Capitolo 5: La cucina e i suoi ingredienti

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La luna osserva con i suoi occhi immortali la terra, indifferente alle tragedie umane e disdegnosa della felicità altrui. La vicinanza di Nazli mi fa trasalire. In un modo o nell'altro cerco di sfiorare almeno le sue mani. Il mio non è semplice desiderio di contatto...no...è qualcosa di molto più intimo. È come se la pelle mi si staccasse perché non riconosce più le mie ossa, i miei muscoli come propri e andasse alla ricerca del suo corpo primordiale. È come se ogni poro dell'epidermide si sentisse incompleto, un essere informe che ad un certo punto avverte la possibilità di ribaltare la situazione. La pelle di Nazli è un richiamo irresistibile che spinge l'uomo Ferit a compiere quella che per i rettili si chiama muta. Come un serpente che si aggroviglia al palo e si stringe ad esso per costringere il suo corpo a liberarsi della sua vecchia pelle e con un estremo grido di dolore si rinnova, così il corpo della mia anima si stringe a quello di Nazli, lo avvolge, iniziando a pregustare il doloroso grido di liberazione. E lei? Lei semplicemente viva, calda, umana incantatrice di quello che un tempo era tra i rettili più pericolosi. Una folata di vento e il sibilo del telefono mi riportano alla realtà. Bulut...la sua voce nitida al telefono mi fa sobbalzare. È caduto ed è stato portato in ospedale. Con Nazli al mio fianco, divoro i chilometri che dividono la mia casa dall'ospedale, cavalco le scale e irrompo nella camera della profonda tristezza di un bambino.

Lo spavento della caduta cede il posto allo strazio del cuore davanti all'infinita solitudine di Bulut. Lo vedo, piccolo, sul letto che al solo nostro comparire riprende colore, si anima e sorride. Capisco come la cattiveria umana possa arrivare a sacrificare la felicità di un bambino per soddisfare la propria ambizione. Non è così che Demet si guadagnerà il riscatto agli occhi del mondo. Assolutamente no!

Mi scaglio con violenza su Demet e mi infiamma la sua tranquillità davanti ad un incidente che lascia visibilmente trapelare una tragedia molto più profonda. Come può una donna non rendersi conto della sofferenza di un bimbo costretto a sentirsi estraneo alla vita nel momento stesso in cui questa dovrebbe accoglierlo di più? Le parole diventano lame lanciate senza esclusioni di colpi da entrambe le parti. Nazli solo mi riporta alla calma, restituendo Bulut alla tranquillità. Preso dalla rabbia, infatti, non avevo pensato che Bulut potesse soffrire ancora di più nel vedere due zii litigare in quel modo. Esco dalla stanza pronto a vomitare l'altra parte di rabbia anche su Hakan che per fortuna non tarda a venire. Solo il sopraggiungere del dottore con il risultato della radiografia getta acqua sul fuoco che mi è divampato dentro.

Sulla strada del ritorno, in macchina, trovo la pace. Nazli, seduta al mio fianco mi parla e quella voce entra in ogni parte della mia mente arrivando dritta al cuore. Oh, Nazli! Come vorrei che la strada fosse infinita. Invece la macchina divora maledettamente l'asfalto e dopo un po' mi ritrovo con la mia usuale compagna...la solitudine. Questa volta, però, sento che c'è qualcosa di diverso. Lo sguardo dolce di Nazli, le sue parole, quella sua bocca sorridente non vogliono abbandonarmi. Come un sortilegio mi si aggrappano al collo dell'anima, la soffocano ed essa languisce ma felice di farlo. Un ultimo sguardo...il suo nel mio.

Lungo la strada verso casa chiamo la signora Iqbal. L'incidente sarà un'ottima prova da esibire nel prossimo incontro in tribunale. Userò ogni arma in mio possesso per riottenere Bulut. La notte lascia subito posto al giorno. Ripenso alle parole di Nazli in macchina e, come avvertendo in esse un invito, decido di prenderle alla lettera.

Oggi lavorerò da casa. In realtà la voglia di vedere Nazli con la sua normalità irrompere nella mia mi fa impazzire di curiosità. È una calda mattina di sole e voglio godermi la sua presenza. La mia proverbiale freddezza è messa a dura prova dall'attesa di lei. A dire la verità io stesso mi sorprendo della mia anima troppo eccitata. Sono sensazioni mai provate che mi destabilizzano ma nello stesso tempo mi attraggono. Sono in cucina e lei irrompe. Il suo arrivo ha la stessa forza di un uragano quando impatta qualcosa. Spalanca i suoi occhi e sorride. Il cuore mi si apre. Fremo ma ho voglia di metterla in imbarazzo un po'. Godo nel vederla arrossire o farfugliare mille parole in attesa di esprimere quello che in realtà potrebbe dire con pochissime sillabe. È sorpresa nel vedermi ancora in casa, ma lo stupore cede il passo all'imbarazzo quando mi vede sedere in cucina. Rido dentro me vedendo la sua agitazione. Mi diverte solleticarla utilizzando come arma le sue stesse parole. Fruga nei cassetti, apre ante e afferra oggetti ed è come se le sue mani frugassero le mie viscere, spalancassero il mio corpo e afferrassero tutto ciò che vi è in esso per potervisi adagiare. Oh, sì, Nazli, lascia che quelle mani diventino parte di me. Entra, Nazli e rovista nella mia anima. Troverai il grembiule della mia disponibilità, gli arnesi delle mie passioni, gli ingredienti delle mie emozioni e cuoci tutto a fuoco vivo mescolando con i tuoi occhi e assaporando con la tua bocca tutto me stesso. Si agita mentre rivendica libertà di azione nella mia cucina. Ferit Aslan, dove sei finito? Una tua dipendente reclama autogestione nel tuo regno e tu ti diverti? Resisto e faccio un po' il duro ma è evidente la mia ilarità. A dire il vero faccio fatica a trattenermi dal ridere.

Sotto la pelle di Aslan n.1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora