Il tappo di sughero fece un suono strozzato stridendo contro il vetro dell'ampolla. Il delicato profumo di muschio e fiori selvatici si insinuò nelle narici di Elis. Chiuse gli occhi, e lasciò che la foresta reclamasse la creatura, che sprofondò di qualche centimetro nel terriccio. Un'amanita crebbe tra le sue costole, appena visibile sotto i brandelli di pelliccia, mentre dei mughetti sbocciavano dalle cavità del teschio. Elis si legò l'ampolla alla cintura con una cordicella e si incamminò verso casa, per poi paralizzarsi come un coniglio allertato da un cacciatore. Da che parte era casa?
L'aria fresca tratteneva il ricordo della pioggia del giorno prima, con la bruma mattutina che andava dissipandosi. La brezza autunnale stormiva tra le foglie, facendo mormorare gli alberi, ma Elis aveva imparato a non ascoltarli, l'ultima volta che aveva seguito le loro indicazioni finì per vagare in tondo per due ore prima di ritrovare la via corretta.
I suoi movimenti erano asimmetrici, ma fluidi. Un saltello sul piede destro e poi un grande arco sorreggendosi al suo bastone, che ormai trattava come un'estensione del proprio corpo. A volte riusciva a darsi abbastanza slancio da saltare oltre i ruscelli, o da raggiungere i rami più bassi degli alberi, per poi arrampicarsi fino alla cima e cercare la pigna più alta o il frutto più colorato.
Era già la terza volta che Elis si era smarrito questa stagione, e pensare che usualmente era un tipo sagace, ma quando si trattava di orientarsi diventava peggio di una gallina senza testa. La cosa non lo irritava, ogni volta che si perdeva finiva per incontrare nuovi amici; durante la sua ultima escursione si imbatté in una cedronella mimetizzata nell'erba alta, che gli spifferò dove gli scoiattoli nascondevano le loro ghiande in cambio di un segreto. Elis, con un sorriso sornione celato dalla sua maschera, le raccontò una bugia ben pensata. Tutti sanno che le farfalle non sanno mantenere i segreti, persino i ghiri.
Dopo aver scavalcato un tronco caduto, Elis fu costretto a fermarsi quando vide strisciare su una roccia umida una chiocciola dal guscio vermiglio. Per educazione si mise prono davanti a lei, così da trovarsi alla sua stessa altezza. Era sempre rimasto affascinato da chiocciole e lumache. Erano le creature più lente del bosco, eppure Elis non le vedeva mai arrivare. Era convinto che in realtà fossero lente solo mentre le si guardava, ma non era mai riuscito a confermare la sua teoria. Le accarezzò la conchiglia con l'indice, ammirandone il motivo a spirale. Il rosso era il suo colore preferito, dopo il blu ovviamente, ma anche il verde non gli dispiaceva. Dopo essersi accorto di non avere un colore preferito, Elis si scrollò la terra di dosso e ripartì, forse verso casa.
Il vento, probabilmente esausto dopo aver soffiato tutta la mattina, decise di placarsi, e l'atmosfera si addolcì con il canto degli uccelli canori. Stanco di aver vagato fino a mezzogiorno Elis si sedette con la schiena appoggiata a una quercia. L'aria si riempì con una sinfonia di vita condotta da tordi e usignoli, musicisti e spettatori al tempo stesso di un componimento ogni giorno diverso. L'ampolla tintinnò, come attirata da questo sfoggio di vitalità, ed Elis ripensò al nobile cervo di quella mattina. Nel bosco, vita e morte sono fratello e sorella, uniti a braccetto in un ciclo infinito. Il terreno si nutrirà di quella carcassa dando vita a nuova vegetazione, che sarà poi il pasto di un secondo cerbiatto. Tutto viene dalla terra, tutto torna alla terra.
Quando Elis riaprì le palpebre intravide un luccichio nel fogliame davanti a sé, strizzò gli occhi e si sporse lievemente in avanti, senza riuscire a identificare il tesoro che da lì a un minuto sarebbe finito nelle sue tasche. Si mise in piedi e fece schizzare gli occhi tra gli alberi, non si sarebbe fatto fregare da una gazza ladra, non di nuovo. Si avvicinò, l'anticipazione di quel che si celava dietro l'arbusto proiettava mille immagini nella sua mente, una moneta? Una collana? La testa di un'ascia forse? Spostò delicatamente l'intrico di rami e trasalì.
Elis nutriva un profondo rancore nei confronti dei cacciatori, avevano barattato l'antico onore della caccia in cambio di prestigi vanescenti. Spogliavano le creature del bosco senza alcun rimorso, senza che qualcuno li redarguisse. Pelli, denti, corna. Trofei intrisi di sangue che macchiavano le loro giacche, ma non le loro coscienze. Forzavano la mano della morte sulle creature della sorella prima del tempo, e la natura soffriva. Le fauci metalliche fissavano Elis affamate, ma lui sapeva che quelle file di denti non portavano a uno stomaco. Guardò la sua gamba sinistra con occhi torvi, incompleta dal ginocchio in giù, poi strinse la sua ampolla. Colse una pietra da terra e la scagliò con veemenza alla trappola, che con uno stridore innaturale si serrò azzannando l'aria.
Calato l'imbrunire, Elis si era ormai rassegnato a passare una notte sotto le stelle. Non che gli dispiacesse, ma dopo l'estenuante giornata sperava almeno di potersi godere un tè sulla sua comoda poltrona. Puntò il bastone a terra per fare un altro passo, ma invece del fruscio dell'erba sentì un sordo toc. Sgranò gli occhi, sotto di lui era il selciato che conduceva a casa, camuffato da un lenzuolo di foglie variopinte. Rincuorato e colmo di brio saltellò fino alla porta di quercia che più amava vedere. Bussò per abitudine, poi entrò.
Slegò l'ampolla dalla cintura e la posò accanto alle altre, poi alzò la manica della camicia e contò bisbigliando i segni che si era disegnato sull'avambraccio, arrivati ormai al polso. Venticinque. Raccogliere i soffi di vita era stata un'impresa laboriosa, ma finalmente aveva ogni ingrediente necessario. Impaziente, aprì due cassetti sbagliati prima di tirar fuori dalla scrivania un brogliaccio di cuoio.
Preparare la pozione non fu un processo semplice, in parte perché ogni volta che il liquido cambiava colore, Elis rimaneva ammaliato e doveva rileggere il passaggio successivo. Il frinire dei grilli invisibili accompagnava il gorgoglio dell'intruglio, mentre un gruppo di lucciole curiose danzava nella stanza. Prima di andare a dormire Elis mandò giù un sorso abbondante, sapeva di sciroppo. Si rimboccò le coperte e sorrise, indeciso su cosa sognare.
La mattina seguente, Elis fu svegliato da un formicolio al piede sinistro.