Manderley - "Avvolta Nella Nebbia"

1. Incipit e Capitolo I - Su un Precipizio

Mi sono accorta di non aver presentato la mia storia in modo dignitoso, completo; avendo un po' di tempo a mio disposizione, tento di farlo ora: un romance gotico, molto dark per così dire, dalla trama e contesto molto particolari; dei personaggi e un protagonista complesso/forte/dominante e calcolatore, apparentemente disposto a tutto pur di avere ciò che vuole.

Ma cosa vuole?

Una ragazza innocente che diventerà una sua vittima.

Ma la realtà che li circonda, in quel grande castello di cui l'uomo è signore - Manderley -, è molto diversa da quello che sembra.

Tra ossessioni morbose e deliranti, segreti, presenze inquietanti, omicidi, minacce, scene estranianti, passioni; nascerà una storia torbida in cui non si capirà il confine tra follia e realtà; un'agghiacciante verità che è avvolta in una fitta coltre di Nebbia, quella che circonda Manderley.

Titolo: Manderley - "Avvolta nella Nebbia"

Genere: Romance gotico, Noir, Thriller Psicologico.

                                                                Incipit:

"Non avevo capito nulla e ora mi pareva davvero incredibile. Chissà quanta gente, al mondo, aveva sofferto e continuava a soffrire perché - come me - era incapace di liberarsi dalla propria ragnatela di timidezza e ritrosia e, in preda alla follia e alla cecità, riusciva a costruirsi un muro che impediva di intuire la verità. [...] Se avessi fatto un passo avanti, Maxim mi avrebbe raccontato queste cose già quattro, cinque mesi prima."
Citazione "Rebecca, la prima moglie". Noir-Romance e giallo pubblicato nel 1938, Daphne Du Maurier, da cui ho tratto ispirazione.

Questa mia storia potete considerarla come un sequel amatoriale dell'opera.

Il protagonista è Alexander Roy James De Winter, un cugino di Maxim, il nuovo signore di Manderley.

* * * * *
Pov Alexander:

Nel nebuloso e lugubre ambiente circostante, una frescura mi accarezza le spalle coperte dall'impermeabile nero lasciando che dei brividi mi attraversino. L'indumento ondeggia al soffio del vento.

Le rocce, parzialmente celate dalla nebbia, scorrono velocemente davanti ai miei occhi cerulei, cospargendo l'atmosfera di quel impellente desiderio di allontanamento.

Strofino le mani sullo sterzo nero, animato da un'ansia che mi attanaglia, da una paura che striscia nei meandri del mio essere come un serpente e che è pronta ad avvolgermi nelle sue spire.

Spire che hanno intrappolato il respiro sottraendomi anche la più piccola stilla di ossigeno; il petto, ricoperto da una camicia azzurra, si muove freneticamente.

Il dondolio cessa a causa dello stridio delle gomme sul terreno frammentato; accosto di fronte agli alberi torreggianti in tutta la loro imponenza.

Un malessere, sempre più asfissiante, galoppa nel mio petto, pronto a strapparmi il cuore; mi appoggio al tronco.

La mascella squadrata si serra, le labbra sottili si contraggono, le pupille si dilatano, dipingendo sul viso un'espressione di terrore.

Preda di uno stato di trance e totale oblio, avanzo verso le rocce che danno sul mare.

Un mare imponente, funesto e terrificante che mi scruta come se fosse il peggiore dei demoni, come se fosse la proiezione del mostro che si materializza ogni notte catturando ogni istante, ogni secondo del sonno.