- Ophelia
-"In principio non c'era nulla. Solo oscurità, da qualunque parte si volgesse lo sguardo. Poi una luce era comparsa infondo a quell'infinito tunnel chiamato Universo, ed erano nati gli Eterni"-
-Quali erano i loro nomi, papà?-
-Oh beh, erano davvero tanti. C'era Ikaris, il più potente di tutti. Dei raggi laser gli fuoriuscivano dagli occhi, e sapeva volare più in alto delle nuvole. C'era Thena, la guerriera migliore che il mondo abbia mai conosciuto. Sai, si raccontava che fosse la reincarnazione della dea Atena-
-E lo era davvero?-
-Questo non possiamo saperlo, Ophelia-
La bambina arricciò il naso, guardando il padre dritto negli occhi.
-Ma io voglio saperlo- replicò, incrociando le braccia al petto. Il padre fece un sospiro, allungandosi verso la scrivania e prendendo un foglio di carta. Prese una matita e iniziò a disegnare, sotto gli occhi curiosi di Ophelia. Quando ebbe finito, glielo lasciò ammirare.
-Ecco, lei era Thena. Ora sta a te decidere se era veramente la reincarnazione di Atena o era tutta una finzione-
Sul foglio aveva disegnato una donna, dal viso bellissimo e crudele come quello di un leone, i lunghi capelli biondi che si intrecciavano con la lama a doppio taglio della sua spada trasparente.
-Questa signora sì che mi sembra una dea- decretò alla fine, facendo ridere il padre.
-Oltre a lei c'era Sersi, erede di Ajak. C'erano Gilgamesh, Kingo, Phastos e Sprite...-
-Sprite? Come la bibita?- lo interruppe nuovamente Ophelia.
Il padre rise di nuovo, scompigliandole i capelli. David Morgenstern era sempre stato un uomo solare, sorridente e spensierato. Amava i racconti, amava viaggiare con la fantasia, ma soprattutto amava farlo con sua figlia.
-Esatto, come la bibita. Solamente che, nel nostro caso, Sprite era una ragazzina, di qualche anno più grande di te. Aveva dei folti capelli rossi, sempre in disordine, ed era destinata a rimanere per sempre della sua età-
-Quindi non può crescere mai?-
-No, mai-
-Neanche tra mille anni?-
-Sprite ne ha ancora più di mille, Ophelia. Ed ha sempre la stessa età-
-Wow- commentò alla fine, mentre il padre si alzava in piedi. Lei lo fermò subito, circondandogli il polso con le dita.
-Aspetta, papà- disse -ne hai scordato due-
-Oh, ma certo- rispose lui, battendosi il palmo della mano sulla fronte -come posso essermene scordato. Gli ultimi due Eterni sono anche i miei preferiti-
Si sedette accanto ad Ophelia, sistemandole con cura le coperte.
-Druig e Makkari. Makkari era più veloce della luce, poteva percorrere l'intera superficie dell'America in un nano secondo. E Druig, invece, sapeva controllare la mente degli umani a suo piacimento. Avrebbero fatto di tutto, se solo lui glielo avesse comandato. Ma questo suo potere comportava anche delle grandi rinunce. Per anni e anni è restato a guardare noi umani combatterci a vicenda, distruggere civiltà, rovesciare governi. Se solo Druig avesse voluto, nulla di tutto questo sarebbe successo-
-E perché non ha fatto niente?-
-Perché il suo compito non era quello di interferire con le vicende degli umani, bensì di aiutarli ad evolversi-
-Papà, perché parli di tutti gli Eterni al passato? Non avevi detto che erano immortali?-
-Si l'ho detto, ed è la verità. Gli Eterni non possono morire, ma possono essere uccisi. Ma nessuno di loro è morto, per quanto ne so io. Sono semplicemente scomparsi, nessuno ha più sentito parlare di loro-
Nella stanza calò un silenzio perfetto, che venne interrotto solo quando la madre di Ophelia entrò nella stanza.
-David, le stavi raccontando un'altra delle tue storie?- chiese, avvicinandosi al marito.
