Kiss

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Apro gli occhi e guardo per qualche secondo il soffitto mentre lascio che i ricordi della scorsa notte mi sommergano la mente. Mi tocco istintivamente le labbra e ripenso a quelle di Tate sulle mie.
Il mio corpo improvvisamente va a fuoco mentre penso alle sue mani su di me. Lascio uscire un sospiro dalla mia bocca, non riuscendo a trattenerlo. Rifletto e ho paura che tutto quello che è successo sia stato solo un sogno, un sogno incredibilmente reale.
Poi mi volto e lo vedo: è accanto a me, gli occhi chiusi e le labbra serrate. Non ha il solito cipiglio arrabbiato sul volto e sembra tranquillo. Stringe nuovamente le braccia intorno alla mia vita e non mi lascia andare. Io non voglio che lui lo faccia.
Gli tocco i capelli biondi e con le dita accarezzo il profilo del suo viso, dalla fronte alle sue labbra carnose.
Sbatto le palpebre, aspettandomi la sua scomparsa da un momento all'altro, come ha sempre fatto. Ma lui è ancora lì, accanto a me.
Immerge il viso nell'incavo del mio collo e la sua mano sta cercando la mia.
Gliela stringo e sono intenzionata a non lasciarla mai.
-Non fermarti- sussurra con la voce ancora impastata dal sonno.
-Cosa?- chiedo dolcemente.
Penso che sta semplicemente sognando ma quando apre un occhio capisco che è sveglio. Prende con dolcezza la mia mano e la trascina vicino alla sua bocca, il contatto delle sue labbra sul palmo della mia mano mi fa infuocare.
Dopo mette la mia mano sulla guancia.
-Non smettere di accarezzarmi- dice ma sembra una domanda più di una richiesta.
Annuisco e continuo a sfiorare le sue guance fredde delicatamente come se un movimento brusco potesse ucciderlo.
Cerco di alzarmi dal letto, ricordandomi che fra qualche minuto sarebbero state le sette. Cosa succederebbe se vedessero Tate qui?
Tate mugugna qualcosa prima di lasciarmi andare. Mi fissa mentre cerco di sistemarmi i capelli e i vestiti spiegazzati.
Lo sento ridere e lo guardo interrogativa.
-Sei in un manicomio e pensi a come potresti apparire?- mi deride e noto una punta di dolcezza nella sua voce.
Mi inginocchio sul letto e mi piego verso di lui. Tate sgrana gli occhi e lo sento sogghignare.
-Questo non vuol dire che non deve più importarmi di me stessa, sai?-
-Sei bellissima-
Mi ruba un bacio portando entrambe le mani sul mio volto. Apro la bocca per far sì che le nostre lingue si tocchino e porto le mani sui suoi capelli tirandoli leggermente. Tate geme e continua il suo leggero assalto sulle mie labbra.
Quando cerco di alzarmi, per paura che l'infermiere possa entrare da un momento all'altro, Tate mi afferra per i fianchi e mi stringe a sé.
Sono seduta su di lui e mi sento come se stessi morendo lentamente, fra le sue braccia.
Sento la mano di Tate sotto il mio vestito, sta giocando con il laccetto del mio reggiseno e sorrido sotto le sue labbra. Le sue mani fredde mi sfiorano la schiena delicatamente e sento i brividi farsi largo lungo la mia spina dorsale, sto soffrendo sotto il suo tocco delicato mentre il mio corpo esige sempre di più.
Sento il rumore delle sbarre che cigolano, segno che gli infermieri stanno entrando per aprire le celle.
-Oddio- strillo alzandomi dal letto.
Tate ride mentre rimane seduto sul letto, come se niente fosse.
-Devi andartene, subito- sbraito, impaurita.
Lo guardo alzarsi dal letto e quando è in piedi mi sento completamente in soggezione sotto la sua altezza. Si avvicina a me e prima di andarsene mi lascia una serie di baci lungo la mascella.
-Vai- borbotto ancora scossa.
-Ci vediamo dopo- dal tono in cui lo dice sembra una minaccia, ma poco mi importa.
Sparisce oltre la porta e la cella che fino a qualche secondo fa mi sembrava la stanza più bella del mondo adesso è tornata ad essere buia.
Il mondo intorno a me ha perso colore, di nuovo.
