Se avete bisogno di una storia un po' triste e nostalgica, questa fa proprio per voi.
Ero uscita dal lavoro dopo una settimana che definire stancante sarebbe stato solo una presa in giro. Avevo bisogno di una birra chiara fresca e dissetante, prima di trascinarmi nel mio appartamento vuoto e iniziare a scaricare i file della nuova causa a cui avrei doluto lavorare nel weekend. New York era come sempre brulicante di turisti, artisti e curiosi e in quel venerdì sera di fine luglio sembrava che si fossero dati tutti appuntamento in Wall Street.
Se durante il giorno per le vie di Manhattan non passavo inosservata con il mio completo costoso blu marine e la camicetta sempre perfetta, ma per l'Afterhours ero decisamente una mosca bianca. Entrai nel mio bar preferito, nulla di pretenzioso, ma neanche troppo sciatto. Divanetti comodi e sgabelli riempivano i lati fino al bancone.
Mi sedetti lì e ordinai una birra. Ogni volta mi dicevo che dovevo raffinare i miei gusti, dovevo dimenticare ogni cosa che mi legava al passato e andare oltre, ma non lo facevo mai soprattutto quando ero troppo stanca per obbligarmi a fare qualcosa che non volevo.
Nessuno dei miei colleghi sapeva di quella piccola concessione perché non era abbastanza raffinata, se non la bevevo al bar da sola lo facevo a casa dove tenevo sempre una scorta in frigorifero. Da brava ragazzaccia. Quando mia madre veniva in visita ero brava a nasconderle dietro il cartone del latte o cercavo di evitare di farla avvicinare alla mia dispensa. Non era molto difficile visto che per lei avvicinarsi alla cucina voleva dire farsi venire l'orticaria. Quell'unica volta che mi aveva beccato le avevo detto che Tony, il ragazzo con cui uscivo all'epoca, mi aveva costretto a comprarla per lui. Ero brava a dire bugie. Le dicevo a tutti, ogni giorno della mia vita.
D. Ti piace lavorare allo studio Brigthon? R. Sì, meraviglioso, non potevo capitare in uno studio di avvocati migliore.
D. Ti piace derubare i poveri per rendere i ricchi ancora più ricchi? R. Certo, non ho una coscienza.
D. Tuo padre deve essere davvero felice che tu stia seguendo la tua strada. R: Non supera il mio entusiasmo però.
Erano tutte bugie bianche, per non ferire nessuno e più rispondevo in quel modo più me ne convincevo anch'io. Quasi. Ma la mia piccola rivolta della birra era l'unica cosa che mi teneva ancorata ad un passato in cui ero stata me stessa e in cui credevo ancora nei sogni.
–Ehi, chi non muore si rivede. – Quella voce mi colpì al petto come un fuoco d'artificio che aveva sbagliato strada. Le orecchie cominciarono ad andarmi a fuoco e sapevo di essere diventata bordeaux, quando mi girai con un'espressione il più possibile cordiale verso il ragazzo che mi aveva rovinato la vita costringendomi a vivere quella di qualcun'altra.
–Ciao! Cosa ci fai qui?! – Più precisamente nella mia zona, vicino alla via dove io lavoravo, nella mia parte di Manhattan. Mica io invadevo la sua, cazzo, mai fatto e mi sarei aspettata da lui la stessa delicatezza.
–Dovevo incontrare degli amici per poi uscire a cena. Tu come stai? È da un bel po' che non ci vediamo. – Mi parlava come se fossi una sua vecchia amica, come se ci fossimo lasciati in buoni rapporti e potessimo affrontare una conversazione normale. Osservai il suo viso familiare, ma allo stesso tempo sconosciuto, erano quindici anni che non lo vedevo ed ero sicura che l'uomo che conoscevo non esisteva più. Era passato troppo tempo perché non fosse cambiato come lo ero io. Allora ero solo una ragazzina di vent'anni e credevo che tutto il mio mondo fosse lui. Una stupida, che non aveva mai pensato per un attimo che mi l'avrebbe tradita. Mai neanche quando glielo aveva sbattuto in faccia. Illusa.
Ma adesso era diverso. Ero una donna e avevo imparato dai miei errori. Lo guardai senza mostrare un vero interesse di continuare la conversazione.
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IL DESTINO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
Short StorySe avete bisogno di una storia d'amore un po' triste e nostalgica, questa fa proprio per voi.