Capitolo 1 - Mondo di maschere

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Canzone consigliata - Summertime Sadness / Lana Del Rey

- D... dove sono? Che posto è mai questo? Perché non vedo niente...è tutto buio e... silenzioso...

Il battito del suo cuore rimbombava nel vuoto più totale. Era tutto nero, solo e solamente nero, ammenoché non esistesse un colore più scuro.
- Vi prego, qualcuno mi aiuti!... ho paura...
Si rannicchiò su se stessa, poggiando la fronte sulle sue gambe iniziando a dondolare... le faceva paura il buio, proprio come ai bambini. Il buio è ignoto, il buio è tutto ciò che non puoi scorgere, che non puoi vedere... e quando non vedi, non senti, in quel momento hai la sensazione di essere volubile, insicuro, fragile, perché tutte le tue certezze, tutte ciò che davi per certo svanisce in un sussurro del vento. E così iniziò a tremare, proprio come un neonato in fasce, e il suo respiro la stava facendo impazzire... era l' unico suono presente, rimbombava nel vuoto cento, mille volte ed echeggiava nei suoi timpani, ricordandole che era ancora viva.

Non sapeva cosa ci faceva lì.
Non sapeva niente in realtà; non sapeva come si chiamava, da dove veniva, come era arrivata in quel posto così macabro, così silenzioso che se anche un capello si fosse adagiato in terra avrebbe fatto rumore, avrebbe sciolto la calma. Questo silenzio così asfissiante che sembrava soffocarla, farla annegare nel nero dell' oscurità le stava facendo pensare, pensare così tanto che avrebbe potuto spegnersi per le batterie scariche. E' per questo che alle persone non piace il silenzio. Nel silenzio si pensa, si pensa sul passato, sul presente e, ancora peggio, sul futuro; riempiamo le nostre giornate di fretta, di risate, di corse in modo da non poterci fermare un attimo a riflettere su noi stessi, su quanto in realtà siamo dei puntini insignificanti.
Iniziò a singhiozzare in silenzio, nonostante potesse urlare al vento la sua paura. C' era abituata; non sapeva come e perché ma sapeva di essere abituata ad usare il silenziatore, a piangere solo davanti a se stessa.Ormai sapeva solo due cose. Primo, si ritrovava in luogo che la stava facendo impazzire e, secondo, doveva uscirne.

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Odiava la domenica. Niente succedeva di domenica, era un giorno noioso, senza stimoli.
Non aveva mai sentito di nessuna guerra scoppiata di domenica, di nessuna bomba sganciata di domenica, di nessun re morto di domenica.
Non faceva altro che rileggere e rileggere lo stesso libro ogni fine settimana, si ostentava nel volerlo finire ogni volta, come una routine settimanale.
Corde sospese. *
Il profumo della carta gli inebriava l' olfatto, sentiva le parole, le sensazioni in quel profumo, entrare nelle cavità nasali ed arrivargli dritte in petto.
Ecco perchè amava quel libro, lo faceva sentire speciale, meno solo.
Quando finiva il libro si avvicinava al suo piano, che suonava dall' età di otto anni, e premendo quei tasti bianchi e neri dava vita ai suoi pezzi preferiti. Lui non suonava con le mani, suonava col cuore. I suoi sentimenti si espandevano in filamenti nelle sue membra, fino alle dita che prendevano a muoversi su quella tavola in bianco e nero.

- Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue. **

- Ottimo, Kyle, ottima interpretazione.
Disse il professor Smith.
Il professore di letteratura era giovane, sulla trentina, si passava spesso la mano tra i capelli brizzolati di bianco. Si impegnava così tanto nel suo lavoro, che prima di un mese fa non si era nemmeno accorto che la sua dolce metà passava i pomeriggi in compagnia di un altro uomo. Gli piaceva che i suoi alunni si interessassero alla lezione, cercava di renderla interessante per poi la sera tornare a casa tra vecchie scartoffie e pacchi di compiti, infilando nel microonde l' ennesimo piatto precotto.
- Mi è piaciuto davvero molto come hai fatto tua questa poesia. - diceva a Kyle ogni volta, mettendo uno più sul registro e Kyle ogni volta pensava sempre la stessa cosa: "non le faccio mie, le recito."
Pensava che l' intera vita fosse solo una recita, una recita fatta di maschere che ognuno di noi porta sul proprio volto.
Un mondo di maschere.
È per questo che non aveva amici, perchè non ne esistevano. Era schietto, impassibile, e diceva sempre la verità. E questo alle persone non piace. È inutile nascondere noi stessi, tanto prima o poi verremo a galla. Che sia ora, domani o dopodomani ancora, le maschere non durano. Le maschere sono di ceramica fragile, sottoposta a sforzi e dolori. All' inizio vedi solo le crepe, sottili, appena percettibili sotto la punta delle dita. Poi crolla, crolla e non c'è modo di sistemarla più. Magari se ne può creare una nuova, è vero, ma mai scordarsi di coloro che ti hanno visto fragile e impotente, senza la tua maschera.
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- Kyle, sei un fenomeno ed hai solo otto anni!
La signorina Fletcher prese il piccolo in braccio, facendogli fare una giravolta. Piano lo ripoggiò a terra, come un vaso fragile, e lo rimise sul suo sgabello
- Ora possi giocare fuori?
Chiese il piccolo saltellando impaziente. Si era scocciato di stare seduto, di muovere le dita sui tasti, preferiva rotolare nell' erba.
La signorina Fletcher roteò gli occhi sospirando, poi fece cenno al piccolo di uscire, ma gli disse di tornare prima di cena, come faceva sempre.
Kyle corse fuori entusiasta, prendendo la sua bicicletta e iniziando a pedalare per il viale. Pedalava sempre più forte, sentiva il vento scompigliargli i capelli, sfiorargli le guance rendendole fredde al tatto.
Passando per la Grande Casa, sentì più urla del solito. Cos' è la Grande Casa? Era una villa enorme, la più grande che i ragazzi del quartiere avessero mai visto. Ma non bisognava mai entrare, bastava sentire i tonfi, le urla, i rumori dei vetri che cadevano in frantumi, delle sedie buttate all' aria. Almeno due volte al giorno, i vicini sentivano quei rumori, ma non sembravano farci caso... o almeno, non volevano. Tutti gli uomini sono egoisti, indifferenti a questo mondo, e lo sono sempre stati.
- Chissà cosa succede in quella casa...

SPAZIO AUTORE
SAAAAAAAAAAALVE.
Allora, so che non ci capite na mazza, ma è proprio quella la mia intenzione.
Col tempo capirete

Byebye ~
* Il titolo del libro che legge Kyle, puramente inventato
** poesia di Eugenio Montale intitolata "Ho sceso dandoti il braccio"

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