•Fare i conti con la realtà•

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26 Marzo 2022

Era tutto finito.
Avrei dovuto piangere, stare male, avere rammarico per il mio comportamento di totale superficialità e menefreghismo negli ultimi due mesi nei confronti dell'opportunità rara che mi avevano dato a settembre.
E pure, dopo aver sentito Maria pronunciare:
'Sei tu a dover ritornare in panchina' , io ero felice.

Non fraintendetemi, entrare in quella scuola era sempre stato il mio sogno da quando ero bambino e il sabato sera o la domenica, io e la mia famiglia ci riunivamo tutti insieme sul divano a guardare il programma con occhi sognanti, principalmente io e mia madre.

Aveva provato ad entare più volte, ed ogni volta che superava i casting e veniva richiamata, puntualmente era incinta di me o di mia sorella Alexia, perciò si, far parte di quel programma , oltre ad essere un mio desiderio, era un modo per rendere fiera di me mia madre e per raggiungere anche ciò a cui aveva sempre aspirato lei.

Non appena feci i casting e venni richiamato, non volevo crederci, non riuscivo a realizzare che mi avevano concesso la possibilità di provarci, e dopo pochi giorni finalmente ballai di fronte ai giudici e conquistai quel banco tanto ambito da chiunque praticasse quel tipo di arte.

Ricordavo ancora l'emozione che avevo nel corpo: il cuore che batteva all'impazzata, le gambe che tremavano e le mani che sudavano freddo.
Era tutto cosi surreale e amavo terribilmente quella sensazione.
Ormai ero li da 6 mesi, e pure non vedevo l'ora di andarmene e tornare alla mia solita vita di sempre.

Gli ultimi due mesi, erano stati terribili, l'uscita di Mattia aveva dato inizio al mio crollo emotivo irreparabile.
Sono sempre stato un ragazzo forte, con la voglia e il bisogno di riuscire a cavarsela da solo senza dipendere o appoggiarsi a qualcuno, ma questo non dopo aver conosciuto lui.

Siamo diventati amici da subito, abbiamo creato un legame che mai mi sarei immaginato di poter instaurare lì dentro o con qualcuno in generale nella vita.
Ma poi lo conobbi e la mia vita completamente si stravolse.
Mattia era stato indispensabile per me in quell'avventura fin da subito e quando mi disse che doveva abbandonare la scuola per via di uno stupido infortunio, non riuscivo a crederci.
Era un ballerino meraviglioso, metteva grinta e passione in tutto, e un piede malandato gli aveva non solo strappato via il sogno della sua vita, ma lo aveva strappato via dalla mia di vita, da me.

Vivere quei giorni senza lui a riempirmi le giornate e a corrermi tra le braccia ogni volta che non era dell'umore adatto, era stato devastante, era come se metà del mio corpo, compresi gli organi e soprattutto il cuore, avessero perso la forza di funzionare, spegnendosi totalmente.

La prima ad iniziare a vacillare fú la mia testa, non avevo nemmeno voglia di alzarmi la mattina e fare colazione, o addirittura entrare in quella stanza verde maledetta che continuava a riportarmi a galla tutti i nostri ricordi.
Non potrei mai dimenticare la prima lezione in sala con Andreas dopo la sua uscita.
Non riuscivo a memorizzare i passi, non facevo altro che guardare in basso senza riuscire ad esprimere delle emozioni inerenti al ballo, mi sentivo vuoto, completamente.
Andreas non faceva altro che chiedermi il perché di quel mio stato d'animo
cupo e improvviso , di dirmi di mettere tutto quel che provavo nella danza, ma il fatto era che io non provavo più nulla, mi ero spento e l'ultima cosa che avevo voglia di fare, era ballare.

Anche quando mi ritrovavo a provare le coreografie e a danzare in sala, pensavo al fatto che lui non potesse più farlo lí, con me che lo guardavo o lo aspettavo nella sala relax o in puntata per confermare la maglia e darmi il pugnetto prima di scendere.
Ero melodrammatico? Probabile, ma quando trovi un'amicizia cosi non era facile riprendersi.

Amicizia.

Quello c'era tra noi.
Nulla di più.

Avevo appena lasciato lo studio, e dopo aver recuperato tutte le mie cose mi diressi finalmente in albergo.
Mi avevano riconsegnato il telefono dopo settimane e la prima cosa che dovevo fare, era chiamare i miei genitori.
Ma non appena aprii la rubrica, il mio cuore compose il numero per me, ormai conosciuto a memoria, dato che da quando era uscito, quella mezz'ora di telefono che la redazione ci consentiva di avere, io la utilizzavo per parlare al telefono con lui o per rispondere a dei tweet in cui mi taggava.

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