Il sole questa mattina è già alto. È come se avesse accelerato la sua corsa per arrivare puntuale chissà dove. Le strade brulicano di gente e ad osservarle viene quasi da ridere. Alcuni hanno ben scritto sul volto la scansione della giornata. La loro pelle raggrinzisce per la fatica immaginata prima ancora del compierla. Altri, invece, denotano indifferenza. Si muovono per le strade alla ricerca di un qualcosa che nemmeno loro hanno ancora ben compreso. Tutti, però, si portano dietro quell'immensa zavorra che è la vita. Il profumo delle vivande riempie le strade del centro. Una riluttante mescolanza di sapori, che a molti fa venire l'acquolina in bocca. A me, invece, desta quel senso di smarrimento davanti al troppo che impedisce di vedere il particolare. I richiami alle fermate, i rumori dei tram e quel rincorrersi per farsi rincorrere dal tempo riempiono la vita delle città ogni giorno. Come in immensi camini, la gente si riversa per strada per essere incenerita dalla vita di tutti i giorni. Il senso di tutto questo? Per i più vivere. Per chi come me vive nell'ombra un sopravvivere alla legge del signor Denaro. Le mani trasudano di sudore per far sì che quelle banconote restino attaccate quanto più possibile alla pelle. Quante follie! Quali idiozie per un tintinnio in più di monete! Lo stesso ritmo del tempo cambierebbe se all'orizzonte non ci fosse il denaro. Gli intrecci delle stradine secondarie con le grandi arterie mi irretiscono. In esse trovo lo stesso fascino trasandato che contraddistingue la mia vita. Pelo arruffato, zampe confuse, collo piegato in avanti, sguardo ramingo...eccomi! Sono Bedir! Per i più non esisto, ma dentro solo io so cosa sono e questo mi basta. Accattonato come l'ultimo degli uomini, amo i marciapiedi piuttosto che le vetrine. I cartoni e le panchine mi fanno ribollire il sangue più ancora dei letti con le lenzuola di seta. Respiro la vita con la stessa voglia di un cane che dopo anni nella gabbia di un canile assapora la libertà. Mi spulcio dell'arroganza del mondo con le zampe della libertà. Non riesco a immaginare un rifugio che non sia il prato o l'angolo della strada di turno. Amo il calore del sole sulla mia pelle senza il filtro della stoffa di un vestito. Pronto ad assaporare le briciole del mondo, piuttosto che a sedermi ai banchetti dei potenti. Il mio letto è una cuccia improvvisata. Il mio pane, il tozzo raffermo della vita che, sebbene duro, non è di nessuno e quindi solo mio. La mia ombra è la sola compagna. Con lei dialogo da mattina a sera. Di essa mi rivesto quando ho freddo. Con essa affronto la paura più nera, perché, per quanto forti, nessuno vuol vivere solo. Camminare lungo la strada è meglio che tagliarla, perché questo mi permette di goderla tutta e da entrambi i lati. Non si sceglie di vivere, si vive scegliendo e io ho scelto! Può piacere o meno, è la mia vita e non la darò mai in pasto a nessuno. L'orgoglio e la fierezza dei miei pensieri trovano ogni giorno motivo di vivere e così sarà anche oggi. Per lo meno lo spero. Eh sì, perché la vita è cosa assai strana e non sai mai cosa può riservarti. È questo, a dire il vero, uno dei motivi per cui ho scelto di vivere nell'ombra, perché il sole in pieno viso abbaglia e toglie nitidezza alle cose. La strada si inerpica di brutto in questo punto della città e faccio un po' fatica a camminare seguendo il ritmo dei miei pensieri. Il lavoro mi aspetta. Uno dei tanti e senza troppe pretese. Fare il guardiano, in fondo è quello che fanno i cani, compreso un randagio come me. Avrò fatto quelle scale migliaia di volte, chissà, forse in attesa di qualcosa o qualcuno. E la vita è pronta a sorprenderti quanto meno te lo aspetti. Una donna che accompagna una giovane sposa mi attraversa gli occhi. Mi guarda e chiede il mio nome. È la prima volta che mi succede. Sono abituato a nomi generici tipo "giovane", "ragazzo"... lei, invece, chiede il mio nome. I suoi occhi sono limpidi. Riconosco in quel volto l'umanità, la stessa che mi viene restituita chiamandomi per nome. Nel nome c'è il destino di un uomo, così dicono. Chissà nel mio cosa c'è scritto. Sembra strano ma quella domanda mi manda in crisi. Chiedermi il nome è come volermi restituire quella dignità che quasi nessuno mi ha mai dato. La libertà di essere me stesso e di nessun altro. Un cane a cui non si dà il nome desiderato, ma lo si chiede. La prospettiva di libertà mi accarezza l'anima e mi avvicina a quella donna in modo insolito. Mi chiede aiuto e senza esitare, fidandomi ciecamente, accetto di aiutarla. Mi sento travolgere da una vento insolito e per la prima volta mi arrendo al destino. Seguo incuriosito gli eventi ma il mio modo di vivere mi risucchia nell'ombra. Scelgo di non far parte della mischia anche se gli occhi di quella donna continuano a tenermi nella luce. Mi sento così strano. Abituato ad essere invisibile, mi ritrovo improvvisamente vivo e presente per qualcuno. È una sensazione strana. Deve essere così che si sente un cane randagio quando qualcuno lo degna di un osso o di un po' d'acqua. Deve sentirsi così un clochard a cui si porta nel freddo della notte una tazza di latte caldo o una coperta. Ecco, lo sguardo di quella donna mi fa sentire coperto e riscaldato. Sensazione mai provata prima. C'è un matrimonio da celebrare. Invitati importanti e gente ricca pronta al divertimento. Quel mondo non mi appartiene. Si vive dietro ad uno specchio che riflette ciò che gli altri vogliono vedere. Pochi provano a girare dietro lo specchio per vedere le miserie che si nascondono. La felicità che si respira non mi piace, ma mio malgrado non riesco ad allontanarmi da quel posto. E non è solo perché ho promesso alla donna di aiutarla. Quella sera si chiude con una strana malinconia addosso. Come sono strani gli uomini! Mentre vedono gioire, loro si incupiscono e viceversa. Non c'è mai sintonia di sentimenti ed è forse questo quello che chiamano odio, una repulsione per la felicità dell'altro. Un darsi addosso mentre chi ci sta davanti gioisce. Dinamiche che fanno paura e che appartengono solo agli uomini. Gli animali, infatti, vivono di istinto e non di sottili ragionamenti. Se litigano per un osso è per fame e non perché uno deve essere più potente dell'altro. Un cane marca il territorio per sentirsi a casa e non per escludere gli altri. Ebbene sì! Invidio gli animali per la loro libertà. Stolto è l'uomo che crede di addomesticarli, perché se un animale non vuole, nemmeno si lega. Bestia tra le bestie, mi sono guadagnato uno strano posto nel mondo. Ridere oggi è più che mai doveroso. Nuovamente senza lavoro e ovviamente per strada e senza tetto. Non mi fa paura questo ma il non avere una motivazione per svegliarmi domani. Perso nei miei folli pensieri, sento una macchina affiancarsi a me e dal finestrino una voce familiare. Mi chiede come sto, cosa sto facendo. Troppe domande per uno come me di poche parole. Il sole mi dà fastidio così come l'insistenza della donna. La sua curiosità mi irrita ma la determinazione con cui mi spinge in macchina mi spiazza. Non so perché, ma per l'ennesima volta torno a fidarmi di lei. Forse perché questa volta non ho scelta. Per strada e senza lavoro. Anche un randagio schizzinoso come me ci penserebbe due volte a rifiutare la proposta. Un altro matrimonio