Capitolo 16

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Arrivo a casa che sto praticamente dormendo in piedi. Filo a letto subito dopo aver chiuso la porta. Mi addormento all'istante.

Sta suonando il cellulare.

Purtroppo mi sono scordata di silenziarlo, e ora Go Go Go dei Sleeping With Sirens mi sta svegliando.

Che strazio. Devo rispondere?

Mi alzo e prendo il telefono. Se è Tom lo mando a cagare.

-Ditemi-, dico, con voce stanca, senza guardare chi è.

-Ti ho svegliata?-, mi fa Catia.

Sospiro.

-Sì, ma tanto mi sarei svegliata comunque. Dimmi-, le faccio.

-Scusa, tesoro, ma dovrei dirti delle cose.

Interessante. Non deve chiedermi niente, dunque.

-Ho indagato e ho scoperto delle cose...

Mi incuriosisce il suo tono.

-Tipo?

-Tipo che... Il tuo Josh...

-Jack-, la correggo, e in quel momento la stanchezza passa e mi metto a sedere sul letto.

-È incredibile Ter...

-Parla!-, le dico, perché sono ansiosa.

-Sei seduta?-, mi chiede.

E io dico: -Sì... È così brutto quello che stai per dirmi?

Inizio a preoccuparmi. Sarà successo qualcosa?

-No... No, anzi!                 

Fiuh. Cattive notizie scampate.

-Parla-, ripeto.

-Allora. Partiamo dai principi. Quanti anni ha quel Jack?

-Cat-, la fermo.

-Mi disturba il fatto che tu usi pronomi indefiniti per chiamarlo. Sembra che parli di un cane.

Cat ride. Ma perché? Io sono seria.

-Ma sentiti!-, continua a ridere, ma io non capisco, quindi non rispondo.

-Fa lo stesso-, dice, e sembra concentrarsi.

-Comunque, ha ventisei anni. Perché?- rispondo alla domanda di prima.

-Avevo ragione! Era davvero lui!- mi fa Catia.

-Cat parla! Mi fai paura!

-Okay! Allora, ti ricordi quando Tom ha fatto stage in America, per le vacanze studio, circa nove anni fa?

-Certo-, dico. Un po' me lo ricordo.  Era il mio primo anno delle superiori.

-Bene. Quindi... Hai presente che lui e un suo amico hanno alloggiato a casa di una famiglia americana per imparare la lingua, no?

Non capisco dove vuole arrivare.

-Sì-, e improvvisamente mi parte l'illuminazione.

-Beh... Puoi immaginare perché ti ho chiesto queste cos...

-Oddio-, dico, coprendomi la bocca con una mano.

-Oddio oddio-, inizio a ridere.

-Sì, Tom stava proprio dalla famiglia di Jack-, mi fa Catia, ma non la sento, perché sto ridendo.

-Ma queste coincidenze? No dai, dovevano essere degli altri Barakat-, dico, perché il mondo non può essere così piccolo.

-No no, tesoro. Ne sono sicura al settemila percento.

-Ma come hai fatto a scoprirlo?

-Ho letto il fascicolo scolastico di Tom, perché mi ricordavo di un Jack e volevo conferma.

-Catia sei una...-
Grande amica? mitica stalker? Ci sono tanti aggettivi per lei.

-Lo so, lo so.-, sento che ride. È un vero portento.

-Non so se ringraziarti o denunciarti-, le dico sincera. A volte mi spaventa.

-Come preferisci, tesoro. Ora devo andare. Ciao!

Sono ancora scioccata quando riattacco il telefono.

Se Tom fosse in casa, lo riempirei di domande all'istante.

Ma non c'è, quindi mando un messaggio a Jack.

Per caso non è che ti ricordi di un certo Tommaso Trevidi?

Se non era lui che lo ha ospitato, potrei fare anche una figura un po' di merda.

Ma vale la pena rischiare.

La risposta non tarda.

Dammi una data e ti so dire.

Ci penso un attimo.

Mmh... 2006?

Questa volta ci mette un po' a rispondere.

Infatti non risponde. Mi chiama.

-Cioè, aspetta-, mi dice direttamente. Sembra stupito.

-Aspetto, aspetto-, e intanto rido.

-Certo che il mondo è piccolo. Ma è Tommaso Trevidi quello moro con gli occhi verdi?-, ha un tono sorpreso.

-Esatto! Quello con gli occhi enormi!

In effetti Tom ha sempre avuto occhi grandissimi. Da bambini lo prendevo sempre in giro: gli dicevo spesso che aveva un aria costantemente spaventata.

Però era una caratteristica che le sue ragazze trovavano attraente, a quanto pare. Perché ne ha avute un sacco.

Non le ho mai capite, sinceramente, ma io sono sua sorella quindi è ovvio che non riesca a vederlo come lo vedono gli altri.

-Mi ricordo, certo! Sono state tre settimane mitiche! Quante risate ci siamo fatti insieme...-, lo sento dire con tono sinceramente nostalgico.

-Certo che il mondo è piccolo...-,ripeto.

Ancora non me ne rendo conto. Com'è possibile? Ma andiamo.

-Ma non avete mantenuto i contatti?-, chiedo.

-Nah. Ognuno ha preso la sua strada. E poi come facevano nel 2006 due persone che abitavano a capi opposti del mondo a mantenersi in contatto?

Beh, in effetti. Neanche c'erano gli smartphone.

-Già. Dovreste rivedervi. Aspetta-, dico, perché mi viene un'idea.

-Tom potrebbe riconoscerti a vista?

-In effetti, mi sento spesso dire che non sono cambiato quasi per niente negli ultimi dieci anni. Quindi probabilmente sì.

-Perfetto. Sei libero stasera?-, chiedo.

-Sei fortunata. Non lavoro.

Che. Fortuna. Sfacciata.

-Troviamoci qui alle 8. Ho un piano.

Something's Gotta Give || Jack BarakatDove le storie prendono vita. Scoprilo ora