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« Aiutoooo! Aiutatemiiiii! Quell’uomo ha cercato di toccarmi!».
Continuò a gridare, e a indicare l’uomo. E vide che alcune persone stavano guardando verso di lui.
Ma non facevano niente; si limitavano a guardare.
Tante facce che lo guardavano, ma nessuno che si muovesse. In un certo senso era peggio di tutto quello che gli era accaduto finora; quelle persone riuscivano a sentirlo, ma nessuno l’aiutava.
E poi vide qualcuno che si muoveva. Era un ragazzo robusto, non ancora un uomo, ma indossava una divisa, come quella che portava il suo papà, prima che morisse. Il che significava che era un marine.
Si stava dirigendo verso l’uomo, e aveva un’espressione arrabbiata. E adesso, come se avessero aspettato solo il suo esempio, anche altre persone si stavano muovendo. Alcuni uomini, probabilmente dei genitori, una donna con un cellulare in mano.
L’uomo fece un rapido dietro-front e se la diede a gambe.
Strisciò sotto la struttura, dirigendosi verso il retro, verso la tenda dove si trovava la mamma di Jimin. Si muoveva rapidamente, molto più veloce delle altre persone.
Ma prima di sparire completamente mandò un messaggio a Jimin.
Ci rivedremo.
Quando scomparve, Jimin si lasciò cadere contro il cordame della rete, sentendo il tessuto ruvido contro il collo. La gente sotto lo chiamava, dei bambini dietro di lui sussurravano incuriositi. Ma tutto questo non importava. Adesso poteva anche piangere, e non ci sarebbe stato niente di male. Ma chissà perché, gli sembrò di non avere più lacrime.

La polizia non fu di grande aiuto. C’erano due agenti, un uomo e una donna. La donna credeva a Jimin, anche se non completamente. Ma ogni volta che i suoi occhi sembravano illuminarsi di una scintilla di comprensione, cominciava a scuotere la testa e gli chiedeva: «Ma tesoro, cosa stava veramente facendo quell’uomo a Taehyung? Su, dolcezza, lo so che è brutto, ma per favore, cerca di ricordare, dai!».
L’uomo invece non gli credeva neanche un po. Se avesse potuto, Jimin li avrebbe mandato via e avrebbe chiamato al loro posto il marine del parco divertimenti. Nella tenda avevano trovato solo sua madre; Taehyung era sparito. Jimin non ne era certo, ma l'uomo lo avrebbe di sicuro portato via con sé. E Jimin non voleva neanche sapere il motivo per cui l'aveva fatto.
Alla fine l polizia l'accompagnò a casa della sua prozia keiko, l'unica parente che gli fosse rimasta. La zia Keiko era vecchia, e le sue mani ossute gli fecero male quando lo strinse. Scoppiò a piangere.
La zia Keiko sistemò Jimin in una stanza piena di strani odori e provò a dargli una medicina per farlo dormire. Era come uno sciroppo per la tosse, ma gli intorpidì la lingua; Jimin aspettò che la zia se ne andasse, poi sputò lo sciroppo in una mano e se la pulì sul lenzuolo, nel punto in cui s'infilava sotto il materasso. Dopodiché si strinse le gambe con la testa sulle ginocchia e rimase seduto sul letto, al buio. Aveva un problema; era troppo piccolo, troppo debole e indifeso. Prima o poi l'uomo sarebbe tornato e lui non sarebbe stato in grado di difendersi. Perché una cosa era certa: l'uomo sarebbe tornato. Jimin sapeva cos'era quell'uomo, anche se gli adulti non gli credevano: era un vampiro. Proprio come quelli in TV. Un mostro che beveva sangue. E lui sapeva che Jimin lo sapeva.
Ecco perché gli aveva detto che si sarebbero rivisti. Finalmente, quando tutto fu quieto nella casa della zia Keiko, Jimin si avvicinò in punta di piedi alla cabina armadio e aprì la porta scorrevole. Si arrampicò sulla rastrelliera delle scarpe e si contorse fino a quando non riuscì a infilarsi sullo scaffale sopra all'appendiabiti: era stretto, ma per lui andava bene. Essere così piccolo aveva i suoi vantaggi. E Jimin doveva fare buon uso di ogni sua risorsa. Con l'alluce di un piedino fece scorrere la porta fino a chiuderla. Poi, con dei maglioni e altre cose sistemate sullo scaffale, si coprì tutto, persino la testa. Dopodiché si rannicchiò sul duro legno e chiuse gli occhi.
Durante la notte fu svegliato dall'odore del fumo; qualcosa bruciava. Scese dallo scaffale - cadde, in effetti - e vide che la sua stanza andava in fiamme.
Senza sapere bene cosa stava facendo, riuscì ad attraversare le fiamme correndo, e uscì dalla casa; l'intera notte fu come un incubo sfocato.
Sì, perché la zia Keiko non se la cavò. Quando arrivarono i pompieri, con le sirene e le luci lampeggianti, era già troppo tardi.
E nonostante Jimin fosse sicuro che fosse stato lui, il vampiro, ad appiccare il fuoco, la polizia non gli credette. Non capivano perché lui volesse ucciderlo, perché dovesse ucciderlo. La mattina dopo lo portarono in una casa, in affido; una casa che sarebbe stata solo la prima di una lunga serie. Brava gente, ma Jimin non permise loro di confortarlo o di abbracciarlo; sapeva già quello che avrebbe dovuto fare.
Sapeva che se avesse voluto sopravvivere sarebbe dovuto diventare duro e forte.
Non poteva pensare a nessuno, non poteva fidarsi di nessuno. Perché nessuno avrebbe potuto proteggerlo. Neanche la sua mamma ci era riuscita. Avrebbe dovuto proteggersi da solo. E per farlo avrebbe dovuto imparare a lottare.

𑁍𑁍𑁍𑁍𑁍𑁍

Viky ☃︎

Il Prescelto - Yoonmin (Continuo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora