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"Però è salito su altre torri eh"

Le parole uscirono dalla bocca di Cesare come se stesse facendo una banale osservazione, nonostante il gesto della mano tradisse il suo intento malizioso.

Nicolas si trovò a doversi appellare ad ogni briciolo di autocontrollo per completare la frase che stava pronunciando senza dimostrarsi sorpreso dalla "battuta" del più grande.

Nessuno sembrò farci caso, abituati ai commenti a dir poco molesti del castano, nessuno tranne colui a cui la frase era riferita. E le immagini di quella sera, peculiare, atipica, scorrevano incessanti davanti agli occhi di Nicolas che, ormai sopraffatto dai ricordi, non poté far altro che costatare la slealtà del collega.

Al termine delle riprese il più piccolo si alzò di scatto dal divano, come se la superficie avesse cominciato a scottare improvvisamente, ma forse a bruciare era solo la vicinanza di Cesare, apparentemente impassibile, apparentemente tranquillo. E Nicolas lo odiava per quella sua posatezza, perché proprio non riusciva a capire come facesse a non arrossire alla sola menzione di un contatto intimo dopo quello che era successo. E ormai aveva rinunciato a togliersi dalla mente le immagini di loro due leggermente brilli, intrecciati sul letto di Cesare, stretti l'uno all'altro dopo aver fatto fatto sesso: senza fronzoli, senza romanticherie, solo sesso da ubriachi, da ragazzi soli in cerca di uno sfogo, in cerca di piacere.

Cesare osservò Nicolas alzarsi dal divano e scattare verso la macchinetta del caffè. Lo osservò lasciar fuoriuscire la frustrazione, trattenuta fino a quel momento, con uno sbuffo. Lo osservò e ricordò quella notte a cui aveva alluso con la sua battuta: i capelli di Nicolas stretti tra le sue mani, le cosce di Nicolas accarezzate dalle sue dita, la bocca di Nicolas che scendeva sul suo corpo, che gli dava piacere, Nicolas che si concedeva a lui, Nicolas. Cesare voleva rivivere quella notte, niente di più. Si era ormai convinto di non cercare amore, gli erano bastati 7 anni di relazione per capire di averne avuto abbastanza, o, forse, di non averne mai avuto affatto. Sicuramente si era reso conto di non essere in cerca di una relazione stabile, forse spaventato dall'idea della quotidianità, della routine, che ormai era divenuta protagonista della sua relazione passata.

Il castano proprio non ci riusciva ad avere il controllo completo sul suo corpo: a volte si muoveva in totale disaccordo con il suo cervello, portandolo a compiere azioni fuori luogo ed avventate. Così, rimanendo fedele al suo essere sostanzialmente un caso perso, Cesare si alzò e seguì il percorso di Nic, giungendo alle sue spalle per cingerlo in un abbraccio. Niente di atipico per loro due, niente di diverso dalle interazioni che erano soliti scambiarsi. Eppure il più piccolo avvampò a quel gesto e lui ne era perfettamente consapevole. Sapeva dell'effetto che aveva sul ragazzo e si divertiva a torturarlo: non potendo avere il pasto completo, si sarebbe accontentato di qualche assaggio.

Nicolas trattenne il fiato e maledì mentalmente Cesare, che davvero quel giorno sembrava impossibile da placare. Il più grande lo strinse a se, poggiando il mento sulla sua spalla, non prima di avergli lasciato un tenero bacio all'altezza del collo. Ma Nicolas lo sapeva benissimo che nelle attenzioni che gli stava riservando non c'era un bel niente di tenero: Cesare aveva voglia di sfogarsi, e non gli avrebbe dato tregua. Si sentiva piccolo e indifeso tra le braccia muscolose dell'altro, come se fosse una preda tra le grinfie di una belva affamata, eppure non gli dispiaceva rifugiarsi in quella stretta calda e familiare, che era ormai uno scudo da una realtà che lo spaventava tanto. Nicolas si perdeva tra le braccia di Cesare perché non poteva farlo tra quelle dell'oggetto del suo desiderio, la persona che di notte tormentava i suoi sogni o gli impediva di chiudere occhio, senza lasciargli un secondo di pace. Alzò lo sguardo e incrociò proprio i pozzi di pece che erano gli occhi di Dario, gli occhi da poeta maledetto che lo avevano affascinato fin dal giorno in cui si erano conosciuti, giovani e ingenui, senza certezze ma con tante speranze. Nicolas, col passare degli anni, si era accorto di avere sempre meno certezze e sempre più insicurezze e le attenzione che Cesare scaricava su di lui colmavano quel vuoto che si espandeva dentro il suo corpo, vuoto causato dai sentimenti che provava, che crescevano a dismisura ogni volta che ascoltava la voce calda di Dario, ogni volta che il più grande gli sfiorava appena la schiena o gli cingeva la vita, uscendo dalla sua comfort zone fatta di "non vi azzardate a sfiorarmi" e "non mi piace il contatto fisico".

Intrecci - Celson/NicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora