Ciò che osservava Ivan in quel momento non era solo un foglio di carta di cui non riusciva a trovare l'esatta collocazione nelle sue priorità, era anche un avviso e il suo cervello aveva iniziato a suonare un allarme costante e fin troppo rumoroso.
Il suo ultimo esame era andato male.
Come al solito.
Non c'erano capri espiatori da accusare, Ivan non era nemmeno il tipo da dare la colpa a qualcun altro delle sue lacune.
Non voleva dirlo ai suoi - sarebbe stato solo tempo perso - si diceva.
Questo perché sua madre era troppo impegnata a sparlare di qualche vicina, nel giudicarlo solo a fine anno scolastico ed era troppo impegnata persino per risolvere i suoi problemi con il suo attuale marito.
Quindi nemmeno il patrigno di Ivan poteva essere d'aiuto.
Era un uomo goffo, sulla quarantina, la sua più alta aspirazione era stato comprare un'auto d'epoca che teneva nella sua azienda, tra gli automezzi più grandi e la moto che parcheggiava Diego, il dipendente più giovane.
Diego aveva sempre cercato di essere come un "fratello maggiore" per Ivan ma il ragazzo aveva capito da tempo che quello che voleva era ottenere abbastanza consenso tra il suo capo e sua moglie per avere un aumento e - chissà - un posto fisso.
Ivan non poteva fidarsi della maturità di nessuno di loro.
Per questo decise da sé di trovare un tutor privato, qualcuno che potesse spiegargli le nozioni base delle materie. Non pensava che fosse totalmente colpa sua, aveva il sentore che fosse anche per via dell'incapacità degli insegnanti. Ma non poteva dirlo così su due piedi.
Ivan volle chiedere consiglio a Thomas, un compagno di classe con cui non aveva mai discusso molto, infatti quest'ultimo si sorprese nel sentire la sua richiesta.
"Un insegnante privato?"
"So che tua madre te ne aveva procurato uno..."
Thomas abbozzò un piccolo broncio - probabilmente non voleva che la cosa si sapesse in giro - pensò Ivan. Comprese di aver fatto un passo falso per cui gli chiese di parlare fuori dall'aula.
"Ho bisogno di aiuto, basta che tu mi dica dove si trova, quanto vuole e altre cose così. Non mi interessa altro." - fece intendere, dopotutto era vero.
A lui non interessava sapere qualcosa delle cerchie della classe, sapeva come funzionavano le cose e non se n'era mai lamentato, sapeva che non si sarebbe mai abituato a nessun gruppo.
Alla fine Thomas decise di aiutarlo purché rimanesse in silenzio su quella cosa.
E così Ivan ricevette le informazioni che voleva.
Quando Ivan tornò a casa, vide la madre quasi urlare al telefono, il suo volto si era contratto in una smorfia orrenda - questo pensava il ragazzo.
Le passò accanto per accedere alla sua camera ma forse aveva scambiato uno sguardo di troppo con la donna, perché una mano prese con forza la maniglia della porta della sua stanza e la chiuse sbattendola rumorosamente. Ivan ebbe un sussulto. Forse aveva esagerato.
Sicuramente non era più certo di come comportarsi con quella donna.
Per quel pomeriggio decise di uscire di casa e cercare di contattare quel tutore.
Il suo non era solo interesse nell'avere dei voti buoni a scuola, non puntava ad essere il migliore della classe, voleva solo arrivare presto al diploma, studiare abbastanza per avere un lavoro e vivere finalmente da solo.
Se gli avessero chiesto di che colore fosse la sua stanza, Ivan non sarebbe riuscito a rispondere.
La sua costante apatia gli aveva ormai impedito di vedere appieno i colori del mondo che lo circondava. Era tutto costantemente grigio o almeno con una saturazione davvero bassa, a malapena apriva per metà gli occhi per quanto fosse assonnato ogni giorno, sia per i litigi dei suoi genitori che per i problemi che lo assillavano, sentiva che attorno a lui ci fosse un mare in tempesta e che lo stesse trascinando sempre più a fondo.
Ne aveva paura.
Gli bastò sgattaiolare fuori come un ladro.
Almeno di questo ne era felice, non amava dire ai suoi dove andava né con chi si incontrava.
Era certo che gli avrebbero impedito di fare qualsiasi cosa, urlando al "lo facciamo per il tuo bene", che poi... quando mai era davvero così?
Se avessero mai pensato a lui, forse era stato solo quando si erano appena sposati.
Lui e la madre era sfuggiti a un uomo violento che tirava spesso i capelli alla donna e urlava come un dannato.
Era questo che Ivan aveva imparato subito: mai dare fastidio.
Forse era per questo che preferiva non spiccare mai in mezzo agli altri, sperava sempre di passare inosservato e di non calpestare i piedi a nessuno.
Ma nel non voler infastidire l'ormai disillusa madre, Ivan aveva sempre taciuto tutti gli abusi che il padre gli aveva riservato durante la sua "infanzia" - anche se non si poteva chiamarla così.
Per questo Ivan aveva sempre ingoiato ogni boccone amaro che si era trovato davanti.
E per questo motivo la sua postura era diventata un po' storta, ingobbita da posizioni anomale. Ci avevano fatto caso anche i compagni di classe: Ivan tendeva a "pendere" da qualche parte, come se fosse appoggiato all'interno di un contenitore e si stesse sforzando di non darlo a vedere.
E quella stessa posa aveva attirato l'attenzione di una ragazza che passava sotto la galleria dove Ivan si era appoggiato per capire meglio dove girare.
"Scusa, stai male?"
Ivan sussultò nel sentire quella domanda, osservò la ragazza e scosse la testa, accorgendosi di avee di nuovo assunto quella posizione. Era solito farlo quando qualcosa lo rendeva inquieto o titubante.
Quando capì che il ragazzo non stava male, la ragazza lo aiutò a trovare il posto che cercava.
L'appartamento di quell'uomo era all'interno di un palazzo lontano dal centro, un luogo dove abitavano per lo più famiglie composte di neo sposini o di un singolo elemento. O addirittura anziani che probabilmente non avevano altro posto dove andare.
Ivan aveva telefonato poco prima per accertarsi di non disturbare e di preparare in anticipo qualcosa per chiarire in quali materie facesse pena, il suo sento del dovere a volte lo spaventava.
"Tu devi essere Ivan."
Alla porta dell'appartamento di presentò un uomo all'apparenza molto giovane, una lieve barba, capelli un po' corti e gli occhi di chi non aveva dormito abbastanza bene negli ultimi giorni.
Fece entrare Ivan indicandogli la cucina al lato destro dello stretto corridoio e abbozzò un sorriso.
"Mi hai chiamato con una certa urgenza..." disse versandosi una tazza di tè, ne offrì una a Ivan che accettò volentieri: "...devi essere messo davvero male nelle materie scolastiche."
Ivan arricciò il naso: "Le mie lacune sono dovute a una scarsa attenzione e all'inadeguatezza dei docenti." guardò l'uomo e disse: "Ho sentito parlare bene di lei da un compagno... Rinaldi, giusto?"
"Stefano Rinaldi."
"La pagherò regolarmente, non ho bisogno di contattare i miei genitori né di altro." disse Ivan.
L'insegnante rimase in silenzio qualche secondo e sorrise di nuovo: "E posso sapere il motivo?"
"I miei non s'interessano di me, se sapessero che vado male a scuola, darebbero la colpa a me senza darmi l'opportunità di rimediare. So di non essere intelligente, non mi applico abbastanza e anche quando mi applico, non riesco ad arrivare a molte cose. Sono semplicemente inadeguato." Ivan scrutò il volto dell'uomo che sembrava essersi perso a mezz'aria, cercando di non sorridere troppo nel sentire quella descrizione. Il ragazzo non ci fece troppo caso.
"Rendersi conto dei propri errori è il primo passo per la maturità." disse Rinaldi.
Allora decise di sedersi con Ivan al tavolo della cucina e parlare di come si sarebbero svolte le lezioni e di quante ne avrebbero fatte.
Dopo un'ora di discussione, Ivan se ne andò dall'appartamento molto soddisfatto.
L'approccio di Rinaldi sembrava già chiaro mentre gli spiegava in modo semplice il pagamento e lo svolgimento delle lezioni.
Era certo che avrebbero instaurato un buon rapporto.
Alla finestra, Rinaldi rimase a osservare quello strano ragazzo mentre attraversava la strada in modo lesto.
Dietro di lui, un uomo lo sorprese: "Non accetti spesso senza preavviso."
Rinaldi sorrise: "Non era senza preavviso, aveva chiamato."
"Curioso..." aggiunse l'uomo dirigendosi verso la credenza della cucina: "...non ci sono più adolescenti educati di questi tempi."
"Vero." rispose Rinaldi: "Sono tutti davvero scortesi."
L'uomo incrociò lo sguardo con il compagno e fece un largo sorriso.
Rinaldi si avvicinò al tavolo guardando le mani dell'altro muoversi in modo costante.
"Carne?"
"Carne."
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Hannibal - Season Four
Mistério / SuspenseIvan Schiavi non è uno studente modello, per questo motivo richiede l'assistenza del tutor privato Stefano Rinaldi. Non sapendo che l'uomo non vive da solo come ha sempre fatto credere.