Caos

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Sentimmo delle voci in lontananza. "Scendi, ti copro io." Zule si prese il compito di guardare se le altre arrivavano, mentre io mi sistemavo nel letto facendo finta di dormire, che attrice.

"Ho fatto!" bisbigliai esclamando a Zulema, così che quest'ultima poteva creare un diversivo. Prese velocemente il libro sul suo letto, per poi andare verso il tavolo, dove portò la sedia all'indietro per sedersi su essa, appoggiando i piedi sul tavolo di metallo verde, che avevamo in camera e dopo di ché aprì ad una pagina a caso facendo finta di leggere il libro che stava leggendo prima che la interrompessi, per non creare sospetti. Fortunatamente eravamo riuscite ad ingannare l'occhio di tutte, che solo dei secondi dopo entrarono in cella. Riccia venne subito da me, e sentii lo sguardo di Zule bruciarmi addosso appena che la Riccia mi svegliò con un bacio sulla guancia e nel mentre mi abbracciava guardai il mio elfo che ricambiò lo sguardo, fino a quando non arrivò Saray che l'abbracciò, prima guardò Zulema che annuì e poi guardò me regalandomi un sorriso 32 denti, mandandomi dopo un bacio.

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Il giorno dopo a cena, Zule arrivò in ritardo di pochi minuti, ma noi eravamo già sedute coi vassoi davanti e l'unico posto libero era quello davanti a me e appena preso il vassoio con il cibo, il mio elfo si sedette a quel posto e fece una faccia come infastidita.
Iniziai a sorriderle, ma non venne ricambiato, allora provai a parlarle ma niente, mi evitava proprio, a sapere cos'avevo fatto adesso. Dal fastidio che mi aveva provocato quella figlia di puttana, mi alzai e andai verso la porta, ma venni bloccata da una guardia, alla mia destra, non l'avevo mai vista.
"Troia di merda vattene a sedere" disse ridendo. Chi cazzo era questo stronzo che mi aveva appena dato della troia? Mi dispiace per lui, ma non sapeva con chi andava incontro e se tanto voleva saperlo, odiavo gli uomini che cercavano di fare i superiori offendendo chiunque, così mi voltai verso di lui e con uno sguardo infuocato gli andai sul muso: "E tu chi cazzo saresti?" "Qui le domande le faccio io, adesso vatti a sedere Ferreiro. Castillo mi ha parlato molto di te." rispose afferrando con forza il mio braccio, stringendolo con tutta la sua forza, fino a farmi gemere dal dolore. Mentre abbassai lo sguardo dal dolore notai il suo nome sul cartellino, Hierro, già il comportamento era da porci e in più il suo cognome faceva venire i brividi.
"Bene, allora saprai benissimo di che pasta sono fatta, adesso lasciami stronzo!" esclamai infuriandomi. "Ho detto di andarti a sedere brutta puttana!" 

Cominciò ad urlarmi contro e a strattonarmi fino al mio tavolo. Riccia voleva alzarsi ma le misi una mano sulla spalla facendola risedere, così anche a Zulema ma lei non volle proprio ascoltarmi, così batté il vassoio sul tavolo alzandosi dalla sedia per venire al mio fianco.

"Oh guarda si è aggiunta anche l'altra puttana, volete finire nella merda?" chiese gonfiando il petto. "Smettila di fare lo stronzo e lasciala andare, starà male no?" rispose Zulema indicandomi. "Non me ne frega un cazzo e poi sei tu che mi hai chiesto di fare il pezzo di merda, no?" rispose, rivolgendosi a Zulema. 

Si conoscevano già?
Inarcai il sopracciglio confusa e Zulema cercò il mio sguardo, così l'accontentai, guardandola con il mio sguardo incazzato. Avevo capito subito dal suo sguardo che se l'era fatto, che stronza. I miei pensieri e rancori vennero interrotti da Hierro che mi colpì con il manganello dritto nello stomaco e cascai a terra dalla forza con cui mi aveva colpita. Zulema contrasse la mascella, lasciando il suo sguardo infuocato su Hierro, che appena la vide mi diede un altro colpo, ma questa volta sulla schiena, facendomi gemere dal dolore, che era il doppio.

"Figlio di puttana." disse schioccando la lingua, mentre voltava la testa dall'altra parte, chiudendo gli occhi. "Zahir, però non ti è dispiaciuto prenderlo in quell'aereo." disse ad un centimetro dalla sua bocca. Ero piegata in due si, ma sfortunatamente non ho potuto risparmiarmi quella scena.
Zulema non disse niente, aveva lo sguardo sul mio e il suo autocontrollo faceva paura. Hierro stava per darmi un altro colpo, ma fortunatamente venimmo interrotti dalla porta che si aprì, o meglio dire sfortunatamente.
Alzai la testa delicatamente, perché volevo vedere chi fosse appena entrato: una testa pelata che avrei riconosciuto tra mille entrò passo dopo passo sorridendo.

Sandoval era di nuovo qui.

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