« Vuoi del caffè? »
Albedo distolse lo sguardo dalla sorellina intenta a giocare, posandolo su Kaeya — c'era scritto sulla spilletta che indossava, il biondo si chiese come non se ne fosse accorto prima.
« Ti ringrazio ma non ve ne è bisogno, rimango fino a quando non viene qualcun altro » rispose allora, ricevendo in cambio un cenno della testa.
Le iridi azzurre osservarono il vestiario del blu: era una semplice camicetta bianca, un paio di pantaloni neri e un grembiule blu, tipico degli insegnanti.Riabbassó lo sguardo sul tavolino davanti a sè, immaginando fosse dedicato agli insegnanti come quello che aveva difronte.
Il silenzio era rotto solo dal rumore della macchina da caffè e dai giochini della piú piccola — o piú precisamente, quelli che stava usando in quel momento.
Avrebbe dovuto parlare? Avrebbe dovuto dire qualcosa?
Non faceva schifo a socializzare, per carità, ma al contempo non era il migliore nel farlo e spesso non sapeva che fare.Ma, come era ovvio, non fu lui a rompere il silenzio.
« Come mai questa mattina sei venuto tu? » chiese Kaeya, mentre si portava alle labbra il piccolo bicchiere di vetro dove dentro c'era il caffè.
« Alice è piuttosto impegnata, porteró e verró a prendere io Klee per un po' » rispose prontamente lui, incontrando poi lo sguardo divertito del maestro.
« Non pensavo sarei mai riuscito a vedere il mitico fratello maggiore »
« Klee parla di me? »
« Non fa' altro che vantarsi della sua mamma e del suo prezioso fratellone »
Una piccola risata uscí insieme all'ultima frase dalle labbra del maggiore, mentre finiva di bere la piccola tazza di caffè.
Il biondo non rispose subito, osservando i movimenti dell'altro — ossia il suo semplice posarla nel lavello presente nella cucinetta.
« Spero non abbia creato problemi » fece piuttosto, incrociando le braccia al petto.
Non era infastidito dalle parole di Kaeya, semplicemente stava piú comodo in quel modo.« Albedo, giusto? »
Il ragazzo annuí, osservando l'altro mettersi seduto ed accavallare le gambe.
« Ha rivelato anche il mio nome? Non posso crederci... » fece lui, con una punta di divertimento.
« La tua sorellina parla troppo, potrebbe svelare le peggio cose » rispose alla battuta con un sorrisetto in viso il blu.
« Come faró mai? » sospiró il biondo scuotendo la testa, « Ora che sai il mio segreto piú oscuro... » fece ancora, drammaticamente.« In ogni caso » interruppe l'imbarazzante scambio di battute, « Io sono Kaeya »
« Lo so' » annuí il biondo, portando il blu ad assottigliare lo sguardo.
« Klee ti ha parlato di me? » la domanda aveva una punta di divertimento quasi fastidioso, mentre piegava la testa.
« No, ce l'hai scritto sulla targhetta » fu la semplice risposta del biondo, che mostró un piccolo sorrisetto divertito.Ci fu un momento di silenzio, dove Kaeya sbattè piú volte le palpebre e abbassó lo sguardo verso il foglietto dove c'era scritto il suo nome, prima di riposarlo sul biondo.
A rompere l'imbarazzo, ci pensó il suono del campanello.
« Oh » ridacchió imbarazzato, alzandosi in piedi, evitando poi gli occhi dell'altro, « vado ad aprire » mormoró, grattandosi lievemente il retro del collo e sparendo a passo veloce verso la porta principale.Albedo si morse la guancia, sul punto di ridere.
Si era veramente imbarazzato per una piccolezza del genere?
Era quasi... carino.
Anzi, senza il quasi: se la sua apparenza lo faceva sembrare il classico ragazzo "bello e dannato", il suo carattere era meno... stereotipato ecco.
Il solo ripensare a come i suoi occhi — prima sempre socchiusi e divertiti — si spalancarono riflettendo il suo imbarazzo faceva venire voglia al biondo di ridacchiare.
Per non parlare degli zigomi e delle punte delle sue orecchie: ci volle il semplice nanosecondo durante il quale il blu andava verso la porta d'ingresso per notarli.
Sembrava il carattere di un bambino, che cerca di essere tanto grande e per la minima cosa si imbarazzava.Albedo scosse la testa, lasciando allora uscire una piccola ( minuscola ) risatina, prima di alzarsi.
Non che avesse troppi problemi nell'ammettere che qualcuno fosse attraente, o carino, o veramente bello o qualsiasi altra cosa.
In ogni caso, le chiacchiere e risatine che provenivano dall'altra stanza gli fecero comprendere che fosse arrivato qualcuno, forse anche egli in anticipo.
Mise al suo posto la sedia, osservando ancora una volta le mura dai colori sgargianti e dai disegnini, — avrebbe dovuto vedere poi se ce ne fosse uno fatto da Klee — prima di uscire dalla stanzetta.
Trovó Kaeya — il rossore praticamente sparito — seduto sui talloni mentre parlava con un bimbo che, piangente, rimaneva attaccato alla gamba della mamma — Klee provava ad aiutare porgendogli una manina, ma non è che potesse fare molto.
Il biondo fece una foto mentale della scena, evitando peró di pensarci su' piú di tanto.« La mamma torna dopo, ora deve andare a lavoro » parlava Kaeya, con un tono di voce piuttosto tranquillo e basso verso il bimbo dai capelli rossi, « ti va' di giocare con me e Klee? » chiese poi verso il piccoletto.
Il biondo si lasció sfuggire un piccolo sospiro nostalgico — non che poi ce ne fosse un motivo, visto come la sorellina facesse amicizia anche con i muri — e si limitó ad avvicinarsi all'appendiabiti.
Non è che potesse fare molto, ed in ogni caso aveva un'impegno lui.
Sentendo l'ennesimo lamento del bimbo, Albedo si giró a guardarlo mentre si infilava la sciarpa che tanto odiava.
« Non piangere, puoi venire a giocare con me e Dodoco! » esclamó Klee, cercando di prendere la mano del bimbo — okay che avesse tutte le buone intenzioni del mondo, ma forse vista la timidezza dell'altro avrebbe potuto dirlo e farlo...con piú calma ecco.
Tant'evvero che l'altro si strinse ancora di piú alla gamba della donna — la quale provava ad accarezzargli la testa per tranquillizzarlo — mentre piagnucolava.
Era il primo giorno, probabilmente.« Norman » provó a chiamarlo il blu, mentre Albedo osservava la scena, quasi curiosamente.
« La mamma deve andare a lavoro, non puó rimanere qui. Ti va' se gioco io con te? » mormoró Kaeya, sorridendo al più piccolo.
E fu' l'ultima cosa che il biondo volle sentire, prima di salutare rapidamente i presenti — evitando i loro sguardi — e uscire fuori dalla scuola.
Perchè?
Perchè aveva passato più tempo a pensare a quanto fosse quasi adorabile il maestro di sua sorella che al fatto che stesse per fare tardi.
Ed era imbarazzante.Sí, anche per un sempliciotto come lui.
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La banalità del mare || kaebedo
Fanfiction( per la fanart, crediti a @/ifk_dilyakum su twitter! ) "Ed era la cosa piú banale, imbarazzante e assurda del mondo - diamine se lo era -, eppure, tra tutte quelle grida, alle orecchie di Kaeya arrivava solo la risata di Albedo." Nonostante le appa...