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Se la serata passata l'ho paragonata al paradiso, senza dubbio il ritorno a casa è stato il mio purgatorio, con inclusa la pena da scontare.

"Sono a casa Marco" dico a gran voce entrando in casa, cercando di metterci più stanchezza possibile nel tono della mia voce. "Non puoi capire che noia con quel cliente, una vita per convincerlo" e dicendo questo apro la porta della camera da letto, pronto a trovare davanti a me Marco con il suo solito sorriso confortante e accogliente ma questa volta no.

Questa volta davanti a me c'è Marco in lacrime, con uno sguardo che non mi conforta ma sembra accusarmi.

"Amore..che è successo?" gli dico e mi avvicino. Cerco di prendergli la mano ma subito la ritira."È successo che non sembro più essere nei tuoi piani. Sei sempre preso dal lavoro come se fosse l'unica parte della tua vita. Dopo tre anni insieme credo di meritarmi almeno un po' di tempo con te quando te lo chiedo non credi? Avevo programmato tutto per questa sera e invece no, tutto troncato da te e dal tuo stupido lavoro che fingi di voler fare" mi urla contro, con una violenza nella voce che non avevo mai ricevuto da Marco. Per quanto le sue accuse fossero "pesanti" , non riuscivo a provare senso di colpa dentro di me, anzi, quasi provavo nostalgia della serata passata e noia per quello che ora mi trovavo ad affrontare. Questo non perché non volessi bene a Marco, tengo molto a lui, ma semplicemente ho sempre voluto vivere la mia vita senza vincoli e queste scenate mi infastidivano dato che non ho mai voluto pianificare la mia vita in dipendenza di qualcun altro.

"Sai che l'azienda sta andando in rovina, non posso di certo spostare appuntamenti con clienti importanti perché tu volevi cenare insieme. Non puoi imputarmi di lavorare troppo, sai che tengo alla mia azienda" cerco in questo modo di rispondere alle sue accuse, anche se non c'è un briciolo di verità in ciò che dico. Probabilmente se l'azienda fallisse ne sarei anche felice.

"Non ti accuso di lavorare troppo, non volevo dire questo.." dice asciugandosi le lacrime ed abbassando il tono di voce "semplicemente mi piacerebbe passare più tempo insieme al di fuori dell'ufficio perché sai che amo stare con te" e questa volta il tono non è violento come prima, ma le parole mi colpiscono di più.

Rimanemmo in silenzio per diversi minuti, finché mi avvicinai a lui prendendogli la mano
"Mi dispiace, dovevo almeno avvisarti, è che questa situazione mi sta davvero stressando" dissi fissandolo negli occhi. Le bugie non mi procuravano vergogna e potevo mantenere il suo sguardo senza cedere.
Finalmente alzò il capo e vidi meglio i suoi occhi rossi, colmi di lacrime, accennò un sorriso debole e ricambiò la stretta della mia mano.
Dopodiché si alzò dal letto, stirandosi il jeans con le mani, si avvicinò a me tenendo ancora la mia mano stretta, come se non volesse più lasciarmi (Tranquillo che ci sei riuscito per 3 anni). "Hai fame? la cena sarà sicuramente fredda ma posso riscaldarla" mi chiese cercando di caricare la voce di felicità.

Era tipico di Marco avanzare accuse su accuse e poi pentirsene, solo dopo il nostro fidanzamento ho capito questo aspetto così insicuro di lui. Spesso cerco giustificazioni nel suo comportamento, quasi provando a compatirlo ricordandomi in quale ambiente ha vissuto e mi venne in mente quel giorno d'inverno alle 3 di notte. Fuori pioveva ed io dormivo beatamente quando iniziai a sentire dei colpi violenti alla porta.
Imprecai violentemente alzandomi dal letto.
"Giuro che chiunque tu sia io ti amma-" non finí la frase che incrociai gli occhi terrorizzati di Marco.
"Che ti è successo? Su entra" dissi invitandolo ad entrare con fare assonnato.
"I miei, cioè m-io padre ha trovato una rivista sotto il mio letto n-on l'ha presa bene..."disse balbettando e solo in quel momento notai il livido sulla sua guancia, inumidita dalle lacrime.
"Non mi accetterà mai, Mattia" disse sconfortato "Mi crede posseduto dal diavolo... ogni notte sento mia madre pregare per me affinché Dio mi salvi..." disse tra un singhiozzo e un altro. Mi annoia sentire chi nasconde l'omofobia dietro la religione, che incolpassero loro stessi per le puttanate che pensano, di cui tra l'altro non frega un cazzo a nessuno.
A un certo punto si fermò e mi accarezzò la guancia dolcemente "Ho tanta paura, ma se tu sarai con me, ne avrò di meno, sei la mia unica certezza in questo mondo" ecco la frase che mi incrastrava in una relazione così banale. Prima di stare insieme eravamo migliori amici e ha sempre contato su di me, la mia amicizia è l'unica cosa di cui non voglio privarlo.

Tuttavia quest'insicurezza che deriva dai suoi traumi passati puntava quasi a manipolarmi, ma io non sono fragile come lui e ancora una volta i sensi di colpa mi scivolavano addosso senza penetrare dentro me. Nonostante ciò dovevo mantenere stabile la relazione e accettai, infondo dopo una scopata simile a quella del bar chi non avrebbe fame?

Andammo così in cucina,e mi ritrovai una tavola ornata di candele (oramai quasi consumate) e fiori, con tutti i miei piatti preferiti.
Vedendomi probabilmente perplesso per quel gesto così romantico, si avvicinò baciandomi dolcemente, ben presto però lui provó ad approfondire il bacio e feci di tutto per svincolarmi. "Marco scusami sono stanco",
"Posso fare tutto io, mi manchi, è da tanto che non lo facciamo" mi propose. Ci pensai 'avevo ancora voglia?' Si; 'Di farlo con Marco?' No.
Lo guardai pietoso e lui scivolò frettolosamente via dalle mie braccia, andando in cucina a scaldare la cena.

Un cuore a distanzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora