Era il 25 settembre, ancor prima che suonasse la sveglia, Andrea se ne stava sul letto, spaparanzato, con gli occhi fissi verso il soffitto.
"Ogni giorno la stessa storia" pensò girandosi verso il lato sinistro del letto e osservando quel filo di luce che ogni mattina disturbava il suo risveglio.
Il suo corpo come spesso gli accadeva quando dormiva poco, era irrequieto come se stesse contenendo dentro di se migliaia di anime dannate che cercavano disperatamente di uscire, ma quelle che lui sentiva erano solo le sue ansie, paure e frustrazioni. Il suo corpo non funzionava come quello degli altri, o per lo meno così gli dicevano i suoi amici e così nel tempo si era lui stesso autoconvinto. Non amava dormire se non strettamente necessario, anche perché il suo cervello durante la notte faceva un reset della giornata, e ogni risveglio era come un nuovo giorno da rivivere, perché ogni ricordo di quelli precedenti era all'interno del "cestino", pronto ad essere svuotato o ripristinato ma solo per qualche tempo.
Era diventata la sua autodifesa contro le intemperie del mondo, dalle angherie della sua famiglia, dei suoi finti amici, dei suoi molesti compagni di scuola e qualsiasi evento potesse scombussolargli la vita.
La luce fioca che entrava dalla serranda, gli mostrava le ombreggiature dell'arredamento di quella piccola camera che si era conquistato all'età di 13 anni, quando ancora con la paura del buio e dell'ignoto, una sera decise di non voler dormire più con suo fratello più grande e si insidiò in quella che era la camera degli ospiti, denominata dai due fratelli "la camera dei giochi" visto che conteneva in ogni angolo pupazzetti di ogni misura di ogni cartone animato del momento, album di figurine di ogni tipologia e l'apparecchiatura più importante di tutte. La playstation 2.
La stanza era di una forma bizzarra, le pareti laterali si univano in un unico punto accanto alla finestra creando la strana conformazione di un triangolo rettangolo, dove nell'angolo più ampio era posto un armadio che conteneva all'interno il letto ad una piazza, nella parete più piccola c'era la nuova televisione da 42 pollici che faceva sembrare quel piccolo ambiente uno spaziosissimo cinema e nella parete più lunga erano appesi tutti i disegni o ricordi che Andrea voleva conservare del suo passato o delle sue amicizie.
La cameretta negli anni cambiò aspetto, sparirono prima di tutto i pupazzetti di dragonball e tutti i DVD dei vecchi cartoni animati che ancora andavano ancora a cassetta, che vennero rimpiazzati dai primi libri comprati di tasca propria dietro le spalle dei propri genitori o presi dall'angolo di paradiso dove venivano riposti libri usati. La console venne sostituita due volte e ora al posto della playstation 2 c'era la 4. Tutti i disegni e decorazioni varie che erano appese sul muro ora saranno diventate altra carta di chissà quale libro o quaderno. Tutto lì dentro cambiava aspetto ogni giorno, e anche Andrea con esso.
Andrea si alzo, prese il telefono in mano per controllare l'ora.
Erano le 6:25, ormai era sveglio di più di 30 minuti, così si mise prono, sistemò il cuscino sotto alle braccia per potersi mettere nella sua posizione da telefono e iniziò a controllare le notifiche.
Come ogni mattina nessuno gli aveva scritto nulla, il suo telefono era intasato di notifiche di applicazioni inutili che teneva solo per occupare spazio, nella speranza che un giorno potessero tornargli utili, così sconfortato anche da quell'inizio di giornata, iniziò a scorrere le storie instagram di quelle poche persone che seguiva.
Nonostante fosse un martedì mattina sembrava che tutti la sera prima si fossero tutti divertiti tranne lui, e così con l'aria ancora più affranta premeva il dito sul lato destro del telefono per scorrere le immagini di quelle persone delle quali a lui in realtà non importava niente.
I volti erano sempre uguali, le pose erano sempre le stesse e la falsità dietro ad ogni sorriso nascondeva un senso di disperazione e solitudine che solo un occhio attento poteva osservare e Andrea lo aveva, conosceva la storia dietro ogni persona, sapeva che Sofia e Marta non erano veramente amiche e l'unica cosa che le accomunava era l'odio verso Mario, sapeva che Rebecca usciva con Silvia solo perché aveva una relazione segreta con il suo fidanzato e lui non aveva le palle di dirglielo, sapeva perfettamente che dietro ogni pianto di Alice si nascondeva una persona manipolatrice alla ricerca di costanti attenzioni da persone che lei non considerava nemmeno amiche.
Ma quell'azione di scorrere le storie delle altre persone era ormai così tanto abitudinaria che le sue mani viaggiavano da sole, mentre il suo cervello pensava ad altro.
Sapeva che la vita delle altre persone era monotona, costruita e mantenuta su delle bugie, ma era in qualche modo geloso, di non appartenere a nessun gruppo di amici ne tantomeno poter pubblicare storie dove fingeva di sorridere con altre persone. Non voleva passare altri anni della sua vita chiuso in camera, da solo con il suo telefono. Si perse con lo sguardo verso lo schermo, mentre la sua mente viaggiava su lontani mondi conosciuti solo a lui, quando un improvviso rumore lo riportò con i piedi per terra.
Era la sveglia delle 7.00 che lo avvisava che sarebbe dovuto andare a scuola.
Infastidito da quest'ultima, prese le coperte e si girò verso sinistra, che lui considerava la parte scomoda del letto, spense il telefono e chiuse gli occhi per 5 minuti.
La sua vita era perfettamente ordinata, ogni minuto era perfettamente cronometrato e calcolato per far funzionare al meglio la giornata.
Impiegava ogni giorno lo stesso tempo per svolgere le stesse azioni, la sua routine era diventata così alienante che certe giornate si ritrovava con lo zaino in spalla ancor prima di essersi accorto di aver messo i piedi per terra.
Impiegava esattamente 15 minuti per fare colazione, 20 per prepararsi in bagno, dai 5 minuti ai 10 per vestirsi e lasciava 10 minuti da dedicare al telefono prima di mettere le scarpe e uscire di casa, rigorosamente dopo le 8, perché arrivare in orario in quella scuola non gli era mai interessato, rimanere davanti le scalette di una chiesa e guardare ed essere guardato da altre persone con occhi giudicanti, al solo pensiero rabbrividiva.
Così dopo essersi riposato altri 5 minuti, appoggiò i piedi sul pavimento gelido delle prime giornate fresche che davano il benvenuto all'autunno, cercò a tastoni le ciabatte e una volte messe si tirò su, si avviò verso la cucina, accese il fornelletto con sopra il pentolino con il latte e per non sprecare altro tempo si precipitò in bagno.
Una volta entrato non poté far altro che guardarsi allo specchio, e come ogni mattina iniziò a scrutare tutti i suoi difetti, alla ricerca di ogni piccola imperfezione.
Ogni piccolo dettaglio per lui era una sofferenza, quei capelli troppo scuri rispetto al resto della famiglia, la fronte troppo spaziosa, le sopracciglia folte e disordinate, i suoi enormi occhi grossi e castani, le guance grosse e quel naso con la gobba che riteneva inguardabile, i rossori dei brufoli che riempivano tutto il volto e quei due peletti sotto al naso che non si potevano definire baffetti.
Ogni cosa di quel volto per lui era un difetto anche se la sua maggior insicurezza era per lui il suo peso.
Non era un ragazzo in carne, non più, ma lui non riusciva a guardarsi senza ripudiare il suo aspetto, si vedeva ancora imperfetto. Ogni suo aspetto caratteriale era ormai modificato dal suo modo di vedersi, non cercava di fare nuove amicizie per paura di essere giudicato di nuovo o addirittura insultato.
Il rumore della serranda della vicina lo riportò nel mondo reale e con una velocissima corsa si diresse in cucina a spegnere il fornelletto, che stava per bruciare tutto il latte al suo interno, così dopo aver tirato un enorme sospiro si mise a mangiare.
Accompagnava ogni mattina la sua solitudine con il suono in sottofondo del proprio televisore e si sorbiva il suono delle infinite notizie del telegiornale per non guardare il vuoto e sentire il silenzio di quella piccola città essere spezzata dal rumore del suo masticare.
Era in ritardo, come sempre, e con una gamba dentro ai pantaloni e l'altra no, stava saltellando verso il bagno per poter finire di lavarsi i denti.
Una volta finito di vestirsi con il solito paio di jeans che si portava appresso da 3 anni e una felpa rubata dal guardaroba di suo fratello, era pronto per uscire di casa. Erano solo le 8:02, con una leggera corsetta ce l'avrebbe fatta.
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Andrea Micalizzi
General FictionLa storia narra della vita di Andrea, dei suoi primi amori, dei litigi con i suoi genitori omofobi, delle sue false amicizie e tutte le vicende che accompagnano la sua vita adolescenziale. La storia è una biografia nei più minimi dettagli, ogni pers...