Di prati.

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"Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prim'ancora che i corpi si vedano. Generalmente, essi avvengono quando arriviamo a un limite, quando abbiamo bisogno di morire e rinascere emotivamente."
~Paulo Coelho
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Simone si svegliò circondato da un verde brillante. Il suo stato d'animo rifletteva il cielo; si sentiva sereno, privato di ogni nuvola e ogni tipo di dolore, quale solo la tempesta poteva causare. Si sentiva leggero come le farfalle che abbellivano il paesaggio, e felice come il sole che, nonostante tutto, splendeva incurante di tutta la pioggia che aveva cercato di abbatterlo.

Aperti gli occhi scuri, che contrastavano la chiarezza del paesaggio, si guardò intorno, curioso, ma per nulla intimorito. Ora, qualsiasi altro uomo svegliandosi in un prato deserto avrebbe probabilmente avuto un attacco di panico; ma Simone era tranquillo. C'era qualcosa in quel posto, una presenza leggera e rasserenante, una vocina che gli sussurrava che andava tutto bene, che stava bene, e che non doveva preoccuparsi. E Simone non poteva far altro che ascoltarla quella voce silenziosa che lo cullava come un bambino.

Simone pensò che quello era il posto in cui voleva rimanere per sempre.

Un luogo di pace, lontano dalla crudeltà della morte e dal dolore della vita. Il luogo di mezzo, immaginario ma infinitamente straordinario; un paradiso inesistente, perché solo qualcosa di inesistente poteva essere così perfetto.

Simone osservò i fiori, maturi, sbocciati, vivi. Ne prese uno tra le mani, rosso e brillante, e si mise a ruotarlo in senso orario, osservando quella vita che forse non era poi tanto brutta.

La vita. Quella che aveva provato a sconfiggere in un prato bello esattamente come quello. Quella bastarda che aveva considerato come una nemica, che lo aveva martoriato e segnato per sempre. L'aveva odiata al punto da volerla uccidere; ma lei era stronza da morire, e non gliel'avrebbe permesso così facilmente.

Gli aveva fatto un regalo, però, la vita. Gli aveva regalato quel prato, come a volergli chiedere una tregua. Simone sorride al pensiero; una tregua l'avrebbe anche accettata, se solo fosse riuscito a uscire da quel benedetto prato.

Non si sentiva in trappola, non esattamente. Era bello stare lì; era tranquillizzante. L'aria fresca sapeva di fiori, di primavera, addirittura di felicità.

Ma non sapeva ancora di casa.

E proprio per questo la vita aveva deciso di donargli un'altra cosa. Una direzione da seguire, un sentiero indicato, nascosto, che si aggirava tra gli alberi circostanti e sussurrava il nome di Simone.

Al suono di quella voce, il ragazzo sussultò. Scattò in piedi e si guardò intorno, alla ricerca di quell'intruso che aveva osato disturbare la sua pace.

"Simo..." qualcuno sbucò da dietro un albero, e Simone ci mise un po' per mettere a fuoco quell'immagine.

Per un momento pensò di essere davanti alla sua coscienza. Il ragazzo di fronte a lui era...beh, era lui. Era lui, ma il suo taglio di capelli era leggermente diverso, i suoi lineamenti un tantino più morbidi, il fuoco negli occhi più moderato e il sorriso largamente più brillante. Tante piccole differenze, trasparenti all'occhio di un qualsiasi essere umano disattento; ma Simone aveva notato tutto, e aveva già capito dalla voce, controllata e più acuta della sua, che forse quel ragazzo non era lui.

Era la sua metà.

Simone deglutì forte. "Jacopo." disse solamente.

Di prati e di destini intrecciati | simone e manuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora