CAPITOLO I

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Era notte, la luna si abissava tra le nere nuvole. La pioggia era talmente fitta da non permettere la visione della strada deserta che stavamo percorrendo io e il mio autista su una porsche nera con i cerchioni d'acciaio.  Il vento si scontrava contro il veicolo e creava un così forte sibilo che dovevo mettermi le mani contro le mie orecchie per alleviare un pò il suono. Il signore, che guidava la mia auto, era un uomo di mezza età abbastanza massiccio e minaccioso. Il suo sguardo ti penetrava e ti provocava disagio. Sulle labbra si poteva osservare una cicatrice, proprio come nel occhio destro; i suoi capelli erano più neri di quella notte. Il suo abbigliamento era simile a quello di un mafioso di una certa importanza. Se mi ricordo bene il suo nome era Frank. Pur avendo una sembianza molto minacciosa, era molto bravo nel suo lavoro ed era gentile. Frank, anche se non riusciva a vedere la strada, non ha mai sbandato. Nella fitta nebbia, sono riuscita a scorgere il cancello della dimora a cui la mia associazione mi aveva spedito per un preciso scopo. Lui è molto esigente sul lavoro e se sbaglio di certo mi punirà. CIO' NON DOVRA' MAI ACCADERE. Le sue parole prima della mia partenza sono state: "Il mondo è una rosa piena di spine che noi dobbiamo levare. Tn togli le spine per me!" Nessuno può contraddire un suo ordine e manco chiedere spiegazioni. Quali spine devo togliere? Dannazione perchè non è mai preciso su quello che dice. Lui e la sua poesia di merda. Mentre pensavo ciò, il cancello si era aperto e il conducente mi ha gentilmente chiesto di scendere dal veicolo. Ho aperto l'ombrello trasparente e ho preso la mia valigia con pochi indumenti dal bagagliaio. Frank, appena ho preso il bagaglio, se ne andato lasciandomi davanti a un cancello sconosciuto a cui non sapevo cosa avrei trovato appena superato. Mi sono presa coraggio e ho superato quel vecchio cancello che stava per cadere. Il freddo mi stava penetrando le ossa, anche se mi stavo muovendo. Mi sono avvolta nella mia sciarpa e ho iniziato a correre dentro, seguendo una stradina fatta di sassi. Dopo qualche metro ho sentito un rumore provenire dal cancello. Il sangue si fermò per un istante. Anche se ero curiosa ma allo stesso tempo spaventata, non sono andata a controllare e ho continuato a correre verso un riparo. Dopo cinque minuti, mi sono ritrovata davanti a una porta massiccia alta come due persone. Le sue due maniglie erano a forma di ferro di cavallo. Queste erano ricoperte da una fitta ragnatela con due ragni rinsecchiti inglobati da dei bozzoli fatti di questo filo appiccicoso. Ho bussato un paio di volte ma senza risposta. Dopo un po' di tempo che ripetevo questa azione, la porta si è aperta improvvisamente con un scricchiolio che sembrava forzato. Quella dimora era cupa e minacciosa. Sembrava disabitata dall'esterno, ma, dopo aver sbirciato dalla apertura quasi minima della porta, ho visto che l'interno era pulito e ben arredato come se fosse un castello mascherato che non vuole rivelare la propria essenza. Ho preso coraggio e mi sono inoltrata all'interno. L'ingresso era molto ampio e possedeva due capitelli ionici. Ho alzato lo sguardo e mi sono sentita una formica dinanzi a quel soffito che sembrava infinito a causa alla sua altezza. Un lampadario lussuoso fatto di cristallo pendeva da quel soffitto. La luce che produceva era abbastanza fioca. Qua mi sono tolta le scarpe, per non sporcare il pavimento di legno che sembrava appena lucidato, e ho accasciato l'ombrello e il bagaglio sul muro accanto la porta. Più avanti dell'ingresso, c'era un'ampia scala con i corrimano fatti di un legno pregiato. Mi sentivo fuori luogo. Questa casa era fin troppo ricca di particolari, ma allo stesso tempo mi sentivo minacciata da qualche presenza che non riuscivo a vedere. Ho iniziato a dire ad alto volume: "C'è qualcuno?" Nessuno mi ha risposto. "Qualcuno riesce a rispondermi?" Ancora nessuna risposta. "Mi scusi di esser entrata prima che mi abbia dato il permesso. Mi ha mandato qua il mio capo. Posso parlare con qualcuno?" Nessuna anima viva ha risposto. "C'è qualcuno in casa?" Mi sentivo a disagio. Nessuno mi rispondeva. Così ho pensato: e se fosse morto la persona che viveva in questa casa, cosa dovrei dire a quell'uomo? Mi punirà? E se fosse una trappola?. Non riuscivo a rispondermi. Il mio cervello stava analizzando qualsiasi opzione e cercava quale potrebbe essere quella più adatta alla situazione. Ho iniziato a vagare per la casa per vedere se trovavo qualche corpo. Davanti alle scale ho notato che, ai suoi lati, cioè dietro ai capitelli, c'erano due enormi stanze senza porte. A sinistra c'era una specie di sala da pranzo con un enorme tavola lunga, quanto la macchina che mi aveva accompagnato, al centro. Questa stanza era piena di finestre che arrivavano fino al soffitto. A destra, invece, c'era un salotto. Aveva tre ampi divani a tre posti dal color ciano chiaro. Sul divano, che si poteva vedere alla fine dell'ingresso, c'era un ragazzo, dall'aspetto di un adolescente e dai capelli dal color fuoco, che sembrava stesse riposando su esso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 03, 2021 ⏰

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