Smaragdus

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Incredibile come si guardava intorno con gli occhi sgranati. La numerosità di ragazzini era pazzesca e ognuno di loro era accompagnata da almeno un genitore, poi c'era anche chi aveva appresso nonni, zii, fratelli e sorelle. Si sentiva quasi in suggestione, come se le persone che la circondavano erano vigili ad ogni sua mossa, respiro e chiusura delle palpebre. 
Era strano per una ragazzina si soli sei anni, pensare a tutto questo. Ma non riusciva a pensare ad altro se non la lontananza dalla sua scuola. Quella in cui era cresciuta, davanti casa della nonna, dove giocava con le sue amichette e dove conobbe la sua prima migliore amica. Ma c'era qualcosa, in quella bambina di sei anni, che la rendeva angosciata e impaurita da tutte quelle novità. Sapeva che se la nonna fosse stata lì, al suo fianco, in quel momento, l'avrebbe stretta a se proprio come stava facendo sua madre in quel momento. 
I suoi occhi verde smeraldo, girovagavano nella grande palestra dov'erano. Era lì dove avrebbe scoperto chi sarebbero state le sue maestra e chi i suoi prossimi compagni. Immaginava che la maggior parte dei ragazzini che avrebbe conosciuto lì, avessero fatto l'asilo nido e la materna insieme e questo la impauriva un po' ma cercava di non farlo notare; nonostante continuasse a giocare con le due trecce rosse che la madre le aveva fatto per quel giorno speciale. 
Erano passati una decina di minuti e le maestre della sezione B continuavano a chiamare bambini su bambini, ma del suo nome non c'era traccia. Pensò che sarebbe capitata nella sezione C, dato che la A già era completa, ma si sorprese quando la ventitreesima alluna chiamata era lei. Perché una donna bassina, dai capelli bordeaux e ricci, dal sorriso gentile coperto da un rossetto rosa chiaro, matita occhi azzurra e gioia negl'occhi la chiamò. <<Selene O'Hare.>> Si alzò di scatto, rischiando di far cadere lo zainetto di Violetta che aveva appresso, prontamente preso dalla madre, e si sbrigò a raggiungere quella che sarebbe stata la sua maestra preferita da lì al resto della sua vita.

Era lì, seduta al suo nuovo banchetto, con le due buffe trecce rosse fuoco e la sua merenda, un contenitore con dei biscotti al cioccolato -fatti sempre dalla sua amata nonna-. quando le si presentò davanti una figura dal grembiulino blu scuro, con un sorriso timido in faccia. <<Potresti darmi un biscotto? Oggi mamma non mi ha preso la merenda e gli altri hanno tutti un panino o della pizza...>> La sua voce rispetto al suo sorriso era ferma e sicura; aveva due occhioni marroni caramello e un ciuffo moro che andava da tutte le parti. Selene non rispose subito, non ci riusciva, era ancora paralizzata dal suo avvicinarsi a lei per collegare il cervello alla bocca o anche semplicemente alle mie corde vocali. Il bambino di fronte a lei, vedendo che non prendeva iniziativa prese un biscotto e, spezzandolo a metà, ne prese una parte. <<Sono James!>> Disse con tono allegro e la bambina, di tutta risposta, sussurrò un debole ''Selene'', non sapeva neanche se l'avesse capita ma ebbe la sua conferma quando le allungò la mano per stringerla; proprio come facevano gli adulti quando si conoscevano per la prima volta. <<Selene è proprio un bel nome sai? Ma credo che ti chiamerò 'Lene, sempre se per te va bene!>> Mosse leggermente la mano per incitarla a stringergliela e così fece, <<Sì, sì... 'Lene, suona bene. Mi piace!>> ripose decisa 'sta volta. 

'Lene, così l'aveva soprannominata e solo col tempo capì che era qualcosa di loro, solamente loro e che nessuno avrebbe potuto cambiare.

Le ore di quel primo giorno di scuola passarono velocemente per permetterle di metabolizzare tutto, le maestre, il cominciare a fare degli esercizi e poi la loro nuova amicizia. A vederli vicini, si notavano subito le differenze caratteriali, ma erano entrati subito in sintonia. Come se fossero cresciuti insieme, ma infondo tra i ragazzini è così, un'amicizia nasce in fretta e diventa dura tura con un semplice sorriso.

Passarono otto anni precisi dal loro primo giorno delle elementari e col tempo diventarono inseparabili, forse per questo durante l' estate che divise la terza media e il primo liceo passarono ogni giorno insieme; perché poi sarebbero andati in due scuole diverse e avrebbero iniziato tutto da capo, più o meno. Era l'ultimo giorno di vacanza prima di iniziare il liceo. Selene era comodamente  sdraiata sul letto di James quando il ragazzo le si butta di peso addosso <<Lene luce miei occhi, mia migliore amica, compagna di cazzate... Ti va una partitina?>> Facendo gli occhi dolci e mostrandole il joystick della nuova play station, ricevuta quell'estate . Ci ragionò un po' e la sua coscienza le suggerì di accettare e con un movimento scattoso e veloce come una leonessa a caccia presi il joystick dalle sue mani e si posizionò bene seduta davanti alla tv, proprio difronte al letto, << Mi è bastato chiederti una partita per smettere di deprimerti sul mio letto...Questa tecnica la userò più spesso allora!>> bofonchiava tutto felice il moro seduto al suo fianco mentre le da una spallata scherzosa. Selene e James erano così: di prese in giro, di coccole e litigate; erano perfetti l'uno di fianco all'altra. Le ore passarono e senza neanche accorgersene si ritrovò a spegnere la sua adorata sveglia, regalatole da Barbara -la madre di James-, per andare al suo primo giorno di liceo. Prese subito il telefono, in cerca di notifiche e solo all'ora si accorse che, nonostante fossero solo le 6:30 di mattina, aveva una ventina di messaggi da James e da parenti vari.

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