in vista. Ho capito che il suo lavoro è quello di organizzare matrimoni ma io in tutto questo ho davvero poco da fare. Come un ciclone, la donna mi fa indossare la divisa di un cameriere. Servire la gente. Perfetto! Abbiamo fatto progressi, Bedir! Sei passato dalle briciole alle sale con le tavole imbandite...ah ah...attenzione, però! Non ti è concesso toccare cibo ma servirlo. Che è anche peggio! Mi sento come in un vortice infernale. Non capisco dove è andata a finire la mia determinazione. Attirato con la scusa di fare il camionista, mi dà in pasto alle sue dipendenti per "istruirmi". Mio malgrado, mi piego alla sua volontà. Mi costerà un po' ma avrò un pezzo di pane e un letto. Mi perdo in un labirinto di camere. Corridoi e porte spesso chiuse, che nascondo chissà cosa. Le stanze sono un po' come gli uomini che le abitano. Nascondere o più ancora nascondersi è spesso la sola via d'uscita per essere liberi. Mi lascio addomesticare per sopravvivere a me stesso, ma la mia anima brucia al fuoco della ribellione, il solo intorno al quale ama danzare e per il quale si prostituirebbe al peggiore offerente. La necessità, però, mi impone di mettere le catene a quell'anima e di spiumare le sue ali. Non è né il momento di danzare, né quello di volare. La carne chiama e la sua fame fa stridere ogni parte di me. Continuo ad aprire e chiudere porte, come il cane alla ricerca del suo padrone. E se cercassi davvero un padrone? Rido al solo pensiero di me legato ad un guinzaglio. Eppure...la vita è davvero imprevedibile e dietro una di quelle porte trovo lei. Una giovane ragazza, sorpresa seminuda, mentre sta per indossare un abito. La sua pelle eburnea contrasta con i suoi capelli biondi. Gli occhi di un marrone profondo, ricordano le fiancate delle montagne terrose. Sono occhi grandi e battaglieri. Un incontro che si trasforma subito in uno scontro, date le due indoli selvagge. Nonostante l'imbarazzo iniziale, la ragazza non denota nessun senso di vergogna, anzi, fieramente coperta mi fronteggia mentre i miei occhi scivolano lungo le sue spalle completamente nude. Il desiderio di strofinarmi su quella pelle mi travolge e godo come un gatto sornione che ha riscoperto la sua virilità. C'è una straordinaria energia nei suoi gesti e più ancora nelle sue parole. Le sue labbra carnose invitano a ben altro piacere ma la porta sbattuta in faccia preclude ogni tentativo di approccio. Bedir, sento che ti stai mettendo nei guai. Il richiamo alla prudenza è d'obbligo, anche perché non conosco nessuno di loro. La mia zona d'ombra invasa da raggi di luce così determinati mi fa sentire insicuro. La mia carne freme nella consapevolezza di un possibile collare con tanto di guinzaglio. Pensiero che cerco di respingere il più possibile. I giorni trascorrono limpidi. Ma sono le notti che mi rendono vivo. Nel buio i contorni diventano meno netti e ogni cosa acquista una certa indipendenza dalle linee che la propria forma impone. Tutto diventa illimitato e gli occhi godono di quello stato sfuocato della vita. Nella notte il cielo è infinito perché non c'è il sole che ne stabilisce i cardini. La notte è il mio mondo e, se potessi, me la cucirei addosso come una seconda pelle. Il nuovo lavoro alla fine non è male. Per quanto vestito come un pinguino, sento non limitata la mia libertà, anzi, quella divisa mi uniforma e mi rende quasi trasparente al mondo. Uno come tanti. Cameriere e custode dell'agenzia, inizio a sentirne il senso di appartenenza, tanto da essere continuamente coinvolto dalla signora Servet. Non ultima la litigata con il pasticciere. Sorrido davanti alla stranezza della vita. Tutto è relativo. Ognuno dà importanza a ciò che vuole, ma quando si tratta di un figlio, beh...no! C'è poco da sorridere. E, ironia della sorte, tocca a me dirlo alla signora. Io che vivo all'ombra devo annunciare il venire alla luce di una creatura. Un ossimoro che mi fa rabbrividire se penso alla mia nascita. L'ombra ha ingoiato la luce immediatamente, costringendomi a vivere al buio, piuttosto che alla luce. Ho giocato con la luce soffusa della mia culla, ho divorato i colori per consegnarli al buio. Sono morto nel momento stesso in cui sono nato. Per loro ma non per me! Io Bedir, voglio vivere, fosse anche danzando solo con le ombre. Non ho ben capito la situazione della signora Servet, ma mi dispiace vederla in questo stato. La gioia della vita che porta in grembo sembra schiacciarla. Ma non è Servet il mio unico pensiero. Da giorni non riesco a liberarmi di lei e di quei suoi occhi enormi aperti nei miei. Il tempo di realizzare la sua immagine nella mente...eccola, litiga con un ragazzo. Suppongo sia il suo fidanzato. Ribelle anche con lui, indomabile e selvaggia come le onde del mare in tempesta. I miei occhi si posano nuovamente sui suoi fianchi scoperti. Ma la mia contemplazione viene bruscamente interrotta dall'arrogante strafottenza del suo ragazzo. Mi lancia le chiavi, ordinandomi di spostare la macchina al suo posto. Povero lui! Si vede che non sa con chi ha a che fare. Io non mi sottometto a nessuno, né tanto meno a uno come lui. La voce grossa e il tono minaccioso solleticano i miei nervi, ma alzare le mani è l'ultima cosa che vorrei. Non posso permettermi di finire davanti alla polizia. Ingoio mio malgrado le parole, pur non piegandomi a raccogliere le chiavi. La libertà in fondo è anche questo: non dare all'altro la possibilità di condizionare le tue azioni. Ma la mia zona d'ombra finisce nel momento in cui mi si mette in dubbio la mia dignità. A maggior ragione se a farlo è proprio colei, alla quale sto riservando parte dei miei pensieri. Il sopraggiungere del furgone con la merce mi richiama alla realtà. Sono un dipendente ma non uno schiavo. Rivendicare con forza la mia libertà è un tutt'uno con il liberarmi di quella divisa che mi avevano messo addosso. Mai come ora urlo al mondo la mia libertà. Nudo al sole, alla luce, rivendico il mio posto nel mondo. Nient'altro che la mia pelle desidero. Gli uomini cercano di fissarti in stereotipi che finiscono con l'ingabbiarti in strati sociali che succhiano l'esistenza, facendoti morire pian piano. No! Io non voglio questo per me! A chiunque rivendica su di me un diritto di proprietà, alla stessa donna per cui avrei potuto barattare parte della mia vita, grido che Bedir non si farà mai domare. Non mi lascerò mai possedere da nessuno né vorrò mai schiavizzare la mia anima alla logica del possesso. Sbatterle in faccia la divisa è il minimo che posso fare. Restituirle uno status che non mi appartiene...lo devo a me stesso. A petto nudo, volto le spalle alle convenzioni sociali e riprendo, nuovamente libero, la strada che ho intrapreso. Sono vivo ed è un miracolo! Sevda, è questo il suo nome, mi dà dell'animale. Non posso che essere orgoglioso di questa definizione. Una tana è preferibile alle mille trine di un letto di convenzioni. Le ombre accolgono il mio corpo e io, Bedir, torno a vivere.
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IO CHE VIVEVO NELL'OMBRA
FanfictionE' la storia di Bedir, l'uomo che seppe dare voce e spessore alla sua ombra, ribellandosi alle leggi di una società in cui la libertà è sinonimo solo di potere. Bedir, l'emblema della consapevolezza di essere uomo e come tale libero di scegliere la...