Chi mi conosce sa che ho passato molti anni nel mondo del fumetto, chi invece non mi conosce lo sta imparando ora: un giorno con un gruppo di amici feci il grande passo verso l'imprenditoria e tutti assieme fondammo una società, che all'inizio si occupò solo di una piccola rivendita di albi per collezionisti, trasformandosi poi negli anni in un mega-store, con anche libri d'illustrazione, role-game, board-game, gadget, musica, film e serie tv in vari supporti; con la nostra società cominciammo persino ad importare ed a tradurre opere dall'estero.



Quando però fummo sul tetto del mondo e potevamo con le dita accarezzare quelle nuvole che da bambini vedevamo solo da lontano, crollammo di botto, fracassando al suolo (con un frastuono assordante di cui ancora sono rimaste gli eco) quella sorta di grande mongolfiera che avevamo gonfiato (troppo) con i nostri sogni e le nostre speranze e come l'equipaggio del LZ 129 Hindenburg, bruciammo vivi durante la caduta.



Di quell'esperienza, oggi mi è rimasto senz'altro l'amore per tutto ciò che è entertainment: in primis, per il Cinema nella sua interezza, poi senz'altro, il mio vecchio amore, il Fumetto.



Il kasabake, da me eletto a divinità protettrice, è tuttavia pur sempre uno yokai ovvero un demone e nello specifico è uno spiritello sbeffeggiante, che con il suo occhio vede noi da un altro punto di vista e come tale vorrei che così fossero queste mie pagine, senza paura snobbistica di sporcarmi nella melma del comune percepire, ridendo di ciò che fa ridere e piangendo di ciò che fa piangere, ma con un piede fuori dal flusso principale, tenendo ben chiaro l'elogio brechtiano del dubbio e ponendomi sempre l'antica domanda "cui prodest" (a chi giova) ogni qual volta qualcosa ci sembri troppo bella o troppa brutta e soprattutto quando ci siano troppi interessi in gioco.