𝟒. 𝐈𝐧𝐜𝐮𝐛𝐢

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Un nuovo giorno ebbe inizio. Per molti, questo significava avvicinarsi al weekend, un pensiero rincuorante. Ma questo faceva eccezione per Snezhana, che ormai ogni mattina era accompagnata da un pensiero costante: "Perché deve sempre succedere tutto a me?"

Snezhana era sempre stata una ragazza inquieta e insaziabile, sin da adolescente, era sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo ed eccitante. Una vita tranquilla e serena, interrotta soltanto dallo stress degli studi non era mai stata abbastanza per lei. Desiderava avventure superbe da raccontare e di cui potesse realmente scrivere, qualcosa che la facesse sentire viva.

Ma quando quelle avventure finalmente le si presentarono dinanzi, tutto quello che riuscì a pensare fu soltanto: "Madonna mia, ma proprio a me doveva capitare?"

Snezhana era così, tutte le avventure possibili e non riuscivi mai ad accontentarla.

Inoltre una vita piuttosto sfrenata forse sarebbe riuscita ad apprezzarla, ma non una vita scombussolata. Sono due cose ben distinte.

Ma la sua adesso era diventata più simile al secondo aggettivo.

E fu in quei momenti che iniziò a domandarsi il perché, è proprio quando inizi a rassegnarti e ad accettare la tua noiosa figura e la comune immagine che l'universo ha di te. È quando ti convinci di poter amare una vita mediocre che essa ti stravolge ogni singolo piano e ti sprona a vivere qualcosa di straordinario e folle.

Quella mattina Snezhana si svegliò in un luogo insolito: un giardino ben curato, così che sarebbe stato più facile aspettarsi una bella sgridata da parte di qualcuno che le avrebbe rammentato di non schiacciare i suoi fiori con il peso del suo corpo. Si alzò con difficoltà e avvertì una lieve nausea, pensò di trovarsi ancora nel corpo di Andriy, e si guardò intorno, cercando di capire dove fosse. Poco distante, notò una casetta bianca, apparentemente antica ma ben tenuta. La porta d'ingresso era socchiusa, così decise di entrare.

"Vado a dormire in un corpo e mi sveglio in un altro.

Vado a dormire sopra un letto e mi sveglio su un prato."

Pensò Snezhana Kuznetsova e sospirò rumorosamente, non riuscì nemmeno a pensare cosa aspettarsi dalle prossime giornate a venire. Seppe solo che la sua vita in quei momenti le sembrò solo una grande presa in giro.

Dopo poco si alzò e immaginò di giacere ancora nel corpo di quel ragazzo di cui nel frattempo si domandò dove fosse.

Ma se avesse scoperto che era stato lui ad averla portata lì... lo avrebbe ammazzato. In fondo di picchiarlo lo avrebbe voluto picchiare sin dal primo momento in cui lo vide.

Dunque per scusarsi le avrebbe dovuto assolutamente offrire la colazione!

Poco oltre la sua posizione Snezhana notò una casetta bianca. Esteriormente sembrava un'abitazione un po' antica ma non messa male, era soltanto provata da qualche segno del tempo, che logora tutto.

Sperò solo che la facessero entrare.

Ma con sua grande sorpresa trovò la soglia della porta principale che giaceva aperta, così vi entrò.

Snezhana salì le scale, si fermò a ogni passo per guardarsi intorno, era curiosa, ma quello era anche un luogo a lei sconosciuto, dunque non sapeva cosa potesse attenderla.

L'interno della casa era accogliente, con una scala a chiocciola che si snodava verso l'alto. Salì lentamente, incerta su cosa aspettarsi. A ogni passo, la sua mente vagava tra pensieri di avventura e paure sottili.

Mentre esplorò, avvertì un movimento dietro di sé e l'aria scostarsi in varie direzioni. Si girò di scatto, pronta a difendersi con un vaso bianco in ceramica decorato con dei fiorellini blu, che aveva afferrato. Chiunque o qualunque cosa si fosse palesata ai suoi occhi lei glielo avrebbe lanciato addosso, ormai fu consapevole di dover restare sull'attenti.

𝐋𝐚𝐝𝐫𝐨 𝐝𝐢 𝐑𝐨𝐬𝐞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora