LA VITA SUL PIANETA MARTE ***
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Giovanni Virginio Schiaparelli
LA VITA SUL PIANETA MARTE
I. IL PIANETA MARTE - Estratto dai fascicoli N.i 5 e 6 1 e 15 febbraio 1893 della Rivista "Natura ed Arte"
II. LA VITA SUL PIANETA MARTE - Estratto dal fascicolo N.° 11 Anno IV - 1895 della Rivista "Natura ed Arte"
III. IL PIANETA MARTE - Estratto dalla rivista Natura ed Arte, Anno XIX, n° 1,1° dicembre 1909
GIOVANNI SCHIAPARELLI
IL PIANETA MARTE
Estratto dai fascicoli N.i 5 e 6 1 e 15 febbraio 1893 della Rivista "Natura ed Arte"
Nelle belle sere dell'autunno passato una grande stella rossa fu veduta per più mesi brillare sull'orizzonte meridionale del cielo; era il pianeta Marte, che si accostava per qualche tempo alla Terra in una delle sue apparizioni, solite a ripetersi ad intervalli di 780 giorni. Nella schiera degli otto pianeti principali Marte occupa, per volume, il penultimo luogo; il solo Mercurio è più piccolo di lui. Ma in certe posizioni, in cui egli ritorna ad intervalli di sedici anni, Marte può avvicinarsi alla Terra più dell'usato, brillando più di ogni altro pianeta, Venere sola eccettuata; ed in tali contingenze tanto arde di luce rossa, da meritare il nome, che i Greci gli diedero, di _Pyrois_(infocato). Nei tempi ormai per sempre passati, quando si pretendeva di leggere in cielo l'avvenire degli umani eventi, queste grandi apparizioni di Marte erano lo spavento dei popoli, e davano molto da fare agli astrologi, ai quali incombeva il compito, non sempre facile, di studiare l'influsso del pianeta sulle vicende guerresche e sulle costellazioni politiche del momento. Anche ora la grande apparizione testè avvenuta di Marte ha destato il pubblico interesse; ma per una ragione ben diversa. Oggi è nata presso alcuni la speranza, che da osservazioni diligenti fatte sulla sua superficie con giganteschi telescopi, si possa ottenere quando che sia la soluzione di un gran problema cosmologico; arrivar cioè a sapere, se i corpi celesti possano dirsi sede di esseri intelligenti, o, almeno, di esseri organizzati.
L'idea di popolare gli astri e le sfere celesti d'intelligenze pure o corporee, di animali e di piante, non è nuova; ed una curiosa rassegna sarebbe a farsi di tutti gli scrittori antichi e moderni che si esercitarono su questo tema, incominciando dal _Sogno di Scipione_di Cicerone, e dalla _Storia veridica_di Luciano Samosatese, e venendo già per Dante, Giordano Bruno, Ugenio e Kircher a quegli eleganti novellatori francesi Cyrano di Bergorac, Fontenelle, Voltaire, i quali posero negli spazi celesti il teatro delle loro argute o satiriche descrizioni, per arrivare in ultimo al celebre Hans Pfaal d'Amsterdam, ben noto ai lettori di Edgar Poe. La maggior parte di questi scritti però o professano di esser pure immaginazioni poetiche, o sono scherzi di ingegno dei quali il vero pregio deve cercarsi in tutt'altra parte che in una seria discussione dell'argomento di cui stiamo discorrendo. Ma nel presente secolo diversi scrittori tentarono di elevare la pluralità dei mondi abitati alla dignità di questione filosofica. Lasciando da parte le sedicenti rivelazioni degli spiritisti, che ai nostri tempi hanno rinnovato ed anzi superato le visioni di Swedenborg, basterà nominare Giovanni Reynaud (_Terre et Ciel_) e Davide Brewster (_More Worlds than one_) i quali collocarono negli astri le speranze della nostra vita futura e seppero trovare, non dirò dimostrazioni (che in questa materia non ve n'è) ma pensieri ed aspirazioni che ebbero e sempre avranno eco vivissima nel sentimento di molti. Metafisica per metafisica, preferiamo questa ai dogmi brutali e scoraggianti del materialismo. Quanto ai teologi cristiani, essi, seguendo l'esempio di San Tommaso, quasi tutti osteggiarono l'idea che possano esistere altri mondi simili al mondo terrestre. Dico, quasi tutti, perchè noi leggiamo in uno di loro, a cui certamente nessuno ha potuto far rimprovero d'empietà, le parole seguenti[1]