La colazione può aspettare

694 50 6
                                    

La luce del sole che entrava dalla portafinestra illuminava l'intera stanza. Poggiava i suoi raggi su ogni centimetro di quello spazio, dalla carta da parati a righe azzurre e grigie ai poster di rugby disseminati sulle pareti, fin sopra i libri ancora aperti sulla scrivania.

La luce avvolse il letto al centro della camera come in un abbraccio, in ricordo delle parole sussurrate la sera precedente, dei baci scambiati, delle carezze morbide.

La coperta era scivolata durante la notte sul pavimento e nonostante fosse nudo e coperto solo dal leggero lenzuolo bianco, Manuel non sentì freddo. Di converso, il sole che gli carezzava la pelle era tutto ciò che gli permetteva di stare al caldo o quasi tutto. La guancia ricoperta da un lieve strato di barba era appoggiata sul petto di Simone che con i suoi respiri regolari lo cullava in una fredda mattina di inizio marzo.

Manuel assaporò il profumo della pelle del minore che era liscia e calda. Con la mano accarezzò la leggera peluria sul petto e con gli occhi si soffermò sulle morbide labbra rosee di Simone. Questi dormiva ancora. La bocca lievemente aperta ogni tanto lasciava sfuggirsi un leggero respiro un po' più rauco.

Se je dico che russa come minimo me becco 'na cuscinata in faccia pensò Manuel sorridendo del fatto che in quel momento il ragazzo di cui si beava era la sua personale visione del paradiso.

Il maggiore si sollevò dalla posizione in cui si trovava e portò la mano sull'orlo del lenzuolo facendolo passare sulle loro teste, cercando di non svegliare il più piccolo. Si appoggiò su un gomito e si deliziò della visione serena che aveva di fronte agli occhi.

La luce del sole passava attenuata attraverso il lenzuolo rendendo la pelle di Simone ancora più chiara. Il tepore, invece, gli colorava di rosa le guance. Manuel allungò una mano per sfiorarne una. Sentì il calore sotto i polpastrelli e il respiro tiepido dell'altro infrangersi sulla propria pelle.

Simone aprì timidamente gli occhi lucidi, ancora carichi di sonno, mentre un lieve sorriso gli incurvava le labbra. Il maggiore aprì la mano e accolse la guancia dell'altro nel palmo, restituendogli il sorriso.

«Mmm buongiorno.» Disse il minore in un mugolio strizzando un occhio e arricciando il naso e la bocca.

Manuel si avvicinò a Simone e, a pochi centimetri di distanza dalle sue labbra, gli sussurrò «Buongiorno a te amore mio.» Si piegò delicatamente sul suo volto e gli lasciò un lieve bacio.

«Certo che c'hai 'na fiatella!» Simone rise e posò nuovamente le labbra su quelle del maggiore.

«Se te faccio così schifo perché me baci ancora?» Manuel, fingendosi offeso, senza nasconderlo troppo, rispose con un altro bacio.

«Perché ti amo. E poi scommetto che anche io non so messo tanto mejo.» E ridendo di nuovo, il più alto sfiorò con la lingua il labbro superiore dell'altro prima di baciarlo.

Simone avvicinò la mano sulla guancia di Manuel facendola, poi, scivolare sul collo. Alzò lievemente il capo, per poi spostare le gambe e intrecciarle a quelle del maggiore per farlo poggiare con la schiena sul materasso.

Il lenzuolo bianco si intrecciò tra i corpi dei due ragazzi e, tra un bacio e l'altro, cominciarono a ridere. Gli occhi lucidi, le gote rosse, le labbra calde.

Simone si allontanò quel poco che bastava per spostare il tessuto. Si appoggiò, poi, di nuovo col proprio bacino su Manuel, addome contro addome, col petto sollevato facendo peso sui gomiti per poter guardare il ragazzo sotto di lui negli occhi.

Il capo del maggiore era incastrato tra gli avambracci del minore, che con una mano gli accarezzava i morbidi riccioli e con le labbra gli sorrideva.

Manuel portò entrambe le mani sulla schiena dell'altro e, carezzandogli la pelle, percorse la linea della colonna vertebrale fino alle morbide natiche. Accogliendole nei palmi, cominciò a massaggiarle.

La colazione può aspettareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora