Correvo, correvo ma non vedevo mai una meta davanti a me, qualcuno gridava...sembrava una domanda ma non riuscivo a capire cosa chiedesse, non sapevo nemmeno da dove e da chi provenisse.
Intorno a me il vuoto, scuro e nero, quel nero che non dirada, un nero compatto che non ti permette di fuggire, talmente nero che ti ci puoi perdere senza trovare più la via d'uscita.
Non sapevo se scappavo o se andavo in contro a qualcosa, non sapevo nemmeno se quel viaggio avrebbe avuto una fine.
In fondo, avanti a me, qualcuno mi correva incontro e mi giungevano, assieme a quell'individuo, come dei riflessi che davano fastidio agli occhi ormai abituati all'oscurità e proprio quando stavo per raggiungerlo...mi svegliavo.
Un rivolo di sudore mi solcava la fronte e gli occhi si spostavano da una parte all'altra della mia camera da letto mentre realizzavo che era stato solo un sogno.
Non ricordo da quanto, ma ogni notte facevo la stessa corsa nell'ignoto e ogni mattina desideravo aver potuto dormire il sonno profondo che faceva la mia sorellina che, nel frattempo, russava beata nel letto accanto al mio.
Quella mattina mi alzai di malavoglia e indossai i miei jeans sgualciti, la mia felpa di due taglie più grande per combattere la fresca brezza mattutina e le sneaker bianche che ormai avevano un colore tendente al grigio. A me piacevano così, sporche della polvere di tutti i posti in cui ero stata: quelle scarpe, se avessero potuto parlare, avrebbero raccontato una storia!
In cucina lanciai una rapida occhiata all'orologio a muro e senza tanta sorpresa appresi che ero in ritardo! Guardai la moca del caffè con aria sognante desiderando una calda e fumante tazza di cappuccino e mi precipitai fuori di casa con "Summer Paradise " a tutto volume nelle orecchie.
Quella canzone risvegliava in me la voglia e il bisogno delle vacanze estive ogni volta che l'ascoltavo.
Dopo una rapida corsetta disperata riuscii ad entrare nell'autobus che ogni mattina mi sembrava sempre più pieno di gente sempre più vuota: tutti quegli inutili discorsi su dove sarebbero andati durante le vacanze e di quanti vestiti meravigliosi si sarebbero comprati mi davano su i nervi!
Mi bastò alzare il volume dell' iphod per far scomparire tutta quella marmaglia di cialtroni, la musica, infatti, aveva su di me un potere rilassante e isolante, necessario per poter superare ogni noiosissima e stressante mattina.
Mi arrabbiavo con me stessa quando sentivo parlare la gente dei loro programmi per l'estate, forse perché io di programmi non ne avevo, o meglio volevo lavorare ma non sapevo da dove iniziare, chi avrebbe preso una ragazza di 16 anni senza esperienza nel mondo del lavoro?
Arrivata a scuola intravidi le mie compagne di classe che parlavano tra loro, mi levai le cuffiette dalle orecchie e, una volta raggiunte e salutate con due baci, mi unii alla conversazione come ogni mattina aspettando il suono della campanella che avvisava gli studenti dell'inizio della lezione.
In classe l'ora di economia si preannunciava noiosa e logorante così raggiunsi Anna, Erikah e Aria nell'angolo infondo alla classe.
Era l'angolo dove ci siedavamo sempre quando ci andava di spettegolare o di parlare tra di noi.
Mi accomodai accanto ad Aria e subito mi immersi nella sua parlantina, una di quelle parlantine simpatiche, che ascolti volentieri.
Aria era la ragazza più grande della classe, avrebbe dovuto essere al quarto anno ma aveva avuto qualche problema con lo studio un paio d'anni prima. Indossava sempre delle All Stars blu sbiadito che le fasciavano i piedi fino alle caviglie, dei jeans e maglioncini dai colori tenui. Portava i capelli castani lunghi e lisci di una lucentezza invidiabile da qualsiasi ragazza. I suoi occhi erano particolari, verdi da un lato della pupilla e castani dall'altro, particolarità che le stava d'incanto. Quella ragazza non era solo bella fisicamente, era bella anche dentro : aveva una gioia di vivere unica, lo si notava da quanto spesso rideva, da come si atteggiava con gli altri, non era mai altezzosa, non era come tutte le ochette che giravano per i corridori della scuola, a lei non importava, per lei semplicità era la parola chiave.
Erikah, invece, era una persona esuberante, in senso buono, se c'era lei la conversazione prendeva sempre una piega tranquilla e rilassata ma,nello stesso tempo ,scherzosa e mai noiosa. Teneva, per lo più , i ricci neri sciolti e liberi di sfiorarle le spalle , occhi scuri e profondi e delle guance piene dal colore olivastro che ad ogni sorriso lasciavano spazio a due graziose fossette.
Anna invece portava capelli corti, poco sopra le spalle, dal colore biondo platino e i suoi occhi erano profondi, di un azzurro intenso che spesso cambiava tonalità avvicinandosi a un blu chiaro interrotto qua e la da striature grigiastre.