-Si, Alix. Questa sera le ho presentato gli Eterni- rispose lui, un grande sorriso stampato in faccia.
-Gli Eterni?- ripeté lei, inarcando un sopracciglio.
-Si, gli Eterni! Sono dei supereroi fortissimi ed immortali, ma nessuno li vede più da tanto tempo...- continuò Ophelia, imitando il sorriso di David.
Alix rise piano, avvicinandosi alla figlia e lasciandole un bacio sulla fronte.
-Tesoro, queste sono solamente delle storie. Lo sai, vero?- le disse.
Gli occhi della bambina si oscurarono, come se una nuvola di pioggia le si fosse posata davanti.
-Si che lo so. Ma io ci credo comunque-
-Ma non sono reali-
-Per me si-
La donna sospirò, sorridendo comunque.
-La fantasia è una malattia dalla quale tuo padre non è riuscito a guarire, dalla quale quasi nessuno è riuscito a guarire. Ma devi pensare alla realtà, Ophelia, devi restare con i piedi ancorati a terra. La fantasia può essere una cosa bellissima, ma il mondo reale sarà comunque pronto ad accoglierti, quando riaprirai gli occhi-
-Lo farò, mamma. Promesso- tagliò corto la bambina, sforzandosi di sorridere.
Ho una malattia che si chiama fantasia: porta quasi all'eresia ed è considerata pazzia... e per fortuna io lo sono! Ti svelo un segreto: tutti i migliori sono matti.
Lanciò uno sguardo al libro poggiato sul comodino, che il padre le aveva regalato per il suo decimo compleanno. Aveva una sgargiante copertina multicolore e il titolo scritto a caratteri dorati: "Alice nel Paese delle meraviglie". Non appena lo aveva preso tra le mani, aveva subito capito che quel libro sarebbe diventato il suo preferito. E così era stato. Desiderava così tanto vivere un'avventura come quella di Alice, trovare qualcuno o qualcosa nella noiosa normalità della sua vita che l'avrebbe stravolta completamente. Ma, fino a quel momento, gli unici viaggi fantastici che aveva fatto erano stati quelli nella sua mente.
-Buonanotte, mamma- disse, mandandole un bacio con la mano. -Buonanotte, papà- continuò, dedicandogli il sorriso più vero che riuscì a fare.
Alix uscì dalla porta, mentre David indugiò ancora un secondo sull'uscio.
-Ricorda, Ophelia- sussurrò, guardando la figlia negli occhi -tutti i migliori sono matti- e uscì, lasciando dietro di sé un vago profumo di lavanda, probabilmente proveniente dai vestiti appena lavati che aveva indossato.
Quella notte, Ophelia sognò gli Eterni. Sognò ognuno di loro, e sognò se stessa insieme a loro. Sognò e avrebbe desiderato non svegliarsi mai più, pur di vivere la sua avventura.

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𝐇𝐔𝐌𝐀𝐍 ,, druig
Fanfiction"𝘐𝘯 𝘱𝘳𝘪𝘯𝘤𝘪𝘱𝘪𝘰 𝘯𝘰𝘯 𝘤'𝘦𝘳𝘢 𝘯𝘶𝘭𝘭𝘢. 𝘚𝘰𝘭𝘰 𝘰𝘴𝘤𝘶𝘳𝘪𝘵𝘢̀, 𝘥𝘢 𝘲𝘶𝘢𝘭𝘶𝘯𝘲𝘶𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦 𝘴𝘪 𝘷𝘰𝘭𝘨𝘦𝘴𝘴𝘦 𝘭𝘰 𝘴𝘨𝘶𝘢𝘳𝘥𝘰. 𝘗𝘰𝘪 𝘶𝘯𝘢 𝘭𝘶𝘤𝘦 𝘦𝘳𝘢 𝘤𝘰𝘮𝘱𝘢𝘳𝘴𝘢 𝘪𝘯 𝘧𝘰𝘯𝘥𝘰 𝘢 𝘲𝘶𝘦𝘭𝘭'𝘪𝘯𝘧𝘪𝘯𝘪...