Capitolo 1

17 2 0
                                    

Sono passati anni ormai, eppure ancora oggi riesco sentire la tua voce urlare il mio nome tra il frastuono dello stridio degli pneumatici e quella strana sensazione di vuoto interrotta da un boato che risuonava tra le luci e la paura di quell'attimo.
Quella notte.
Quella notte fu la peggiore di tutta la mia vita, la notte in cui mi fu strappata l'unica cosa che mi faceva sentire ancora viva. Quella notte sono morta insieme a lui.

Suona la sveglia.
È un altro giorno in una vita che non sento più mia. A volte vorrei che quella notte...

"Evie! Dove sono i miei fottutissimi calzini?! Farò tardi a lavoro" sento mio padre urlare frettolosamente girando per casa in preda al panico ma consapevole del suo ennesimo ritardo a lavoro.
Mio padre non cambia mai, va sempre di fretta..magari perché, come me, la mattina proprio non riesce a non staccare la sveglia poiché infastidito dal frastuono. Eppure anche se molte volte litighiamo per l'evidente senso di disordine che ci accomuna e che riveste la casa, lui è la ragione per cui ancora non ho ceduto agli oscuri pensieri che mi affliggono costantemente.
Lui è stato l'unico che ha offerto la sua spalla affinché io potessi piangerci fino all'ultima lacrima.
Lui è stato l'unico ad essermi rimasto accanto nonostante quello che sono diventata.

Lo raggiungo in cucina e come al solito, anche stavolta solo un caffè per colazione.

"Papà dovresti smetterla di bere così tanto caffè." gli dico quasi rimproverandolo.

"Evie, papà ti vuole tanto bene..ma sul caffè non si discute lo sai! Non so come farei senza una buona tazza di caffè caldo prima di andare a lavoro" dice guardando quasi innamorato quella virilissima tazza fumante di Winnie The Pooh..

"Papà non sei un po' grande per quella tazza? Ahahahahah" scoppio in una risata quasi isterica

"E tu non dovevi andare a scuola?"
mi chiede, con uno pseudo-sguardo minaccioso ma al contempo ironico

Ma io proprio non volevo andarci..ormai da quella notte la mia vita non può più continuare, non avrebbe senso..

"Papà..io in realtà non ci riesc-" mi interrompe

"Va bene allora vieni con me a lavoro, almeno posso sfruttarti un po' e poltrire comodamente mentre ti guardo sgobbare al posto mio" ridendo soddisfatto solo all'idea.

"Allora dovresti pagarmi!" dico io ridendo.

Londra sembra così fredda ultimamente ed io non riesco a capire questa strana sensazione.
Passeggiavo per quel malinconico parco alla ricerca di un qualcosa che sciogliesse quel groviglio di pensieri che dominava la mia mente. Le foglie affondavano adagiandosi lentamente al suolo, consapevoli di aver toccato il fondo..quasi suggerendomi la fine che avevo raggiunto anch'io. Osservavo le persone, ignare della mia sofferenza, sorridermi passandomi affianco.
Perché sono così felici? Qual'è la ragione che li fa andare avanti?

Camminavo senza neanche guardare la strada, ormai ero solo lo spettatore di quella vita.

"Scusa! Non volevo.." un improvviso urto alla spalla sinistra mi teletrasportò nella realtà e incrociai quei gli occhi..quegli occhi che si spensero quella notte. Il cuore smise di battere, i polmoni bramavano aria..ed io mi pietrificai.
Per un attimo, un solo attimo.

"Hey, stai bene?" mi disse quella voce che  sentivo a malapena.

"Si, è che..." cercavo di spiegare il motivo per cui ero rimasta a fissarlo..ma non ci riuscii.

"Nulla, non preoccuparti sto bene" lo rassicurai

"Oh che sollievo, per un attimo ho pensato di averti ferita o spaventata a morte." riprese fiato e imbarazzato aggiunse.
Certo come poteva sapere che quella battuta non era per niente adatta.
"Sai è che sono parecchio maldestro, avrò passeggiato tra questi alberi così tante volte..ma ancora mi ci perdo dalla tanta bellezza"

Non risposi subito, lo osservai per un attimo e nella delusione di non aver rincontrato lui, mi sentii al quanto meravigliata.
Era un ragazzo davvero particolare.
Si sistemava quei riccioli neri con la mano sinistra palesemente imbarazzato per il "disagio" che aveva creato.
Nascondeva l'altra mano nella tasca dei jeans neri che indossava con disinvoltura.
La sua postura, se pur leggermente goffa al momento dell'impatto, era a dir poco notevole. Indossava divinamente quel giubbotto di pelle marroncino e quella maglietta nera.
Aveva un bel viso davvero rassicurante, delle labbra molto grandi e un sorriso così caldo.

"Non preoccuparti, sto bene e poi anche io sono parecchio imbranata ahahahah" ridacchiando imbarazzata.

Per un breve attimo ci fu un silenzio imbarazzante, era palese che entrambi non trovavamo altre parole da aggiungere a quella breve e casuale conversazione ma la sua presenza non so perchè distoglieva la mia attenzione da quello che stavo provando qualche attimo prima.

"Che ci fa una ragazza così carina da sola in questo parco?" disse evidentemente poco convinto di quello che aveva appena pronunciato.

"Beh in realtà questa domanda dovrei fartela io." dissi io altrettanto insicura.

Annuì arrossendo leggermente.
Mi decisi a rompere il ghiaccio, non era da me ma non so per quale motivo dalle mie labbra uscì..

"Forse perché questo posto fa incontrare persone carine che passeggiano da sole."

Ecco finalmente avevo pronunciato quelle parole ed ero tutta rossa, cercavo di distogliere lo sguardo dal suo per l'imbarazzo ormai tangibile nell'aria.

"Bel modo di chiedermi di passeggiare insieme.." disse lui sorridendo.

IN THE NIGHTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora