Prologo

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Adeline agguantò un quaderno a righe tra pile di libri e fascicoli e ne strappò una pagina con delicatezza, quasi come se volesse accarezzarla. Alienata e con mille pensieri ed emozioni diverse che le ronzavano nella testa, si sedette alla scrivania, facendosi spazio tra le mille scartoffie, ed impugnò la sua amata penna stilografica.

Sospirò nel vedere il caos che regnava sovrano su quel piano: libri scolastici lasciati aperti, fogli e fogliettini gettati alla rinfusa, una tazza di caffè mezza piena che era lì da chissà quanto, il suo portatile lasciato acceso dalla notte scorsa, pastelli, penne e matite in giro.

Non era da lei. Era sempre stata una ragazza precisa ed ordinata, la sua camera non si era mai trovata in una situazione simile. Vedere la sua amata stanzetta, il suo rassicurante riparo dai pericoli del mondo in quello stato apocalittico le faceva provare emozioni in conflitto tra di loro: una parte di lei le diceva che forse avrebbe dovuto preoccuparsi, l'altra, ormai in balia degli eventi delle ultime settimane, sembrava non essere colpita affatto. Forse il disastro che le pervadeva l'anima superava di gran lunga quello esterno.

Strinse con forza la penna tra le dita e l'avvicinò al foglio nel tentativo di scribacchiare qualcosa, ma nemmeno una goccia d'inchiostro bagnò la carta.

All'improvviso le mancava ogni parola.

Fissò la pagina vuota con occhi altrettanto vacui. Era da tempo che aspettava questo momento, e ora che finalmente aveva trovato la forza di farlo, niente sembrava uscire dal suo cervello.

Si alzò goffamente e si trascinò verso la finestra, evitando accuratamente libri, cumuli di vestiti e scarpe sparse in giro.
Era notte fonda. Una luna piena splendeva alta nel cielo e si riusciva ad intravedere Venere, il pianeta luminoso, e una manciata di stelle brillanti.
Adeline aprì la finestra. Una fresca brezza estiva fece ingresso nella stanza, accarezzando lievemente il suo viso. Restò lì affacciata per qualche minuto, lasciandosi trasportare dai suoi stessi pensieri lontano da quella piccola stanza, ora simile alla prigione della sua mente più che ad un rifugio come un tempo.
I ricordi dolorosi ed allo stesso tempo felici di quel che aveva passato si fecero strada nella sua testa. Tutte le risate, tutti le lacrime e tutti i sorrisi amari si trasformarono in parole, e le parole in frasi.

Adeline si affrettò a raggiungere la scrivania, ormai colma di idee, con l'obiettivo di riversarle sul misero pezzo di carta che l'attendeva sotto la luce della lampada.
Impugnò la penna e per un momento si fermò, come per riordinare i pensieri con un flebile sospiro e per riflettere sugli effetti che quello che stava facendo avrebbe procurato.

Lasciò che la penna danzasse da sola sul foglio, senza controllarla: era il cuore a dettarne il movimento.

"Caro Lele..."

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