Capitolo 2

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"Se mi dovessero chiedere che cosa sia
per me la felicità,
credo proprio che parlerei di lei."


James

Appena entro sento tutti gli occhi su di me.
Le ragazze mi guardano adoranti, i ragazzi mi squadrano dalla testa ai piedi.
Solo una ragazza attira subito la mia attenzione, probabilmente per i suoi occhi di colori diversi o per la cicatrice che le solca quello destro, so solo che non riesco a smettere di guardarla, intrappolato nello sguardo sicuro di sé che mi rivolge.
<Mica male il ragazzo>, la sento sussurrare alla rossa di fianco a lei, senza smettere di guardarmi.
Ok, come non detto, è come tutte le altre, ma quel suo sguardo, quella sua sicurezza...
Il professore interrompe il nostro scambio di sguardi
<Signorina Wilson, siccome ha tanta voglia di chiacchierare, che ne dice di mettersi vicino al nuovo ragazzo? Lei invece, signorina Sheridan, vada vicino al signor Wilson>
Faccio come dice e vado a sedermi vicino alla ragazza, pronto a ricevere le sue avance.
Mi siedo e subito mi rivolge la parola, come avevo previsto.
<Piacere, io sono Winter> mi dice, porgendomi la mano.
La osservo infastidito, so già dove vuole andare a parare, perciò distolgo lo sguardo.
<Almeno potresti fare uno sforzo e salutare> la sento borbottare infastidita.
D'accordo, ammetto che questa risposta schietta non me l'aspettavo, ma distolgo subito l'attenzione dai miei pensieri e mi concentro sulla lezione di matematica.
Il professore fa un veloce appello, al mio nome la bro qua di fianco mi pare quasi compiaciuta, ma non capisco il perché.
Quando pronuncia il suo nome però, mi rendo conto di una cosa che ci accomuna: abbiamo entrambi tre nomi.

Astrid Winter Ivory, tanto particolare da farmi sogghignare, cosa che la mia presunta compagna di banco credo non apprezzi, data la sua risposta gentile ed educata: <Ma vai a cagare>.
M

olto femminile aggiungerei.
Adesso che ci penso questa Astrid non ha assolutamente nulla di femminile, sia nel modo di vestire, sia nella postura: indossa dei jorts in stile cargo, sicuramente non della sua taglia e una maglietta grigia oversize di Eminem.
Le scarpe sono delle semplici Jordan bianche e nere, con i calzini bianchi alla caviglia.
I capelli ricci di un nero ossidiana sono raccolti in uno chignon sbarazzino, sicuramente fatto al momento e senza troppa attenzione; gli occhiali da vista in bilico sulla punta del naso e neanche l'ombra di un po' di trucco.
La maggior parte delle sue compagne di classe è tutta vestita con gonne corte e canottiere attillate, i capelli perfetti raccolti in una coda alta molto tirata, truccata ed è tutta seduta nella stessa identica posizione con le gambe accavallate.
Lei, invece, è praticamente sdraiata sulla sedia, un gomito appoggiato allo schienale, l'altro braccio disteso appoggiato sul banco e le gambe allungate e distese.
Non ha decisamente nulla di femminile.

Dopo aver trascorso un'ora come bersaglio delle occhiatacce della mia compagna di banco, al suono della campanella, vengo sommerso da una nuvola di profumi, che uno si aspetta siano diversi e invece sono tutti dannatamente uguali.
Subito vengo assaltato da domande di ogni tipo, dalla mia vita sentimentale ai miei soldi, quindi comincio a ripetere il solito copione che utilizzo ormai dal trasloco a questa parte.
Ad un tratto sento dei gioielli tintinnare e mi rendo conto che una biondina dagli occhi verdi ha iniziato a toccarmi il braccio tatuato, con tanto di apprezzamenti.
<Sono Carolina, tu sei James giusto? Che bel nome>
Mi viene lo sbocco ma devo fare una buona prima impressione, perciò continuo a raccontare.
<Oh si, sono molto ricco, a casa ho 4 Lamborghini e stavo già pensando di andare a comprare un altro Rolex... >
È una bugia bella e buona, lo ammetto, ma una Lamborghini la possiedo e vorrei tanto comprare un Rolex, perciò preferisco definirla una mezza bugia.
Mi accorgo di aver catturato l'attenzione di una determinata persona solo quando le sento fare un commento che fa ridere anche la sua amica.
<Ma questo c'ha le manie di protagonismo più grandi di casa sua, va che non è mica normale>.
Ride di gusto e infine si dirige verso la porta dell'aula.
Non so esattamente cosa mi succeda dopo quell'attimo, so solo di essermi ritrovato in piedi, con il polso della mia compagna scorbutica e poco altro stretto nella morsa della mia mano, delicata ma decisa allo stesso tempo.
Lei si gira e mi guarda, sorpresa quanto me.
<Che c'è Astrid, non ti va di ascoltare le mie storie interessanti?>
Non so perché io abbia detto questa cosa e tanto meno perché io l'abbia fermata, ma non sono riuscito a trattenermi.
<No. E non chiamarmi mai più così.> La sua risposta non si fa attendere.
<Strano, di solito le altre pendono dalle mie labbra, Astrid> Le rispondo io, con l'intento di infastidirla.
<Evidentemente non sono come le altre. E ti ripeto, non chiamarmi così, hai capito?> Si sta arrabbiando e di certo non si fa problemi a darlo a vedere.
<Perché? Non ti piace?> La stuzzico, consapevole di star giocando con il fuoco.
<A parte che non sono cazzi tuoi, ma comunque non mi devi chiamare così, perché giuro che altrimenti ti spacco il setto nasale. E se te lo rifanno pure più bello, ti prego di venirmi a ringraziare.> La sua risposta aggressiva non ammette repliche, quindi decido semplicemente di osservarla mentre si libera dalla mia stretta con un'occhiataccia, prende lo zaino e se ne va.

Dopo essere riuscito a liberarmi da tutte le ragazze, finalmente, torno a casa.
Appena varco la porta, un paio di occhi grandi e azzurri sbucano dalla porta della cucina e una bambina alta quanto il mio ginocchio mi corre incontro urlando felice il mio nome.
La prendo in braccio e la faccio volteggiare, mentre lei ride e mi stringe in un abbraccio con tutte le sue forze.
Alicia, la mia sorellina.
<Ciao cucciola, come stai? Tutto bene a scuola?> Le chiedo appena la rimetto a terra.
Lei mi si attacca alla gamba, come al solito, per farsi trasportare fino al divano.
Appena mi siedo lei si mette in braccio a me e comincia a raccontare la sua giornata, mentre io la guardo sorridendo.
Se mi dovessero chiedere che cosa sia per me la felicità, credo proprio che parlerei di lei.

Angolo me: eii, dopo tanto tempo e poca ispirazione sono qui per annunciarvi l'uscita di questo secondo capitolo.
Grazie di essere arrivati fino a qua, se vi va mettete una stellina e commentate.
Grazie ancora ❤
(Se notate errori di qualsiasi tipo avvisatemi, grazie ancoraa)
P.s.: il nome della sorellina si pronuncia Alisia

Quella maledettissima doppiettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora