L'amore ti rianima il cuore quando meno te lo aspetti, anche se quest'ultimo è fatto di marmo. E nonostante tu sia immobile, imperturbabile, senza vita, esso arriva dal nulla e ti smuove.
I fiocchi di neve cadevano delicati sulla sua pelle marmorea già da tempo ormai, il suono che producevano quando si posavano era impercettibilmente fastidioso, e ciò la irritava. Come anche lo sgradevole bianco intorno a lei. L'inverno era la stagione che meno sopportava, nonostante ne avesse trascorsi davvero tanti, fino a perderne il conto, sotto l'archetto di quelli che dovevano essere lillà nei loro giorni migliori. Lo odiava soprattutto perché trasformava il giardino in cui viveva in un inferno latteo e slavato. Certo lei, umile statua dalle fattezze androgine, non ne sapeva molto d'inferno, ma la persona che più amava al mondo sì. Almeno, nelle letture che spesso le leggeva esso veniva citato, e lei aveva appreso che era un luogo eternamente brutto e doloroso, come il suo giardino ricoperto da quel manto smorto. Soffriva la solitudine che quel ciclo della natura portava con sé; nessuno della grande dimora andava a trovarla, per giorni e giorni non intravedeva persone, e da mesi non intravedeva lei, Leah. Ne aveva avuti di "padroni", venne sistemata sotto quel suo tetto viola dal nonno del nonno della nonna del... aveva perduto anche quel conto. Quindi aveva visto intorno a sé non sa quanti bambini urlanti, giovani amanti, adulti esasperati, tristi, gioiosi, brilli. Ad alcuni si era affezionata, era felice di vederli camminare nel suo giardino, correre da lei per avere una sorta di conforto dalla realtà, ma nessuno di essi l'aveva colpita come Leah. Ricorda chiaramente il giorno estivo in cui nacque: il verde mare che ravvivava il giardino; i suoi lillà trasformati in foglie larghe e rinfrescanti; le farfalle arcobaleno che danzavano alla musica soave dei mille e più uccelli che vorticavano sopra il suo mondo; il suo primo pianto soffuso; le risate dei parenti; il via vai dalle finestre. Fu una giornata lieta, una festa, perché Leah era stata voluta per anni e quando la speranza era ormai scomparsa dai volti dei suoi genitori, ecco che arrivò e riempì il loro tempo.
La vide crescere: i primi passi; la prima sbucciatura al ginocchio sul vialetto di pietra; la prima corsa intorno alla vasta fontana con Sara, la prima amica; il primo nascondersi per paura di una ramanzina materna; il primo libro letto, seduta sulle sue dure gambe e il sorriso ad ogni parola nuova; il primo amore, il primo pianto, le prime urla verso l'infinito. Vide tutto di Leah, ogni dettaglio, ogni sfumatura, ogni risata e capriccio. Sebbene la sua natura da statua la rendesse ferma, salda, inerte, lei poteva voltare il suo sguardo in ogni angolo del suo regno, persino sulla vasta campagna che si univa all'infinito cielo dietro la sua candida e nuda schiena. Era grata per quel dono, ma a volte lo detestava, perché non gli bastava. Lei voleva muoversi, voleva abbracciare Leah, confortarla, accarezzare il suo volto rigato di lacrime o illuminato dal sorriso, ridere alle sue battute, farle i complimenti per i suoi abiti, quando essa scendeva entusiasta la piccola scalinata per mostrarglieli con una giravolta.
Lei era in qualche modo la sua amica muta sempre presente. La ragazza amava raccontarle le sue giornate, i suoi segreti, i suoi sogni, i suoi incubi e paure. Leha amava la compagnia della sua statua senza nome. Molte volte anche la ragazza desiderava intensamente che lei la rispondesse, la sorridesse, la confortasse e persino la sgridasse, quando i pensieri diventavano troppo ingarbugliati e lei non prendeva la decisione giusta. Entrambe desideravano qualcosa di reale tra loro, ma mentre la razionalità umana faceva sorridere Leah a questa fantasia, lei piangeva lacrime invisibili che piano piano stavano facendo sgretolare il suo cuore di marmo.Poi successe, Leah cambiò. L'aveva vista altre volte con le labbra rosee in su, gli occhi sognanti, i capelli baciati più intensamente dal sole e la risata vibrante, cioè innamorata, ma il suo animo percepiva che c'era qualcosa di diverso. Infatti, in seguito la luce della ragazza si affievolì. Scese sempre meno in giardino per parlare con lei, alcune volte arrivava con passo deciso, si posizionava di fronte, abbozzava qualche parola, ma poi la sua voce si spazzava e il suo sguardo diventava velato. A quel punto si girava e, fiera come solo lei sapeva essere, ritornava su per la scalinata e scompariva dietro la porta. Non le piaceva vederla in quel modo. Poi non la vide per alcuni mesi, la intravedeva passare tra i finestroni della grande villa, nervosa, isterica, ansiosa. La guardava fermarsi a uno di essi con lo sguardo perso chissà dove, finché non arrivava qualcuno a ridestarla e sconsolata ritornava alla sua realtà.
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Disincanto
Short StoryChi dice che l'Amore è pura felicità, mente. Amarsi a volte è solo sofferenza. I protagonisti di questi racconti lo sanno... *Le storie dovrebbero essere 7, spero di riuscire a scriverle tutte. Al momento sono a quota 4, o meglio: 1 finita, 2 inizia...