"Nessun mese poteva essere più triste di aprile da passare da soli. Tutti intorno a me sembravano felici ad aprile. Mettevano da parte i cappotti, si fermavano a chiacchierare sotto i raggi brillanti del sole, giocavano a lanciarsi la palla col guantone da baseball, si innamoravano. E io ero completamente solo."
~Norwegian Wood-Murakami H.Una piccola figura era rannicchiata contro una delle quattro pareti della stanza, quella opposta alla porta d'ingresso, questa, rigorosamente chiusa a chiave.
Le luci erano spente, quella figura non si era minimamente preoccupata dell'oscurità di quel posto, sembrava che la luce fosse solamente un riflettore in quel caso e che voleva assolutamente evitare, restando nella penombra. Si riuscivano a distinguerne i contorni e, la luce che filtrava da sotto la porta e dalla serratura, una luce forte, luminosa, la colpiva in pieno viso, scoprendo uno degli occhi, di colore nocciola, lasciando oscurato l'altro e illuminando il piccolo naso e le piccole labbra rosee. Il suo nome era Charlotte Séverine e stava singhiozzando silenziosamente, nascosta da occhi indiscreti in un luogo polveroso, sporco e dall'odore nauseabondo.Una settimana prima.
Per Wulf non esisteva altro all'infuori del suo blocco da disegno che portava sempre con sé. Durante le ore di lezione a scuola non faceva altro che scarabocchiarvi sopra qualcosa, alzando ogni tanto lo sguardo verso i professori che gli lanciavano qualche occhiataccia. Tuttavia, trattandosi di uno studente dai voti alti e nessun disagio nel comportamento, lo lasciavano stare, purché ascoltasse. Per quanto si sforzasse, ascoltare non rientrava nel suo campo, la sua testa era invasa da una miriade di pensieri che doveva assolutamente trasportare al di fuori di essa, su carta, come segni quasi incomprensibili o come parole altrettanto incomprensibili.
Wulf si vestiva esclusivamente di nero, persino i suoi occhi ed i suoi capelli erano del medesimo colore. La sua pelle diafana risaltava in questo complesso tenebroso. Per quanto il suo aspetto potesse rasentare l'apparenza di un mero individuo, era l'opposto, o perlomeno ciò era che diceva egli a sé stesso.Aveva perso nuovamente il compagno di banco per quel mese. Le postazioni della classe cambiavano in questo intervallo regolare, perché a nessuno piaceva restare per molto tempo nello stesso banco, a parte coloro che avevano il posto posizionato nel fondo della classe; ma loro erano i primi a cambiarlo, a discapito della scadenza, se per i professori non erano degni di simili postazioni.
Wulf si trovava nell'ultima fila e aveva preso il posto del suo compagno, accanto alla finestra. Questo compagni s'era fatto spostare davanti, pregando il coordinatore di classe che aveva accettato visto che aveva voti bassi, senza fare troppe domande, sebbene non riusciva a comprendere come potesse Wulf essere una presenza negativa, dal momento che poteva fornirgli un prezioso aiuto per recuperare.
"Non ti dispiace, Wulf?"
Questa domanda gliela poneva sempre il coordinatore, e sempre riceveva la stessa risposta.
"No." Una risposta accompagnata da un grosso sorriso, gli angoli della bocca completamente tirati al massimo, facevano affiorare una piccola fossetta sulla guancia destra. Non mostrava i denti, quei sorrisi per lui erano speciali, segno di pura felicità, e li riservava solamente ad una persona.Il coordinatore di classe si sistemava con l'indice della mano sinistra gli occhiali a fondo di bottiglia sul naso, si passava poi la mano tra i capelli, alcune ciocche grigie, altre bianche, e altre ancora marroncine, e poi tornava a fare lezione, oppure se ne andava per i corridoi, se era orario di ricreazione, facendo risuonare i tacchetti delle sue scarpe per tutta la scuola guardinga, manco fosse il video direttore o il direttore stesso.
La campanella trillò, segnando la fine delle lezioni per quella giornata, salvo imprevisti dopo scuola, ma Wulf li trovava futili e completamente noiosi, così rimise il suo blocco da disegno nello zaino, si rimise il piccolo anello argentato mezzo rodiato al dito medio della mano destra, ed uscì dall'aula, per ultimo, seguito dall'insegnante di storia dell'arte che gli fece un cenno con il capo, salutandolo, e lui rispose con il solito sorriso chiuso.
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Ferite Infette
General FictionRacconti brevi, racconti lunghi, una compagnia idilliaca per le vostre figure. Sono qui per voi, mentre sorseggiate del tè, del caffè o mentre vi concedete l'ennesima sigaretta della giornata, anche se prediligo voi leggiate ciò prima di andare a na...