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23 febbraio 2023

Dammi mezz'ora di sole
a peso morto nel mare tra le onde,
mezz'ora di sole
chiuso in questa prigione.

Christian sbuffò rumorosamente e abbassò di riflesso il volume dello stereo dell'auto. Ritrovarsi imbottigliato nel traffico di Milano lo rendeva già parecchio nervoso, ma ascoltare quella canzone lo rendeva ancora più nervoso.

Avrebbe voluto abbassare il volume prima, però, avrebbe voluto che quella canzone non partisse mai. In realtà, gli sarebbe bastato rimuoverla dalla sua playlist di Spotify, ma non ci riusciva. Eliminarla sarebbe stato come passare un colpo di spugna sul periodo più felice e luminoso dei suoi vent'anni, perciò continuava a fare quel gioco stupido e autolesionista in cui in pratica si costringeva ad ascoltarla a spizzichi perché puntualmente incapace di interromperla in tempo, e ogni volta riusciva in pochi secondi a correre così tanto col pensiero che – anche se per un solo secondo – riusciva a sorridere districandosi fra i ricordi, ma poi gli tornava tutto in mente – di colpo, come una doccia fredda – e rimaneva con l'amaro in bocca come al solito.

Anche quella volta, come tutte, andò così: sembrava che i suoi pensieri avessero addirittura imboccato un'autostrada più scorrevole e con meno limiti di velocità del solito, e così in meno di un attimo lo riportarono sulla costa pugliese, scaldato dal sole rovente e rifrescato dall'acqua cristallina.

Quelli – Christian avrebbe potuto giurarlo – erano stati per lui i giorni più spensierati di sempre. Amici era finito, si era preso tante soddisfazioni sul piano professionale e altrettante gioie sul piano personale, ma la più grande era stesa sull'asciugamano di fianco a lui, con gli occhiali da sole calati sugli occhi azzurri e i riccioli biondi sparpagliati dal vento e dalla salsedine.

Mattia era qualcosa che non avrebbe saputo dire. Era tutto e troppo al tempo stesso, era ogni cosa che si potesse immaginare e anche di più, era un pensiero che non poteva essere ingabbiato in confini netti, in definizioni inequivocabili, era un qualcosa che – in realtà – prima di conoscerlo non credeva che sarebbe potuto esistere. Era leggerezza con i piedi per terra, era misurata sregolatezza, era un'ombra illuminata. Riusciva a definirlo solo attraverso i contrasti: un insieme di polarità che mai si penserebbe possano coesistere, ma che in lui convivevano tutte e tutte insieme, rendendolo il caleidoscopio di sfumature che sintetizzavano alla perfezione ogni fibra di ciò che era.

Christian, Mattia, non lo aveva previsto. Era entrato ad Amici con il solo ed unico obiettivo della danza, con l'impegno di realizzare un sogno immenso e ben più grande di lui, perché non era solo il suo sogno ma era anche quello di sua madre, che per lui e sua sorella aveva dovuto rinunciare – con immensa gioia, a detta sua, perché i suoi figli erano la sua gioia più grande – a quel sogno per ben due volte. Dunque Christian era entrato in quella scuola affamato come non mai, desideroso di dimostrare quanto avesse imparato proprio grazie a sua madre, e smanioso di imparare ancora di più, di mettersi alla prova giorno dopo giorno: nella sua testa solo passi, coreografie, ritmi da mantenere e musiche da assorbire.

Poi, d'un tratto, Mattia.

Senza nessun preavviso, nessuna previsione, senza nemmeno l'ipotesi che sarebbe potuto arrivare, Mattia era arrivato nella sua vita come un uragano silenzioso e si era costruito un posticino tutto suo, e questo, forse, era la cosa che più di tutte aveva lasciato Christian a bocca aperta: Mattia non aveva occupato nessun posto prestabilito o predisposto, ma si era semplicemente fatto spazio fra le pieghe e fra gli spazi della vita di Christian, e lì aveva messo insieme pezzo per pezzo un angolino che era solo suo, che seguiva le curve della sua sconfinata gentilezza e gli spigoli del suo inevitabile brontolare per ogni piccola cosa.

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