Già con la crisi della prima metà del v secolo d.C. l'impero di Occidente non esiste più. Con la lorotravolgente avanzata gli invasori germanici avevano finito per strappare a Roma le più belleprovince e per stanziarsi in esse. Cosicché alla fine dello stesso secolo il territorio, che un tempocostituiva l'impero dei Cesari, risulta quasi tutto occupato e diviso nei seguenti «Stati barbarici»:quello degli Èruli e degli Sciri, sorto in Italia per opera di Odoacre nel 476 d.C. in seguito alladeposizione di Romolo Augustolo; quello dei Vandali nel territorio dell'Africa romana (odiernaAlgeria, Tunisia e Tripolitania), in un secondo momento esteso con un'audace politica diespansione marittima alle isole Baleari, alla Sardegna e alla Corsica; quello degli Svevi nellaSpagna occidentale: quello dei Visigoti, nella parte rimanente della penisoola iberica e nella Galliameridionale fino alle rive del Rodano e della Loira. Nelle zone della ricca regione gallica rimasteancora libere, i Burgundi avevano a loro volta occupato le terre presso l'alto corso del Rodano,mentre i Franchi quelle centro-settentrionali, corrispondenti alle valli della Senna e del basso Reno.Neppure le isole britanniche erano rimaste immuni dall'occupazione: al principio del VI secoloerano anche colà sorti sette piccoli regni (eptarchia) ad opera degli Angli e dei Sàssoni, due tribù ,provenienti dalla regione dell'Elba e dimostratesi ben presto incapaci di collegarsi con un saldovincolo unitario.
Benché diversi tra loro, questi «Stati» barbarici ebbero caratteristiche comuni. In ciascuno di essiinfatti chi deteneva il potere era ad un tempo re del suo popolo é reggente di quella parte delterritorio romano che le sue truppe avevano occupato. Né i vari capi trascurarono ogni possibileespediente per ottenere dall'imperatore di Oriente il riconoscimento formale del nuovo stato di fatto,determinatosi con l'invasione: ciò, anzitutto, perché il re di un popolo primitivo e selvaggio, anchese vittorioso in guerra, fin dai primi contatti con l'antica civiltà e con le secolari tradizioni di Roma,ne avvertiva il fascino e aspirava ad apparire come il continuatore dell'autorità imperiale, non giàcome l'eversore, il distruttore di essa; in secondo luogo perché nessuno più di lui si preoccupava dilegittimare la propria autorità nei riguardi della popolazione sottomessa con un riconoscimentoufficiale da parte dell'imperatore d'Oriente, che equivaleva ad una specie di «investitura» di potere.In funzione di ciò ogni sovrano barbarico, pur interdicendo ai vinti l'uso delle armi, ne cercava lacollaborazione e affidava ad essi, nella loro qualità di giuristi, di letterati e di funzionariespertissimi, lo svolgimento delle più delicate mansioni nella organizzazione politica, economica esociale dello Stato.
Questi nuovi regni sono stati detti romano-barbarici: romani, in quanto le leggi, le istituzioni el'organizzazione statale di Roma sopravvissero in essi più o meno integralmente per regolare irapporti della popolazione indigena;barbarici, perché i dominatori, per i quali l'uso delle armi restò un'assoluta prerogativa,continuarono a seguire le loro primitive tradizioni.Di qui una certa contraddizione e incoerenza nella compagine dello Stato;di qui quel contrasto fra dominatori e dominati, fra vincitori e vinti, che doveva costituire uno deipiù gravi elementi di debolezza dei nuovi regni.Tra le ragioni di attrito non possono comunque essere dimenticati:1. la differenza di religione, che trovava i barbari seguaci in generale dell'arianesimo e lepopolazioni latine invece del cattolicesimo;2. il diverso modo di concepire la giustizia, che dagli uni era considerata come un fatto privato,legato alla vendetta personale, dagli altri come espressione di precise norme giuridiche di altolivello politico e morale cui tutti debbono sottostare;3. per non ricordare altro, la struttura della società ancora in fase tribale per gli uni, ampiamenteevoluta e socialmente ed economicamente differenziata per gli altri.