Mi siedo sul letto e cerco di sembrare normale, mentre provo a far tornare il mio cuore ad un battito regolare.
Dopo qualche minuto che sembra infinito, vedo la porta aprirsi e con mia grande sorpresa scruto Daniel farsi largo nella stanza. Balbetto parole incomprensibili e mi stringo le braccia al petto, incapace di dire qualsiasi cosa. Lo vedo avvicinarsi con un vassoio in mano dove è riposta la mia colazione. La poggia sul letto e dopo avermi guardato profondamente esce dalla stanza lasciandomi nuovamente da sola.
-Quando hai finito esci da qui- dice, poi chiude la porta.
Prendo il cibo fra le mani ma non riesco a mangiarlo; sono successe così tante cose in questi giorni che sento la mia testa girare continuamente.
Sono successe più cose in questi giorni piuttosto che in questi cinque mesi che sono qui.
Cinque mesi.
Rabbrividisco e lascio il cibo che stavo per mettere in bocca. Ripongo tutto nel vassoio e mi alzo dal letto, abbassandomi la veste azzurra.
Vado fuori, con lo sguardo rivolto ai miei piedi ed appena esco dalla cella sento lo sguardo di Daniel su di me.
Non mi sono mai sentita così a disagio davanti a lui e l'esigenza di averlo nella mia vita è diminuita da quando ho baciato Tate.
Tate.
Sorrido mentre ripenso a quel ragazzo tanto strano quanto affascinante che adesso è diventato indispensabile nella mia vita.
Vengo portata nella sala comune e durante il tragitto nessuno dei due dice niente. Non so se sentirmi rilassata o sotto pressione con lui.
Quando entriamo la canzone Dominique mi entra nel cervello e vengo assalita da Shelly, una ragazza apparentemente troppo vivace per i miei gusti. Continua a girarmi attorno, mi tocca i capelli rossi e li guarda attentamente.
-Anche io una volta avevo i capelli di questo colore- sussurra e poi li lascia cadere sulla spalla.
Io sorrido e gli accarezzo la mano.
-Poi quello stronzo dietro di te me li ha tagliati. Bastardo!- urla sbattendo i piedi sul pavimento.
Daniel sembra incazzato ma poi diventa improvvisamente calmo.
-Sedala- dice ad un infermiere poco lontano da noi.
L'infermiere più giovane annuisce e curvando le spalle porta via Shelly.
La mia espressione è incredula, guardo Daniel in cerca di una spiegazione.
Lui scuote le spalle e mi supera.
-Cosa cavolo ti passa nel cervello?Non stava facendo niente di male!- grido attirando l'attenzione degli infermieri e delle suore intorno a noi.
Daniel si gira e si avvicina pericolosamente a me.
-Devi smetterla di urlare se non vuoi che sedino anche te- sorride beffardo, in quel momento non sembra il Daniel che mi è stato vicino in tutti questi mesi.
-La vera domanda è: cosa ti passa a te nel cervello. Hai già dimenticato quello che quel pazzo mi ha fatto, vero?- sussurra e mi afferra il polso facendomi sedere, per non attirare l'attenzione di tutti.
-L'ho visto uscire dalla tua cella. Oh, non posso crederci- continua indignato.
Non so cosa dire e resto zitta, impalata di fronte a lui.
-Non sono fatti che ti riguardano- borbotto, difendendo il mio ego.
Mi guarda assottigliando gli occhi, poi si inginocchia.
Dal modo in cui i suoi occhi si posano su di me sembra distrutto.
-Mi dispiace essermi comportato in questo modo con te. Perdonami- dice e rimango sorpresa.
Sicuramente era l'ultima cosa che pensavo dicesse.
Annuisco e sorrido, ancora scossa.
-Puoi andare adesso, grazie- sorride Tate.
Daniel annuisce e con la guerra negli occhi se ne va.
-Pensa che sono un fottuto bastardo- sorride e si siede accanto a me.
Io annuisco, ancora scossa da tutto quello che é successo.
Tate mi guarda profondamente e io faccio lo stesso.
-Usciamo da questo posto prima che ti salgo addosso sotto gli occhi di tutti-
Sbatto le palpebre incredula, mentre ripenso alle sue parole nella mia testa.

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