III

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Da quella sera, il moro sembrò rinascere poco alla volta.

Certo, non ritornò il Christian di sempre da un giorno all'altro, ma aveva trovato un motivo in più per affrontare le sue giornate in quella scuola che aveva amato, poi odiato e alla fine di nuovo amato.

Era andato avanti, aveva ballato mettendoci tutto sé stesso.
Aveva sudato per ottenere quella maledetta maglia dorata che gli avrebbe permesso di accedere al serale: aveva superato ballottaggi, guanti di sfida e, a sole due puntate di distanza dalla finale, si poteva ritenere soddisfatto di tutto ciò che aveva fatto.

Si era divertito a lavorare con nuovi coreografi, si era emozionato ad esibirsi su un palco maestoso come quello del serale, ma, al contrario dei suoi compagni di viaggio, ormai più che dimezzati, non vedeva l'ora che questo importante capitolo della sua vita finisse.

Era consapevole che se Mattia fosse stato lì al serale con lui, avrebbe vissuto la sua permanenza lì dentro in maniera differente, insomma, quale pazzo avrebbe voluto lasciare una casa condivisa col proprio ragazzo?

La situazione però non era stata quella, per cui gli sembrava naturale contare solo i giorni che lo separavano dal suo incontro con quella, che era sicuro, fosse la sua anima gemella.


Quel giorno si trovava in sala prove con Elena a preparare una delle quattro coreografie che avrebbe portato in semifinale.
Si sentiva sfinito dopo tre ore ininterrotte di allenamento, quindi aveva iniziato a ripetere quei passi in maniera automatica, quasi svogliata, giusto per avere la certezza che gli fossero entrati in testa.

Quando Elena gli disse che la lezione fosse finita e lo lasciò solo, si buttò a terra, chiuse gli occhi e si concesse cinque minuti di pausa.

Sentì la porta aprirsi e non provò nemmeno a girarsi, convinto che fosse la professionista che aveva dimenticato qualcosa in sala.

"Non hai perso l'abitudine di essere un po' Arlecchino anche in sala prove, eh?"

Era impazzito. Non c'erano altre spiegazioni. La sua mente gli stava dando chiari segnali di cedimento, perché, va bene tutto, ma sentire addirittura la sua voce gli sembrava un po' esagerato.

"Dici tanto che ti manco e nemmeno mi guardi in faccia? Sei serio?"

"Matti?"

"No, tua sorella!"

Si alzò di scatto, lo fissò per imprimersi nella mente quel momento e poi, come risvegliatosi, gli si lanciò addosso.

Non sapevano con certezza quanto tempo restarono l'uno tra le braccia dell'altro, ma alla fine fu Mattia a staccarsi, senza mai allontanarsi dal viso del suo (e gli faceva ancora strano anche solo pensarlo) ragazzo.

Aveva visto per un mese gli occhi del moro attraverso lo schermo del cellulare e, con l'inizio del serale, solo attraverso la TV.

Sentiva il bisogno di perdersi ancora, ancora e ancora in quegli occhi che dal primo momento lo avevano scombussolato, che lo avevano fatto perdere e poi lo avevano aiutato a ritrovarsi, che gli avevano dato la forza di lottare quando tutto andava male, che gli avevano dato la carica ad ogni esibizione, che lo avevano seguito tutte le volte che zoppicava per la casetta, che lo avevano fatto innamorare.

"A che pensi?"

"Ti amo, e mi sei mancato, e ti amo."

E Christian sentì un branco di elefanti nello stomaco, perché un conto era sentirlo a telefono, un altro era sentirlo finalmente senza distorsioni nella voce e leggerlo in maniera così chiara nei suoi occhi blu.

O Forse Sei TuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora