12.Chapter Twelve

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Il giorno tanto atteso del mio compleanno finalmente arrivò, ma a differenza di quello che tutti credevano, non ne ero affatto felice.

La maggiore età era senz'altro un passo importante che mi avrebbe aperto svariate porte, eppure, avevo tutt'altro per la testa, ed era proprio la conversazione tra mio fratello e Warner di svariati giorni prima.

Era stato deciso di rimandare i festeggiamenti in famiglia a quando mia madre sarebbe tornata in patria da lavoro, in modo tale da celebrare il mio diciottesimo compleanno tutti insieme, anche se, ormai, sospettavo fortemente non si trovasse all'estero per questioni lavorative.

Warner aveva infatti affermato che, proprio in quel momento, mia madre stava aggiustandole cose, e seppure non avessi idea di cosa parlasse, sapevo c'entrasse qualcuno rinchiuso in carcere, che pareva essere sulle mie tracce per ragioni a me sconosciute.

Nei giorni seguenti a quel dialogo cercai di ascoltare attentamente ogni singola conversazione intrapresa tra mio fratello e il suo migliore amico, nella speranza di ottenere ulteriori delucidazioni sulla situazione da cui mi tenevano all'oscuro: se non avevano intenzione di spiegarmela loro stessi, avrei scoperto tutto da sola.

Tuttavia, i ragazzi non ne discussero più; non quando mi trovavo nei paraggi, almeno, e la cosa non fece altro che abbattermi più di quanto già non lo fossi.

Non avevo altri modi di venire a conoscenza di ulteriori dettagli se non tramite loro, e quasi sembravano essersi accorti che avessi udito una parte di quanto avevano detto, dato lo strano comportamento che tutt'a un tratto assumevano quand'ero nei paraggi.

Col passare dei giorni, la mia curiosità salì alle stelle: non meritavo forse di saperlo, se mi trovavo in pericolo?

Non sapevo neppure perché mi stessi limitando a far finta di niente, senza affrontare direttamente la questione: non era mai stato nella mia indole.

Eppure, se una parte di me desiderava fortemente venire a conoscenza di ciò che mi tenevano nascosto, l'altra parte era quasi spaventata da quello che avrei voluto scoprire.

Fu proprio per questo che, la notte del mio compleanno, decisi di concedermi una pausa da quel mistero che tanto mi tormentava. Seppure non fossi stata in vena di festeggiamenti, Edith non aveva voluto sentire storie, trascinandomi -come al solito- in un locale notturno ben poco consigliabile.

«Non sei felice di poter finalmente entrare legalmente in posti del genere?» mi chiese la mia amica messicana proprio fuori dal locale, elettrizzata, battendo le mani per la felicità mentre mi osservava con un largo sorriso puntato sul volto ambrato.

Sbuffai, alzando gli occhi al cielo: Edith mi aveva obbligata per l'occasione a indossare uno stretto e corto vestito rosso che aveva definito perfetto per le mie forme, in ottima sintonia col suo rosa di seta, e infine a salire sul taxi con lei, conducendomi in quel viale alberato completamente deserto, fatta eccezione per alcune persone nei pressi del locale che fumavano una sigaretta in compagnia.

La musica proveniente da quel luogo era talmente alta da poterla percepire anche fuori: si respirava aria di festa, lussuria e illegalità.

Nathan mi avrebbe uccisa se solo avesse scoperto la realtà che si celava dietro il mio «sarà una tranquilla serata tra amiche».

Quella ragazza era una maniaca delle feste e dell'esagerazione, non mi avrebbe certo permesso di passare la mia prima notte da diciottenne rinchiusa in casa.

Come previsto, quando entrammo il controllo fu abbastanza rapido: mi avvisarono che, siccome il limite di età per consumare alcolici fosse di ventun anni, non avrei potuto bere, ma questo lo sapevo già.

Trapped In A LieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora