Come aveva fatto ogni mattina negli ultimi trent'anni, anche quel giorno il professore Rodolfo Wilcock era entrato salutando i suoi giovani studenti senza parlare, ma solo sorridendo loro con un braccio appena sollevato. Aveva appoggiato la sua cartella di cuoio sulla grande cattedra e si era accomodato sulla sedia in legno, pronto a trasmettere i suoi appunti al grande portale delle evocazioni alle sue spalle, prodigio della tecnologia quantistica applicata alla didattica e vero orgoglio di quell'istituto universitario.
Quello però era un giorno speciale, in cui tutto sarebbe cambiato per sempre e ciò che aveva intenzione di fare era la conclusione di una lotta durata mesi, tra la sua coscienza di insegnante e le emozioni del suo animo. Allora si alzò in piedi e cominciò a parlare, guardando in faccia per l'ultima volta i volti di tutti quei ragazzi e quelle ragazze, che immancabilmente pendevano dalle sue labbra durante ogni lezione del suo corso di Letteratura Inglese Moderna: «Con il termine giapponese "isekai" ci si riferisce a tutte quelle storie, per lo più manga ed anime ma anche letterarie, in cui uno o più personaggi del nostro tempo e della nostra realtà vengono trasportati in un universo parallelo, dove esistono regole differenti, come ad esempio la possibilità che la magia conviva con la scienza o che le creature, da noi considerate mitologiche, siano realmente esistenti e molto altro ancora»
La studentessa con il piercing al sopracciglio sinistro e la folta chioma di capelli azzurri, di cui Rodolfo non ricordava mai il nome, malgrado già da un anno svolgesse per lui il ruolo di sua assistente, fece un largo sorriso al pensiero degli anime giapponesi, di cui era appassionata, mentre con la testa china sul tablet prendeva rapidamente appunti.
«Isekai», continuò Wilcock, «inteso quindi come declinazione moderna del concetto stesso di fantasy laddove al lettore viene anche fornita la fascinazione del passaggio tra due mondi...»
Poi l'insegnante si ammutolì di colpo, piegando il capo a guardarsi le scarpe ed i suoi pantaloni di lino e mentre tutti i presenti erano in attesa silenziosa delle sue parole, alzò la mano destra di fronte al suo viso, quindi, la fece roteare nell'aria, con gesti precisi ed eleganti, quasi fosse un direttore d'orchestra e l'emiciclo dell'aula sparì, come un disegno appena cancellato su una tavoletta grafica ed al suo posto apparve una foresta rigogliosa immersa nella luce del mattino.
Dal silenzio dello spazio precedente, crebbe tutto intorno il rumore di una natura piena di vita, con lo sciabordare dell'acqua di un torrente ed il suono di uccelli di varie forme e grandezze.
Anche il suo vestito era sparito, sostituito da una efficiente armatura di cuoio e metallo, che ricopriva tutto il corpo donandogli un aspetto guerriero ed affascinante assieme.
Aggrottando la fronte, Wilcock portò rapidamente una mano al fianco destro e si rasserenò subito sentendo la presa sull'elsa di uno spadone: ogni cosa era al suo posto e poteva difendersi da un'eventuale aggressione, umana o animale che fosse.
«Jane!!» Si girò di scatto verso quella voce e si riconobbe in quel nome, perché in quel mondo egli era una bellissima amazzone coraggiosa, alta e fiera, nei suoi capelli dorati e lo sguardo penetrante, con una piccola cicatrice sulla guancia destra che portava con fierezza e quella che stava vedendo sopraggiungere di corsa, facendosi largo con impazienza tra la folta vegetazione, era la sua compagna di vita in quel mondo, Emily Bronte, la quale, non appena fu giunta di fronte a Jane, la tirò a sè, facendo aderire il suo seno al proprio e la baciò con passione, indugiando con la lingua fremente dentro la sua bocca, quasi a possederla fin nel profondo dell'anima.
Staccandosi a fatica da quel dolce abbraccio, Emily guardò poi in viso la sua amata finalmente ritrovata, con tutta la passione e la devozione che solo un'innamorata può avere e le parlò in tono canzonatorio: «Jane Austen! La bellissima guerriera delle candide scogliere ha finalmente deciso di tornare dalla sua pericolosissima e segretissima missione nelle terre sconosciute!»
Wilcock/Austen ingoiò un boccone di amara frustrazione, perché ogni volta si addolorava di dover tenere nascosta ad Emily la sua capacità di passare da un mondo all'altro e non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe accaduto se le avesse rivelato la verità, ma oggi aveva deciso che non avrebbe più avuto bisogno di mentire.
«Promettimi che non mi lascerai mai più in questo modo!» Chiese Emily, prendendo una mano di Jane e ponendola sul suo petto. «Promettimi che mi saluterai almeno, prima di cavalcare di nuovo lontano da me!» E mentre Jane stava per giurarlo, il cielo si oscurò di colpo ed un fortissimo odore, che Wilcock riconobbe come ozono, invase l'atmosfera: nel cielo sopra le loro teste sembrò spalancarsi come una bocca soprannaturale e gigantesca, con all'interno la figura esile di una giovane ragazza, vestita con una camicia in tartan, anfibi neri ed una folta chioma di capelli azzurri.
Mentre Emily Bronte, forse per la prima volta in vita sua, sussultò di paura e stupore, da quella bocca nel cielo giunse una voce, attutita da un vento fortissimo: «Professore!! Professor Wilcock!! Deve assolutamente tornare indietro!!»
Le due amazzoni si guardarono per l'ultima volta negli occhi e per un istante un brivido di consapevolezza attraversò la mente di Bronte, perché aveva capito che quella probabilmente doveva essere la fine di tutto: «È Crom che ti chiama, Jane? È da lui allora che scappi ogni volta?»
Wilcock/Austen chinò la testa e non riuscì a trattenere una lacrima, che gli solcò il volto soffermandosi appena sopra la cicatrice: «Io... Non so come spiegarti, Emily...»
«Non farlo», la interruppe bruscamente la sua amata: «Non mi devi niente... Crom ci ha donato primavere meravigliose, fatte di battaglie sanguinose e notti piene di sesso indimenticabile!»
Emily Bronte disse questo sorridendo e piangendo, ma il suo sembrava un pianto di gioia perché l'amore sa mentire meravigliosamente quando il suo scopo è donarsi completamente.
«Ora va, che Crom richiede il tuo aiuto!» Emily spinse letteralmente Jane verso la bocca spalancata nel cielo e mentre il vento impetuoso scompigliava i capelli delle nostre guerriere, esse si giurarono amore eterno senza parlare ma solo guardandosi negli occhi per un'ultima volta.
Mentre Rodolfo/Jane stava sfumando in una forma sbiadita di sé davanti agli occhi di Bronte, questa riuscì ad urlargli un'ultima richiesta «Se mai il destino ci permetterà di rivederci, dovrai raccontarmi perché i nostri dei portano quegli strani vestiti e soprattutto perché Crom sembra una ragazzina dai capelli color del cielo!»
L'ultima frase però non fu udita da Rodolfo Wilcock, che nello stesso istante si ritrovò in un'aula completamente smembrata, con i muri portanti ridotti a macerie indistinguibili ed il soffitto scomparso, rivelando un cielo così plumbeo che avrebbe faticato a riconoscerlo, se non fosse stato per la nana gialla che dall'inizio dei tempi condizionava le stagioni del loro pianeta.
«Cos'è successo?» chiese Wilcock, prendendo per le braccia la sua assistente che era appena venuta a recuperarlo.
«Sono quelli di Eso-Biologia! Hanno fatto un casino con il loro portale ed ora siamo pieni di dinosauri del Mesozoico!!»
La fuga d'amore di Wilcock, che quel giorno aveva deciso all'insaputa di tutti di andarsene per sempre nel mondo dell'amata Emily Bronte, era stata bruscamente interrotta dall'arrivo nella sua scuola dei più grandi animali che il mondo terrestre avesse mai conosciuto.
Un ruggito spaventoso gli diede una scossa alla schiena, ma adesso era il momento di agire e così prese la mano della ragazza di fronte a lui: «Ascoltami bene, capelli azzurri...»
«Flynn, mi chiamo Gillian Flynn...» rispose tremando la studentessa.
«Bene, Gillian Flynn... Guardami negli occhi ed ascoltami... Ecco cosa faremo», le disse Wilcock in modo risoluto, ma anche rassicurante «Noi due usciremo da qui, senza farci sentire da quei bestioni ed andremo insieme fino alla sala professori, dove si trova una stanza blindata...»
«E poi ci nasconderemo lì dentro?» chiese Gillian tremando.
«Oh, si, Gillian, tu ti nasconderai per benino... Ti chiuderai dentro ed aprirai solo quando ti verrò a riprendere...»
Wilcock afferrò quindi la ragazza per un braccio e cominciò a tirarla verso quello che restava della porta dell'aula.
La studentessa dai capelli azzurri si mosse senza opporre resistenza, sentendosi stranamente fiduciosa di quell'uomo di sessant'anni che le stava parlando con tanta risolutezza, ma con gli occhi pieni di lacrime e di emozione gli domandò ugualmente: «Ma lei, professore, non resterà nascosto con me?»
«Oh no, cara Gillian, assolutamente no» sorrise Wilcock girandosi verso di lei. «Vedi, devi sapere che quella stanza è anche un'armeria, dove noi professori teniamo tutto ciò che serve proprio per queste emergenze...»
Proseguendo di nuovo verso la porta, aggiunse infine: «Quando sarò certo che tu sia al sicuro, io uscirò fuori da quella stanza, armato fino a denti ed andrò a prendere a calci nel culo quei colossi di carne e muscoli senza cervello, fino a rispedirli nel loro fottuto mondo preistorico!»
Wilcock si sentì in quel momento la Jane che avrebbe voluto restare per sempre con Emily e combattere al suo fianco, ridendo della morte, senza alcuna paura o memoria dell'altro suo sé.
Il professore e la ragazza uscirono nel corridoio, oramai ridotto ad uno scheletrico ponte di cemento armato sopra cumuli di detriti dell'edificio crollato. Tutto attorno si udivano grida ed esplosioni ed ombre di enormi figure si muovevano dietro il fumo degli incendi.
Come furono arrivati alla camera blindata, Wilcock spinse dentro la ragazza e dopo aver indossato un esoscheletro da combattimento la salutò dicendole: «Non temere per me, mia cara, là fuori io non sarò solo, perché Crom sarà con me a guidare la mia mano!»
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Isekai
FantasíaQuesto racconto è una variazione sul tema del fantasy, come suggerisce la stessa parola giapponese usata nel titolo (indicante, come si sa, tutte quelle storie in cui uno o più personaggi del nostro tempo e della nostra realtà vengono trasportati in...