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(Ripeti primo anno)

Quell'anno provai di nuovo a entrare nel corpo di ballo, ma la professoressa nemmeno mi diede ascolto. Quindi decisi di lasciar perdere, venni bocciata ancora per le troppe assenze. Ero sicura che quella non fosse la scuola adatta per me.

(Parla di Gaetano, viveva a La Spezia e ti ha lasciato perché amava ancora la sua ex).
(Parla di Gabriele, era un ballerino di HipHop e faceva spettacolo)

(Parla di Niko che ti aveva sedotto per rubarti il profilo di Wattpad, ma che poi Gabriele ti ha hackerato l'email ed era riuscito a farti riavere tutte le tue storie. Anche se tu e lui eravate solamente amici. Lui ti aveva detto che aveva cominciato a fumare e che era bisex) 
Gabriele era ormai a pezzi, non ne poteva più di nessuno. Voleva andarsene, scappare da tutti quei messaggi che lo distruggevano. Aiutava persone mentre lui stava male, ma il suo buon animo gli permetteva di dare anche quando non aveva più niente. Si stava sgretolando, stava diventando polvere. Io volevo stare con lui, aiutarlo. Ma la distanza ci stava spezzando, non potevamo più andare avanti così. Ci stavamo uccidendo a vicenda. Questi erano stati gli ultimi messaggi che mi inviò. Poi svanì nel nulla.
« Tigre lo che ora mi odierai, ma sai già che non posso sopportare un'altra delusione, sapendo che non mi ami, vorrei poter aiutarti. Ma ho fatto tutto il possibile » Mi faceva male tutta quella situazione, ma dovevo fare qualcosa per salvare entrambi. « Cri dimenticati di me » non potevo farlo, era stato il mio primo vero amore. « Devi farti la tua vita, quindi devi dimenticarti di me » gli dissi addio, addio tigre. Non rispose più, e forse era la cosa migliore per entrambi. Piansi, piansi tantissimo.

(Parla di Daniel Aryan)
(Parla di Simone)
(Parla di Pier)

Lei c'era sempre stata per me. Magari non era umana, oppure lo era anche troppo. Solo pochi la potevano capire per davvero. Era lei. Non parlava molto, ma quando lo faceva, ti entrava nella testa e ti rimbombava nelle orecchie. La musica, una forma d'arte con la quale potevi esprimerti attraverso le vibrazioni, dei suoni che battono nelle orecchie di chi sa ascoltare con il cuore. Quando stavo male, quando dovevo lottare per sorridere. Ogni sera, mettetevi nelle orecchie le cuffiette e da lì, tutto ciò che mi circondava non esisteva più. Quando c'era lei mi sentivo in pace. Diceva quello che pensavo, parole che per molti non dicevano niente. Il suono, le vibrazioni, quelle che ti fanno piangere, ridere o anche incazzare. Era tutto ciò di cui avevo bisogno. Sentivo di farne parte. Volevo esprimere tutto quello che avevo dentro: rabbia, tristezza o dolore. Avevo molto da dire, e così mi misi a scrivere, non so con quale scopo. Scrissi, giorno e notte, scrissi fino a bucare il foglio. E appena ebbi finito, ne uscì una poesia che nessuno fin ora aveva mai visto. Me la tenevo per me, rileggendola mi sentivo fiera di aver combinato qualcosa di buono. Le mie intenzioni erano quelle di non pubblicare niente, ma qualcosa mi disse che dovevo farlo, e così lo feci. Con gran coraggio pubblicai la mia prima poesia, che intitolai: Darkride. Non sapevo per quale motivo scelsi quella parola, non se sapevo nemmeno il significato. Ma ella mi venne in mente come un lampo di genio. Io non ero una compositrice e nemmeno mi definivo tale. Avevo solo bisogno di sfogare il mio pensiero, di sputare odio su pagine bianche. Non avevo molti utenti che mi seguivano, e che leggevano i miei scarabocchi, ma tutto ciò non m'importava, preferivo scrivere perché ne avevo bisogno e non per essere brava agli occhi degli altri. La musica è sempre stata la mia ancora di salvezza, mi aveva aiutata nei momenti peggiori, quando ero a un passo dalla morte. Mi ha aperto un piccolo spiraglio di luce, dove ho visto una probabile possibilità di sopravvivere. Ringraziate lei, perché sennò non sarei qui a scrivere queste pagine. Io ringrazio lei per avermi aiutata quando le persone che credevo amiche mi avevano voltato le spalle. Ma sentivo di essere strana, diversa dagli altri miei coetanei, non mi sentivo a mio agio con loro. Mi sembrava di essere aliena, visto che mi accadevano così tante cose strane, riuscivo a leggere nel pensiero di chi mi guardava, leggevo la mente degli altri. Ma tutto quello non riuscivo a capirlo, non riuscivo nemmeno ad accettarlo. Sembrava così tanto complesso, così tanto pericoloso che non volevo averci niente a che fare. Per quello che fece mia madre nella sua infanzia, ebbi paura di averlo eridato almeno in parte. A casa non potevo nemmeno parlarne, lei si arrabbiava subito con me. Ma un giorno decisi di raccontarle tutto, perché avevo cominciato a spaventarmi seriamente. Stavo beatamente dormendo, quando all'improvviso mi svegliai, e girandomi avevo notato che il mio cellulare era vicino a me, sopra al letto. Quando la sera prima l'avevo appoggiato sopra il comodino. Ma non fu solo questo, anche i miei sogni avevano strani significati. A volte erano così crudeli, altre volte invece, pareva di essere dentro ad un film.

(Ti sei fidanzata con Alberto, ci sei stata insieme per sei mesi, abita a Mestre e voleva regalarti un anello di fidanzamento).

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