Sentimenti

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Harry sospira e si porta i capelli all'indietro, mettendo finalmente piede nella villa.
Si guarda attorno, non meravigliandosi affatto del silenzio che avvolgeva la casa: aveva passato tutto il resto della giornata fuori ed ormai era notte fonda. Spera in cuor suo che Gemma stia meglio e cerca di non dar peso al senso di colpa che gli stringe lo stomaco in una morsa dolorosa. Era consapevole che sua sorella aveva bisogno di lui dopo che quella faccenda era uscita allo scoperto, ma doveva pensare all'incolumità di tutti loro. Aveva raccontato sommariamente la verità ai suoi ragazzi, che non avevano fatto nulla per nascondere il loro dolore a quella cruda rivelazione. Da sette anni a quella parte erano diventati una famiglia e se uno veniva ferito in qualsiasi modo, tutti loro ne soffrivano.
Persino lui, che aveva saputo la verità dal principio, aveva accettato con difficoltà lo zampino di Christopher e di Alexander nella faccenda. La sua schiena, la sua anima, non riusciva a sopportare ulteriori coltellate alle spalle. Figuriamoci gli altri che erano stati ignari di tutto sino a quel momento.

Harry conosceva Pete e James da quando era solo un bambino combina guai. Erano figli di alcuni soci dei suoi genitori e, sin da subito, si era trovato bene con i due ragazzi seppure fossero più grandi di lui. Ricordava ancora le numerose gare a biglie fatte durante le riunioni che tenevano occupati i grandi per tutto il giorno, quando le sfere di vetro colorate avevano tutta la loro attenzione ed erano totalmente incuranti del mondo esterno che li attendeva con tanta pazienza.
Michael e Grace erano i migliori amici d'infanzia di Gemma. Vivevano a qualche isolato di distanza dalla loro villa ed il fatto che suo padre Vincent conoscesse bene i genitori dei due aveva permesso alla prima genita di sviluppare con loro una forte amicizia. Harry quindi non si era meravigliato nel vedere le loro espressioni  crollare nell'apprendere quella dolorosa verità, i loro sguardi distrutti nel sapere quanto la loro amica avesse sofferto senza riuscire a confidarsi neanche con loro.
Oliver e Sophie, fratello e sorella, si erano invece uniti alla gang pochi anni più tardi, quando il Lullaby aveva già ingranato. Quando avevano deciso che fosse arrivato il momento di rendersi utile per l'intera comunità. Erano due orfani e, come gli altrettanti bambini a cui lo stato aveva distrutto la famiglia, desideravano giustizia per la loro madre morta precocemente di tumore e per loro padre che li aveva lasciati, suicidandosi perché pieno fino al collo di debiti.

Mentre Harry si avvia verso la cucina, il suo pensiero non può che giungere ad Alexander e serra istintivamente la mascella, lasciando i ricordi avventarsi su di lui come un macigno. L'uomo era coetaneo di Christopher, più grande di Harry di circa cinque anni. Era sempre stato colmo di carisma, duro a morire con chiunque, ma con un occhio di riguardo per il ragazzino dalla zazzera castana e dagli occhi verdi. Lo aveva sempre tenuto sotto la sua ala protettiva, con così tanta premura che Harry non riesce a ignorare la bile che gli sale al solo pensiero che, tutti quegli anni passati al suo fianco come amico, fossero stati finzione pura. Ricorda perfettamente quando, dopo aver parlato con gli agenti la notte in cui il Lullaby andò in fiamme e in cui pose fine alla vita di Alexander, passò la mattinata chiuso nel cesso di camera sua a vomitare, agonizzante dal dolore che sembrava distruggerlo da un momento all'altro.
Alexander era stata la sua spalla destra, era stato le carezze leggere quando la schiena gli bruciava per le cinghiate che riceveva troppo spesso, nonostante la sua pelle fosse ancora quella di un tenero adolescente. Era stato le canne rollate sul tetto di casa sua quando il bisogno di uccidere Christopher, dopo la scoperta di Gemma, diventava annientante ed era stato il sesso quando la sua testa sembrava scoppiare e portarlo all'orlo della pazzia.

Era stato la sua prima volta, ma era stato una grande, bellissima bugia.

Scuote il capo, perdendo tempo a recuperare un bicchiere di acqua nella cucina, cercando di non pensarci. Il suo pensiero va immediatamente all'unica persona che, durante quei mesi, era stata in grado di fargli ritornare a desiderare con tutto sé stesso di essere una persona normale e non un fottuto gangster.
Louis aveva una capacità devastante di parlargli solo con uno sguardo.
Harry non riusciva a togliersi dalla mente i suoi occhi blu puntati su di lui dopo che aveva rivelato, quello stesso pomeriggio, di aver ucciso un uomo nel pieno della sua adolescenza. Non aveva visto alcun giudizio, nè paura nel suo sguardo. Aveva visto solo tanta gentilezza e Harry non aveva mai incontrato un uomo in grado di scuotergli l'anima solo con la sua presenza. Non aveva mai conosciuto un uomo in grado di capirlo a fondo pur conoscendolo da relativamente poco, nonostante il professore fosse approdato nella contea da un bel po' di mesi ormai.
Posa il bicchiere, deciso a farsi una dannata dormita, ignorando quanto il suo petto sia diventato più pesante al solo pensiero del professore. Corruccia lo sguardo quando, giunto al piano superiore, nota la porta di camera sua socchiusa e una leggera luce fuoriuscire. Un brivido di allerta gli scorre nelle vene e non ci mette molto a recuperare la sua fidata pistola, avanzando piano verso la sua camera. Sbircia all'interno e trattiene un sospiro quando si rende conto che la figura sdraiata sul suo letto è fin troppo familiare per poter essere un malintenzionato. Posa la pistola ed entra, osservando le iridi blu dell'uomo assonnato, posarsi sulla propria figura.

Till Death (or whatever the fuck it means) | LSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora