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Mesi prima, fu la stessa Caitlyn a portare Vi per la prima volta in quel complesso di appartamenti poco fuori dal centro di Piltover (e convenientemente vicino alla stazione di polizia). Una delle fortune di essere l'erede di una delle famiglie più facoltose della città era quella di avere una rete di contatti molto ampia e, secondo sua madre, asservita al punto giusto: un paio di chiacchere con qualcuno che doveva qualche favore a Cassandra Kiramman et voilà.

Ovviamente non ne aveva parlato direttamente con Vi. Da quel giorno, quel maledetto giorno, in cui si era ritrovata ad assistere alla morte metaforica della sua amata sorellina e alla nascita di Jinx, la zaunita si era decisamente spenta. Non aveva un posto dove andare, nessuno da cui tornare per avere rifugio o semplicemente un posto dove dormire. Girare per Zaun era fuori discussione perché era ben conosciuta da tutti (l'erede di Vander, così la chiamavano) ed era praticamente un mirino su gambe, d'altra parte stare a Piltover e convivere con gli sguardi e nasi arricciati come se Vi fosse il più puzzolente ratto del sump non era di certo semplice. Un maledetto limbo in cui ogni passo sembrava un balzo nel vuoto, non lo scenario migliore dove ricominciare, costruirsi una vita praticamente da zero.

Anche Caitlyn non se la passava granché. Dire che l'assenza di Marcus avesse portato scompiglio in tutta la catena di comando era un eufemismo; il lavoro si era quadruplicato, sia d'ufficio che di pattuglia. Inoltre, come se non bastasse, stavano venendo a galla tutte le scartoffie false, firme contraffatte e la generale corruzione che dilagava tra i ranghi più alti.

In una realtà alternativa, Caitlyn sarebbe stata felice di tutto questo. Adorava il suo lavoro, adorava dare alla giustizia chi se lo meritava, ma ciò che provava era soltanto una profonda amarezza; derivata dalla certezza cieca che aveva riposto in quel sistema e di come quest'ultimo in realtà fosse soltanto il motore di tutti i problemi, e lei l'ennesimo ingranaggio, fortunatamente ignaro.

La botta finale gliela diede sua madre, ancora convalescente dall'attacco alla consulta, di cui lei era una dei pochissimi sopravvissuti. Erano mesi che era ricoverata all'ospedale e nonostante le ferite riportate dall'esplosione, aveva ripreso presto a mandar avanti la baracca con il suo solito stile.

"Jayce vuole darti l'incarico di sceriffo" le diede la notizia così a bruciapelo che a Caitlyn per poco non andò il tè di traverso.

Furono inutili le sue proteste. Nessun sono troppo giovane, non ho abbastanza esperienza e infine non dopo tutto quello che è successo riuscirono a smuovere nulla, e sua madre di tutta risposta aveva solo affermato che lei era la più adatta per il ruolo, nessun'altro avrebbe accettato. Suo padre la intercettò mentre fuggiva per i corridoi, fermandola giusto in tempo per abbracciarla e rassicurarla, prima di lasciarla andare via di nuovo.

Quando Caitlyn inserì la chiave nella toppa di quel piccolo appartamento per la prima volta, le due donne erano al loro punto più basso degli ultimi mesi. Andavano avanti a stenti, erano esauste, ma per la prima volta estremamente simili.

Chiunque avrebbe usato qualsiasi altra parola per descriverle: una facoltosa ereditiera di Piltover, agente in carriera dal futuro luminoso, mentre l'altra era solo un'orfanella (anche ex-galeotta) della città sotterranea che per discutere usava più i pugni che la sana e civile conversazione. Fortunatamente, delle persone e di quello che pensavano alle due non importava un bel niente. Non erano le differenze ad essere rilevanti in quel momento; ciò che spinse Caitlyn a decidere di ottenere quella chiave era il bisogno di entrambe di avere un luogo sicuro dove rifugiarsi.

Anche se Vi non le aveva mai chiesto di farlo. Ma alla all'agente non sfuggiva mai alcun dettaglio: gli ennesimi lividi sulle braccia, le nocche spaccate e le bende fresche di sangue, le occhiaie scavate. Era abituata a soffrire, a sacrificarsi, a voler proteggere gli altri e a scordare sé stessa per la strada.

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