Se serrava di poco le palpebre, si poteva notare una linea nera di trucco perfetta che le esaltava la forma e il colore degli occhi.
Sorrideva spesso portando gli angoli della bocca all'insù e mostrando una fila di denti bianco candido perfettamente allineati tra loro. Una cosa ammiravo molto di quella ragazza, anche se spesso era il motivo dei nostri insignificanti battibecchi: lei non aveva paura di dirti quello che pensava, se sbagliavi provava sempre a farti ragionare e, se non ci riusciva con le buone, niente e nessuno le impediva di provarci con le cattive.
Ogniuna aveva qualcosa nel suo modo di essere che mi incuriosiva e mi convinceva che forse, un giorno, non ci saremmo più chiamate " compagne di classe " tra noi ma avremmo usato un termine molto più profondo, molto più vero..."amiche".
Aria stava raccontando quali sarebbero stati i suoi programmi per l'estate e, da come gesticolava e agitava la testa in più direzioni a tempo della sua stessa voce, doveva esserne molto entusiasta!
-Sono riuscita a trovare un lavoretto per la stagione estiva a Jesolo!-.
-Jesolo!? Cioè ci stai dicendo che ti farai un'intera estate al mare a divertirti come una pazza??-.
Nel tono di voce di Erikah traspariva un accenno di curiosità e sorpresa e cominciò a parlare a macchinetta come solo lei riusciva a fare, ridacchiando di tanto in tanto, e facendo programmi su quante volte la sarebbe andata a trovare.
-Dio, Jesolo d'estate è il massimo, festa, discoteche, ragazzi! È un sogno Aria, non sai che invidia! -Già, che invidia...in quel momento avrei voluto solo infilarmi sotto le coperte del mio letto e guardare il soffitto di camera mia fino alla fine dell'estate!
Non che non fossi contenta per Aria, ma sembrava quasi che tutti arrivassero ad ottenere quello che volevano, tutti a parte me.
Mi sforzai di mostrare entusiasmo e l'unica cosa che riuscii a dire fu uno strascicato e poco convincente "che figata".
Aria doveva aver notato quel tono cupo.
-Mia, tu che programmi hai per l'estate? Non ci hai ancora detto niente!-.
Appunto, niente, non sapevo nemmeno io niente cosa potevo dire della mia promettente estate senza risultare una sfigata?
-Bhe, anche io sto cercando un lavoro per la stagione...ho messo qualche annuncio su internet ma sembra che nessuno abbia intenzione di assumere una sedicenne-.
-Classico, anche a me facevano un pò di problemi per l'età ma fortunatamente ho compiuto i diciotto anni prima dell'estate!.
-Mi sa che il mare quest'anno lo vedrò solo in giornata e per quanto riguarda il lavoro, forse è meglio che lascio perdere!-.
-Proverò a chiedere in giro se qualcuno è in cerca di dipendenti e ti farò sapere,ok?-.
Il suo tono aveva qualcosa che attirò la mia attenzione : una voce morbida e quasi dispiaciuta, come se avesse intuito quanto quella situazione mi rattristasse.
Le sorrisi e lei fece lo stesso e il discorso fu abbandonato e sostituito dalle normali chiacchiere tra ragazze.
La verità è che non ascoltai molto del discorso seguente, la mente aveva iniziato a viaggiare in direzione opposta, verso il mare: sentivo il profumo salmastro dell'acqua salata, il suono delle onde che si infrangevano sulla spiaggia e i versi striduli dei gabbiani che bazzicano sulla sabbia chiara lasciandosi dietro graziose impronte.
Era molto di più di un sogno ad occhi aperti, era il desiderio che si era avvicinato un pò di più all'esaudirsi , Aria mi aveva dato un' accenno di speranza con quel sorriso e quella frase e,nei miei occhi, qualcosa si era riacceso: la speranza di uscire da quella vita monotona e logorante, almeno per un pò.
La giornata continuò tranquilla e, una volta a casa, accesi il pc e controllai la posta in cerca di qualche risposta al mio appello per il lavoro:niente.
Sbuffai e alzai gli occhi al cielo, cosa che facevo sempre quando mi sentivo frustrata.
Fuori era una bella giornata, il sole splendeva e il suo tepore mi faceva scorrere piccoli brividi di piacere lungo tutto il corpo.
Accesi una sigaretta e digitai il numero di telefono della mia migliore amica Anna...nessuna risposta.
Probabilmente mi avrebbe richiamata poco dopo ma questo mi fece alterare ancora di più e, stanca di tutta quella tensione, spensi la sigaretta e mi dedicai a una lunga e rilassante doccia, per cercare di lavarmi via tutto quello stress di dosso.
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Impronte sulla sabbia
General FictionSuccesse tutto per caso, lei nemmeno la conoscevo del tutto, eravamo amiche, ma non di quelle che si raccontano tutto, non quelle che si chiamano e stanno ore al telefono eppure c'era qualcosa in quella ragazza che mi diceva che saremmo potute d...