La gente spesso mi domanda la motivazione del mio vivere in mezzo alle montagne, senza niente e nessuno, io semplicemente sorrido e non rispondo, non amo parlare, amo scrivere, raccontare, fantasticare. Ho sempre pensato che il valore delle parole scritte con l'inchiostro e impresse nella carte, abbiano il significato che tu vuoi darle e che durino per sempre.
Oggi racconterò di me, altra cosa che non amo fare, ma non voglio che ciò che mi ha spinto qui venga dimenticato.Sono nata da una famiglia di media fascia, vivevo felice, ma mi sentivo in gabbia. A quel tempo, lo sapevo, non c’era nessuna me, mi mancava qualcosa, qualcosa di vitale ed importante. Un giorno decisi di scappare da casa. Volevo essere libera, completamente libera per evadere da un senso di vuoto che mi corrodeva. La sola parola “libertà” mi metteva in fibrillazione. Ero, quindi, partita con tutto ciò che poteva servirmi e con pochi spiccioli in tasca, ero partita con una meta: la libertà. Ero arrivata in un paesino sperduto nelle montagne, dove le due strade principali percorrevano tutto la cittadina, costellata di graziosi giardini ed austere, ma accoglienti case, di uno strano rossiccio che rendeva il tutto più divertente e colorato, spezzando quell’aria seria ed ottocentesca che mi inquietava non poco. Ma non ero accettata da nessuna parte, né lì, né da dove ero venuta. Il sentimento di vuoto si era ripresentato, pronto a consumarmi senza che io potessi fare qualcosa per uscire da quel baratro senza fondo, che forse un fondo ha. Ero nella stessa situazione di prima, da sola contro il mondo, dispersa nel vuoto, vivevo solo per vivere.
Io volevo essere libera da tutto ciò; volevo essere me.
In quei giorni queste idee mi ossessionavano e l’idea di fuggire era sempre più allettante, finché non successe. E così per il resto del mondo. Non c’era posto dove stessi bene, e di posti ne ho provati tanti. Il vuoto avanzava, implacabile, come un esercito pronto ad attaccare un paese che sente ormai la sua fine vicina, ma la speranza è l'ultima a morire. Mi ero isolata dal mondo, per pensare e riflettere sul mio avvenire, e trovai quella che gli uomini chiamano libertà, mi sentivo libera di fare quello che mi pareva, ma libera non ero. Avevo trovato qualcosa di simile alla libertà, che non ha nome, e non voglio darglielo. Vivevo secondo ciò che mi sembrava giusto e facevo ciò che volevo, entro i limiti permessi dal mio corpo, l’unica cosa che mi impediva di raggiungere il mio scopo di vita, ma uno scopo di vita non avrebbe senso se non lo rincorri fino alla morte, no?
Il vuoto però c’è, ci sarà sempre quel vuoto che ti spinge a chiederti chi sei.
Io, il mio vuoto l’ho disarmato. Ho sconfitto quell’esercito con la forza delle persone a cui viene tolta la cosa più cara, ho raggiunto qualcosa di simile alla libertà. Essa, la libertà, è sfuggente come l’aria per il semplice fatto che è un'illusione, un’illusione creata per tenerci buoni, per sottostare a delle leggi, a volte ingiuste, per farci sentire potenti nella nostra piccolezza. Un'illusione che non perderà il suo valore e solo la nostra testardaggine ci porterà sempre più vicini a lei finché, un giorno, la troveremo. La troveremo insieme, perché da soli? La troveremo insieme, perché solo con la forza delle persone potremmo sconfiggere l’esercito.