2. Capitolo II - Un torbido inc(-sco-)ontro

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Il sole, eclissato dall'imbrunire del cielo, ottenebrato dalle nuvole, ha portato via con sé il lume del caldo mattino, il calore del pomeriggio, le intense emozioni della giornata.

Dopo che quell'uomo è andato via, mi sono avviata verso l'Hotel per porre fine a questa difficile e inconsueta passeggiata.

Il freddo della notte mi punge, penetrandomi sin nelle viscere.

Ciononostante il suo sguardo ingrugnito e glaciale è indelebile nella mente; quello sconosciuto - o meglio quell'uomo - sembrava così addolorato, schiavo di un dolore incommensurabile.

Ho ancora impresso nella mente il gesto estremo che stava per compiere, per fortuna sono giunta in tempo evitando che facesse una follia.

Un signore elegante e molto attraente, di una decina d'anni più grande di me - o almeno credo.

Sobbalzo quando una folata di vento solleva le onde cioccolato dei miei capelli; delle scosse mi pervadono tuttora.

Mi domando come possa, un nobile così affascinante che ha il mondo ai suoi piedi, essere così tormentato.

Gli alberi, dall'alto della loro imponenza, torreggiano ai lati della strada creando l'immagine di un'erbetta ben curata.

Rammento le strade a cui sono abituata, così frammentate e stracolme di erbacce, totalmente in contrasto con l'albergo che sembra essere parte di una favola; una favola che oggi si è tramutata nel peggiore dei miei incubi, perchè dissuadere uno sconosciuto dal suicidio mi ha seriamente provata e spaventata.

In un grande prato circoscritto da tante palme, è situata una struttura di pietra bianca con alti colonnati rivestiti con della pietra marrone; il mio attuale alloggio di lusso, in quanto dama di compagnia della signora Luise che è una vedova.

A distogliermi da questi pensieri malinconici è lo sbattere della porta in vetro nero che costituisce l'ingresso principale.

La oltrepasso, e il magico mondo del lusso più sfavillante si estende di fronte ai miei occhi ingenui e sorpresi.

Resto estasiata di fronte all'immensità e allo sfarzo di questo luogo ogni volta, come se lo vedessi per la prima volta: delle colonne bianche sorreggono l'alto soffitto del medesimo colore, un parquet riveste il pavimento della Hall che presenta molti salottini speculari e perfettamente simmetrici.

Di questi salotti, la bellezza del tavolino in vetro nero mi cattura, si poggia su due piedi neri attorcigliati su se stessi; lo spazio intorno a quest'ultimo è delimitato da divani con imbottitura rossastra e cornici in oro.

Su uno di questi è seduta con assoluta spocchia, la signora Luise, in un abito attillato dal colore dell'oro che accentua le sinuosità un po' eccessive del suo corpo e la generosità del suo seno; con una coscia sull'altra, mi scruta con un sogghigno ancora più accentuato da un rossetto marrone.

Ha la pelle olivastra, le labbra sporgenti, gli occhi castani, i capelli legati in un elaborato chignon.

Tre grandi candelabri di cristallo, inchiodati al soffitto, rendono sfavillante la spaziosa Hall.

<< Era ora che ti degnassi di arrivare, Mary. >>, esordisce dandomi un saluto che ha ben poco di caloroso.

<< Signora Luise, buongiorno a lei. Sono seriamente dispiaciuta di averle arrecato oltraggio con il mio gesto. Volevo esplorare alcune strade di Monte Carlo e... >>, inizio a giustificarmi, cercando di non incorrere nell'ira della donna che potrebbe farmi perdere il lavoro; boccheggio per prendere tempo e decidere se dirle quanto accaduto << E mi sono persa. >>.

Manderley - &quot;Avvolta Nella Nebbia&quot;Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora