⟣Capitolo 3 ― Pugnale e Pungiglione ⟣

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Dopo due giorni il tumulto della partenza echeggiava nel maniero degli scorpioni.

Un irrequieto Fathi raggiunse Iman nel giardino, seguito da due Servi Rossi che trasportavano dei tessuti.

― Pensi di conquistarla con dei... veli? Dèi, ma da quanto tempo non corteggi una donna? Eh, non parlo delle concubine.

Fathi sbuffò: ― Questo non deve interessarti, Iman! ― lo sguardo si posò su uno dei due servitori, ― Servo Rosso, vai alla Sala del Ginepro e prendi un profumo.

Il Servo Rosso, un ragazzino di dieci anni, tremava: ― La Sala del Ginepro? Mio Signore ma non so...

― Stai forse replicando un ordine? ― tuonò iracondo Fathi, gli occhi sembravano roventi.

― No, mio Signore, ma... ― farfugliò il giovane servo, mentre il nobile era pronto per malmenarlo con degli insulti.

― Mio Signore, il Servo Rosso Kaveh è stato acquistato da poco, non conosce ancora tutti i corridoi e le sale principali. Se permettete, padroncino, lo condurrò io alla stanza, ― mormorò l'altro servo anziano.

Fathi sogghignò dal disgusto: ― D'accordo. Fate presto, se ritarderete ordinerò di non darvi il pasto della sera.

I due servitori annuirono e si fiondarono verso la sala.

Iman, divertito dallo spettacolo, diede dei buffetti sul braccio del cugino: ― Gli hai inceneriti con lo sguardo, come al tuo solito.

― Devo essere rigido con loro.

― Già, ma se tiri troppo la corda possono ribellarsi.

― Ribellarsi? ― sghignazzò Fathi, ― L'ultima volta che hanno tentato di insorgere in una dimora, lo Shah ha mandato i soldati per ucciderli. I Servi Rossi e Blu sono solo dei miserabili.

― Dèi, ― sospirò Iman, staccandosi e passeggiandogli vicino, il tono stridulo, causato dalla pubertà, rimbombava nel porticato colonnato che delineava il giardino, ― Intendi solo i maschi, vero? Perché non credo che le concubine facciano parte di questa categoria.

― Iman, le concubine sono un'altra questione...

― Ah, certo, questioni di non venire prima di loro,  ― rise il ragazzo dalle folte sopracciglia brune, ― Scherzo, cugino, scherzo. Ma... sei ancora arrabbiato per tua madre? Sono passati anni ormai.

Fathi strinse un pugno, gettando lo sguardo privo di compassione sul cugino: ― Non sono arrabbiato, sono solo rancoroso. Doveva essere seviziato di più quel servo! Aveva rubato la sua purezza perché era stata gentile con lui. Dèi, aveva quindici anni!

Iman voleva replicare, ma i due servitori tornarono repentini dai padroni con i profumi, i quali vennero approvati da Fathi.

Solo quando i due cugini, disposero di portare le essenze nei bauli della carovana, furono liberi dagli sguardi sottomessi dei servi. Cambiarono discorso e scherzarono, spintonandosi, fino a giungere a un chiostro abbellito da una fontana quadrata e da due pantere nere dalle zampe bianche.

Iman scrutò i servitori per le pulizie alle camere: ― Zio Mu'ezz Nadir non ti ha concesso ancora di entrare nella stanza dello Scorpione Dormiente?

Fathi batté più volte le palpebre. Si sfiorò l'accenno di barbetta sul mento, per poi distogliere lo sguardo dal viso spigoloso di Iman.

― No.

― Ma hai scoperto il motivo della sua decisione?

― Dèi, no. Iman, non mi interessa.

Il Fervore MelatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora