11. La cella frigorifera

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- Ti sembra corretto?! Quelle teste di cazzo, me la pagheranno! -

Ascolto Maca sfogarsi appoggiata alla parete della cella frigorifera della cucina. Si è fiondata dritta verso Antonia, obbligandola ad aprirci ed a coprirci.

- E tu?! Perché non dici niente? Te ne stai zitta in un angolo, è facile per te, te ne fotti di tutto e di tutti! - mi urla.

- Che cosa dovrei dirti? -

- Ah è vero, Zulema Zahir non dice mai niente. È solo brava ad insultare. -

- Te la stai prendendo per una cazzata. - le dico, sapendo che scatenerò una rabbia ancora più grande.

Maca si volta e mi fulmina con lo sguardo. Rimane immobile per qualche secondo, poi si avventa su di me con violenza. Cerco di difendermi ma mi ritrovo placcata contro il muro gelido con una bionda fumante che sta per tirarmi un pugno.

- Attenta a quello che fai, biondina, o ti costerà altri punti. - la provoco, per poi ottenere in risposta un pugno in faccia.

Tossisco, ma non mi lascia. La sua presa è d'acciaio, non credevo che nascondesse una tale sofferenza.

Fa per tirarmi un altro pugno, ma mi divincolo e ribalto le parti. Ora è lei quella placcata al muro.

- Senti bionda, io non ti ho capita. Vuoi evadere, ma poi ti incazzi per uno stupido programma di riabilitazione. Vuoi aspettare la buona condotta o vuoi uscire da qui? Perché mi viene il dubbio, non mi sembri tanto convinta. -

- Cosa cazzo ne vuoi sapere tu di quello che penso io! - urla, sull'orlo di una crisi di nervi.

La fisso, piantandole un ginocchio nella coscia per impedirle di divincolarsi. Riesco a sentire tutta la sua frustrazione e tutto il suo dolore.

Mi tira una testata, ma non la lascio. La stringo ancora più forte e le sussurro, ad un soffio dalle sue labbra:

- Cerca di schiarirti le idee... -

Ma poi, rieccole. Le farfalle nello stomaco, il terreno che manca sotto i piedi ed i brividi lungo la schiena.

Vorrei allontanarmi e lasciarla lì, quella conversazione dovrebbe finire così ma... C'è qualcosa che mi spinge a non farlo.

Che mi spinge verso di lei.

In preda alla confusione ed alla rabbia, la bacio.

La bacio forte, violentemente, divorando le sue labbra ed esplorando la sua bocca in ogni millimetro.

E lei ricambia.

Mi morde un labbro ed accoglie la mia lingua.

Iniziamo a rincorrerci con foga, assaporando ogni sfumatura del gusto dell'altra. Scavando, spingendoci, lottando quasi come stavamo facendo poco fa.

Ma i nostri corpi, invece che allontanarsi, si avvicinano.

Ed anche le nostre anime.

Vengo strappata da tutto ciò dal rumore assordante di colpi inferti alla porta della cella ed alla voce urlante di Antonia.

Guardo la parete, poi guardo la bionda.

Mi rendo conto di avere le mie mani sui suoi fianchi e le stacco subito, lei fa lo stesso e la vedo arrossire. Abbassa lo sguardo e va verso la porta.

- Che cazzo c'è Antonia?! - urla.

- Aprite questa cazzo di porta o sarete nei guai! -

Macarena obbedisce e la donna ci strattona fuori.

- Sparite! -

- Si può sapere che cosa succede oppure è un cazzo di segreto?! -

- Succede che i secondini vi stavano cercando e, non trovandovi in tutto il fottuto carcere, hanno pensato bene di venire a frugare nella cella frigorifera. Gli ho detto che la porta è rotta, così se ne sono andati a chiamare i tecnici e abbiamo guadagnato tempo. Si può sapere cosa cazzo stavate facendo lì dentro?! Stavate scopando?! -

- Non sono ... - inizio la frase.

- Sì Sì non sono affari miei, ho capito. Ora però smammate per favore, che in isolamento per colpa vostra non ci vado! - urla, sventolando un mestolo di legno.

Io e Maca usciamo dalla cucina a testa bassa, cercando di passare inosservate. Raggiungiamo la nostra cella, che è vuota. Saranno tutte in cortile o in corridoio.

Non dico una parola e spero che la bionda abbia la decenza di fare lo stesso. Quello che è successo poco fa è inaccettabile ed intollerabile.

- Ho il turno in biblioteca. - mi dice, come se dovesse giustificarsi del fatto che se ne stia andando senza proferire parola.

Non le rispondo e la guardo allontanarsi.

Mentre varca la soglia entra in cella la novellina, come si chiama tra l'altro? Lidia. Saluta Macarena con entusiasmo ma lei non le risponde, andando per la sua strada.

Così Lidia Mi rivolge la parola.

- Va tutto bene? -

La fulmino con lo sguardo.

- Non sono affari tuoi. Sparisci. - ringhio.

- È anche la mia cella questa, non sparisco da nessuna parte. -

Rimango colpita da tutta quell'insolenza, ma cerco di mantenere la calma. Non ho voglia di fare del male a nessuno oggi.

Le volto le spalle e inizio a rifare il mio letto.

- Perché Macarena era arrabbiata? Avete discusso? -  la sento dire.

Mi contraggo dalla testa ai piedi obbligandomi a non muovermi e continuare a fare quello che sto facendo, senza risponderle.

- È la prima volta che la vedo così, deve essere successo qualcosa. Non è da lei non salutare. - continua.

Non ne posso più. Non riesco più a trattenermi. La rabbia mi assale e mi sento anche gelosa, fottutamente gelosa di tutta quella confidenza che sta ostentando nei confronti della bionda. La gelosia è un'emozione che generalmente non accetto, ma è troppo forte, è incontrollabile.

Ci farò i conti più tardi. 

Afferro il legno affilato che tengo da mesi nascosto sotto il materasso, mi volto di scatto, la inchiodo al muro e le punto l'arma alla gola.

- Tu che cosa cazzo ne sai di Macarena? -

La vedo impallidire inizia a balbettare cercando di giustificarsi.

- Zitta, era una domanda retorica. Perché tu non ne sai niente di lei. Quindi stalle alla larga, o questo - indico con lo sguardo il legno affilato che spingo contro la sua gola - la prossima volta te lo infilo nelle orecchie, così non dovrai più preoccuparti di sentire se ti saluta o no. -

Lei annuisce frettolosamente, le vedo gli occhi diventarle lucidi. Che cacasotto.

- Sei proprio una stupida novellina - sentenzio lasciandola - e ora sparisci! -

Questa volta obbedisce.

La guardo uscire e rimango sola. Fisso il pavimento, fisso il legno che tengo nella mano.

Chiudo gli occhi e cerco di fare un sospiro per calmare quel mare di emozioni che ho dentro.

Però non funziona.

Prendo la prima cosa che mi capita a tiro e la scaravento fuori dalla cella, rischiando di colpire Saray.

- Ma che cazzo! - urla.

Poi mi vede in quello stato e capisce che c'è qualcosa che non va.

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Eccomi!

Scusate la falsa pubblicazione di ieri, ma ho misscliccato xD

Enjoy.

Ciao.

Gina.

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