Il ritorno.

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"Di nuovo questa stronza abbiamo qui?" chiese una voce a me conosciuta: era l'ispettore Castillo, che chiedeva al poliziotto il mio curriculum.
Mi teneva d'occhio da quando ero ragazzina e per me era come un secondo padre.

*Macarena Ferreiro: 28 dicembre 1984
Condanne negli ultimi due anni. 
*fascicolo aggiornato recentemente*

3 Rapina a mano armata;
4 Furto d'auto;
1 tentato omicidio.*

Si, questi erano alcuni dei miei dati personali, ovvero quelli che interessavano a Castillo, tanto ormai sapeva tutto a memoria per quante volte mi aveva arrestata.
"Porca puttana, non ti smentisci mai." disse, lanciandomi uno sguardo veloce, riposandolo  sul foglio.
"Non mi piacciono i cambiamenti." risposi sorridendogli, mentre mi accesi una sigaretta, che portai alla bocca per aspirarne il fumo.
"Che figlia di puttana!" esclamò l'ispettore, lanciando il curriculum sul tavolo, cascando in una risata leggera, per poi bere il contenuto della sua bottiglia. "Ti manderemo di nuovo a Cruz del Sur, così sai bene come funziona la routine."

Dopo avermi messo le manette ai polsi, per accompagnarmi personalmente a Cruz del Sur, salimmo nella sua macchina dove iniziammo a parlare, o almeno lui, perché io ero concentrata a farmi i cazzi miei osservando il paesaggio che scorreva davanti ai miei occhi.
"Ferreiro mi stai ascoltando?" chiese Castillo mantenendo lo sguardo sulla strada ed io mi voltai verso di lui con sguardo infastidito. "Mio dio Castillo, so cosa devo o non devo fare e non c'è bisogno che ogni volta ripartiamo da capo, cazzo!" esclamai voltandomi nuovamente verso il finestrino, ma con la coda dell'occhio potevo vedere l'uomo al mio fianco scuotere leggermente la testa, riprendendo a sé la pazienza. Forse si era proprio dimenticato di com'ero fatta, ma infondo lui stesso disse che non mi sarei smentita mai.

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Arrivati davanti al cancello del carcere, si aprì automaticamente ed entrammo con la macchina per andare a parcheggiare.
Mi scese da essa prendendo il mio braccio delicatamente, come se mi potessi rompere da un momento all'altro. "Non sono un pacco con suscritto fragile." dissi ridacchiando leggermente, mentre guardavo con un sorriso sulle labbra il mio carcere. "Ti avverto... se tu e quel fottuto elfo dell'inferno fate qualche vostra cazzate, ve la vedrete con me." disse Castillo alle mie spalle, facendomi sussultare leggermente. "È ancora qui?"
Mentre ponevo la mia domanda, i miei occhi brillavano dalla felicità, e quando Castillo annuì confermando la mia domanda iniziai a saltare di gioia dentro di me, ma non lo diedi a notare, sennò sarebbero stati cazzi. 

Il fottuto elfo dell'inferno, era lì e l'avrei rivista dopo due lunghi anni, cazzo. Il vuoto in tutto quel tempo si espanse in me e nessuno, dico nessuno, lo aveva mai saputo colmare, ma con un solo nomignolo che indicava la mia spalla destra, quel vuoto era praticamente svanito.
Il nomignolo se lo inventò lei, era una cazzo di bomba ad orologeria che poteva scoppiare in qualsiasi momento volesse; poteva rovinarti la vita con una sola telefonata e com'era temuta lei, non lo era nessuno.

Salutai Castillo con un sorrisetto che solo lui poteva capire e infatti aveva già promesso di ammazzarmi con le sue mani.. a me e al mio fottuto elfo, ma infondo era affezionato a noi e io ne ero certa.
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A causa dei fogli da firmare e tutto il resto, restai bloccata in ufficio con la direttrice e Castillo per più di un quarto d'ora.
Appena messa un'ultima firma sospirai dal sollievo e dopo scale su scale da scendere varcai la porta, quella porta.

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