▲ 1. the meet ▼

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Un leggero ronzio si diffonde in tutta la stanza. Mi ricorda molto il suono metallico e persistente della sveglia, un suono che non sentivo dalla bellezza di due mesi e mezzo.

Allungo la mano nella speranza di riuscire a prendere il telefono per spegnerla, ma non riesco ad orientarmi a causa del buio e impreco sottovoce perché non riesco più a sopportare quello che ormai è divenuto un frastuono.

Il suono si ferma all'improvviso e io non posso fare altro che rigirarmi nel letto e tornare a dormire, sollevata che la "sofferenza" sia finita.

Non m'importa chi o come l'abbia spenta, voglio solo cercare di riprendere sonno.

Al pensiero che fra meno di una settimana dovrò svegliarmi alle sei mi viene il voltastomaco.

Infilo la testa sotto il cuscino e aspetto che Morfeo mi reclami in uno dei suoi sogni.

Siamo ai primi di settembre e il caldo estivo ci sta pian piano abbandonando lasciando il posto a leggeri venticelli si insinuano sotto i vestiti, provocando una serie di brividi lungo la schiena.

Non amo molto questo periodo dell'anno perché non ho idea di come vestirmi: ci sono giorni in cui il tempo è mite tutto il giorno; altri invece in cui esci la mattina e ti ritrovi in inverno inoltrato con tempesta e vento a completare il tutto poi esci da scuola e hai talmente caldo che ti sembra di essere in una delle spiagge della Jamaica a prendere il sole.

Sento che qualcuno mi tira via le lenzuola e la luce invade la stanza.

Mi alzo di scatto, come se mi avessero versato addosso un secchio d'acqua fredda, e vedo tutto sfocato a causa del risveglio improvviso.

Mi strofino gli occhi cercando di vedere in modo nitido ciò che ho davanti e riesco a distinguere mio fratello a pochi centimetri di distanza da me con le lenzuola in mano e un sorriso compiaciuto sul volto.

Appena vede il mio sguardo posarsi sul di lui con un'espressione per nulla amichevole lascia andare le lenzuola e alza le mani come a dire "non è stata un'idea mia".

Apro la bocca per digliene quattro ma lui scappa prima che possa dire una sillaba.

Entra mia mamma dal balcone e si ferma davanti al letto. Incrocia le braccia sul petto e inizia a sbattere il piede sul pavimento come quando è arrabbiata.

Ma che cazzo sta facendo? Siamo in vacanza per Dio!

"Ma che diavolo ho fatto stavolta?" Dico di scatto.

Il mio volto mostra palesemente i dubbi che si stanno insinuando nella mia mente. Non sono sonnambula e di notte mi alzo solo quando sto male, per cui non capisco cosa cazzo ho fatto mentre dormivo. Che io sappia non parlo neanche, quindi non dovrei aver detto nulla di compromettente o offensivo.

"Guarda la sveglia Alex." Dice lei.

Il suo tono di voce è calmo, troppo calmo in confronto allo sguardo assassino che mi rivolge.

Mi volto e prendo il telefono: 7:30.

"E ora?" I dubbi continuano ad aumentare e capisco sempre meno dove vuole arrivare.

Ieri pomeriggio ho controllato sul calendario e la scuola dovrebbe iniziare fra una settimana esatta. O almeno così credo.

"A QUEST'ORA DOVRESTI ESSERE IN FERMATA DIRETTA VERSO LA SCUOLA! Se oggi non arrivi puntuale finisci subito in punizione, ricordatelo." Dal tono con cui ha parlato e dalla rabbia con cui sbatte la porta dietro di sè deduco che non è uno dei suoi soliti momenti di nervosismo passeggeri.

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