazza, o peggio ancora una moglie, tesoro, quel ragazzo è etero!" Anne lo guardava negli occhi cercando di fargli capire quello che stava dicendo.
Ma non c'era bisogno di spiegazioni, Edward lo sapeva già che William era etero, non ci voleva una scienza per capirlo.
Ma sapeva anche che era single e che la sua ragazza era morta.
"Mamma, lo so, ma io non ho mica detto che mi ci voglio sposare con questo, ti avevo solo detto che mi piaceva, punto, finito lì." sorrise imbarazzato.
Beh, non era proprio finita lì, Edward ci era rimasto male a scoprire che il ragazzo era padre, ma, come aveva appena detto alla madre, non voleva mica sposarselo, voleva anche solo essergli amico, dopo tutto sembrava un così bravo ragazzo.
Anne non era convinta e glielo si leggeva in faccia.
"E cosa vuoi fare?" la donna tastò piano il terreno.
"Andare alla festa di compleanno di Max!" esclamò battendo le mani e sorridendo proprio come aveva fatto quando avevano iniziato tutta la discussione.
"E' la prima festa di compleanno a cui è stata invitata Gemma, dovresti vederla, è davvero esaltata solo all'idea di partecipare!"
"Secondo me qui quello esaltato sei tu!" rise Anne prendendosi gioco di suo figlio.
"Mamma!" si lamentò il ragazzo, ma poi sorrise.
"Okay, okay, potete andare." acconsentì Anne alzandosi dallo sgabello e rimettendosi davanti al lavello per continuare a pulire i piatti.
Edward la imitò e si avvicinò a lei abbracciandola da dietro.
"Grazie mamma."
"Fai attenzione Ed, potresti uscirne scottato." commentò.
Edward annuì e sorridendo si limitò ad andare in camera della sorellina.
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Doncaster Fire × LarryWilliardStylinson
FanfictionAggiornamenti Random Trama 1: William Tomlinson ha ventitré anni e un figlio di tre, la sua ragazza, Eleanor, è morta a diciassette anni di parto. Da tre anni passa la sua vita a portare e a riprendere il figlio Max dall'asilo e a crogiolarsi per la...