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non si è mai nessuno fermato a chiedermi perché mi sentissi così a disagio.
mangiare, spogliarmi, indossare abiti aderenti, presentarmi ad altre persone, sentire voci esterne...

continuo a cercare un qualcosa in cui io possa identificarmi, una risposta, un disordine con il quale forse potrei spiegare queste mie paure.
sono certa i traumi non centrino in questi tremendi momenti, solo che vorrei sapere perché deve essere così difficile capire da sola la fonte delle mie angoscie, raccogliermi con le mie mani in certe situazioni appare come sorseggiare il brodo con una forchetta.

dicono di parlarne con qualcuno.
e se la risposta una volta fatto il monologo delle mie preoccupazioni fosse: "non so come aiutarti, non riesco a capirti"; o se il problema fosse proprio quello di chiedere aiuto, di parlare.

...mi aggrappo con le braccia al capo stringendo i capelli fra le dita come se dovessi strapparli, con le lacrime che cadono a terra per il mio continuo fissare il pavimento pur di non sentire altre presenze.
mi chiedono cosa c'è che non va, ipotizzando teorie totalmente lontane dal mio modo di ragionare.
provo ad alzare la voce, a farmi forza, dire che è quello che sta fuori a me a causarmi questa sottospecie di panico e non è così semplice dover sopportare il continuo sentirsi ripetere di "fottersene di ciò che non è noi per non avere il rimorso di aver gettato la propria vita per pensieri futili".
i problemi non verranno risolti così, almeno i miei. probabilmente anche i tuoi.

non scrivo perché poi c'è chi legge, non parlo perché c'è gente che si fa idee, il giudizio forse è colui che temo maggiormente.

mi sento così sotto pressione anche da chi non sembra voler nulla.

non voglio la gente mi guardi, che parli di me.

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