"Imma! Eccoti qua, finalmente, giusto a te stavo pensando. Com'è che arrivi a quest'ora in ufficio, è successo qualcosa? Dopo una settimana di ferie, poi... quando lunedì Vitali mi ha detto che per un po' non saresti venuta, non ci potevo credere! La Tataranni che si concede qualche giorno di riposo, sarà stato un miracolo della Madonna della Bruna!"
Imma sbuffò vistosamente, mentre Maria Moliterni, vestita di tutto punto, ingioiellata che manco Elisabetta II, le si piazzò davanti, con lo sguardo indagatore di chi bramava di sapere qualcosa in più del perché non si fosse fatta vedere in procura in quei giorni, per poterne spettegolare in allegria con personale tecnico, amministrativo e, se le rimaneva tempo, pure con gli addetti alle pulizie.
"Sì Maria, mi sono presa una pausa, che è, è diventato reato? E comunque stai serena, nessun intervento divino, la telefonata al Papa tienitela per un'altra volta, magari per quando in questa procura il miracolo avverrà sul serio e inizierete a fare quello per cui siete pagati dai contribuenti e pure profumatamente, ossia lavorare."
La Moliterni fece un sorriso tirato, sfoggiando il solito, fintissimo garbo che aveva affinato in anni di cene ed eventi aggrappata al braccio del marito prefetto. La responsabile d'archivio aveva fatto presto ad abituarsi alla mondanità tutta imballata e snob dell'alta società, e neppure agli inizi si era sentita un pesce fuor d'acqua, al contrario di Imma, che andava fiera della sua collezione di inviti rispediti - e manco tanto gentilmente - ai mittenti. Non ce la faceva, la dottoressa, non ce la faceva proprio: i convenevoli, la rigidità, le risate contenute, le occhiate di traverso, i pettegolezzi, il cibo in quantità ridicole. Pietro le aveva spiegato che si chiamava finger food, e che ormai era di moda, era chic. Avrebbe voluto dirglielo lei, in modo molto meno chic, dove avrebbero dovuto infilarsi quel dito.
"Imma, a sentire te in questa procura lavorate in tre: tu, la tua cancelliera e il maresciallo Calogiuri. Noi altri stiamo qua a girarci i pollici e ad acchiappare le mosche, non è vero? Se solo facessi uno sforzo, invece, ti accorgeresti che siamo una bellissima ed affiatatissima squ..."
"Sì sì, un'affiatatissima squadra, come no. Mi dispiace interrompere questa amabile chiacchierata, Maria, ma devo scappare, sono in ritardo. Nel frattempo, che ne dici di fare squadra procurandomi il fascicolo su quella storia di abusivismo edilizio di cui ti avevo parlato? Tra una cosa e l'altra sono passate due settimane, avrà fatto in tempo a trovarsi da solo e ad andare in autocombustione per la noia. Entro un'ora sulla mia scrivania, grazie."
Imma non aspettò neppure una risposta, anche se un velenoso "mi eri proprio mancata, dottoressa" la raggiunse forte e chiaro mentre imboccava le scale. Il fragore provocato dai tacchi che sbattevano sui gradini la fece sentire di nuovo a casa, appagata e felice come mai era stata in quei giorni trascorsi in famiglia. Non poteva negarlo, non a sé stessa: il suo posto sarebbe stato sempre la procura. Era lì che si sentiva forte, sicura, era lì che dava il meglio di sé. Non ci sarebbe Imma, senza la dottoressa Tataranni. Il suo lavoro le concedeva un lusso a cui non avrebbe mai rinunciato: quello di non dover a tutti i costi smussare gli angoli più spigolosi del suo carattere per apparire più affabile, più conciliante, più sopportabile. In procura non doveva mordersi la lingua, non doveva preoccuparsi delle reazioni altrui, era uno dei pochi contesti - o meglio, l'unico - in cui sentiva di andare bene così. E per carità, era consapevole che se avessero indetto un concorso per eleggere il più simpatico della procura probabilmente si sarebbe piazzata decima di undici (e solo perché esisteva Taccardi), ma aveva l'impressione che a nessuno lì importasse davvero, che nessuno pretendesse da lei qualcosa di diverso da impegno e risultati. In famiglia, invece, soprattutto negli ultimi tempi, le sembrava di dover sempre correggere qualcosa: le intemperanze, i modi di fare, la schiettezza, persino il senso dell'umorismo. Era come costretta a normalizzarsi, ad eliminare dalla sua personalità tutto ciò che fosse vagamente esuberante, che potesse apparire di troppo: peccato però che lei, senza quel troppo, non si sentisse Imma.
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Don't give me those eyes - [Imma e Calogiuri]
FanfictionLa storia racconta le vicende successive al bacio tra Imma e Calogiuri, che chiude la prima stagione della fiction. Dopo quanto successo, Imma è confusa, divisa tra sentimenti a cui non riesce a dare un nome e la sua proverbiale razionalità, che le...